Ad illustrarlo alla comunità accademica catanese è stato il presidente del Consiglio universitario nazionale Paolo Pedone in un incontro nell’aula magna del Palazzo centrale
«Il nostro Paese deve fare una riflessione seria sul fabbisogno dei laureati e capire che abbiamo un maggiore bisogno di chi consegue il titolo triennale per il nostro mondo lavorativo. E, inoltre, dobbiamo cominciare ad inserire i dottori di ricerca nel sistema produttivo del paese. Solo così potremo avere un ritorno importante per il Paese grazie alla riforma della classi di laurea e ai finanziamenti del Pnrr».
Il presidente del Consiglio Universitario Nazionale, il prof. Paolo Pedone, ha concluso così ieri, nell'aula magna del Palazzo Centrale dell'Università di Catania, il suo intervento tra gli applausi dei docenti, ricercatori, personale tecnico-amministrativo e studenti della comunità accademica catanese.
Nel corso della sua relazione - dal titolo Il Cun e la recente evoluzione normativa del sistema universitario nazionale – il professore ordinario di Biochimica all’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, alla guida del Cun dal maggio dello scorso anno, dopo i saluti del rettore Francesco Priolo, ha immediatamente posto l’attenzione «sulle nuove classi di laurea che permetteranno agli atenei di avere maggiore libertà nella progettazione dei corsi di laurea rispondendo nel modo migliore alle richieste di innovazione e di aggiornamento che vengono fortemente dalle comunità accademiche e anche dal territorio».
Fra gli argomenti attualmente al vaglio del Cun vi è infatti la riforma delle classi di laurea e di laurea magistrale, con la creazione di percorsi interdisciplinari e maggiormente professionalizzanti, anche per intercettare nuovi saperi che le attuali classi non erano più in grado di cogliere e che, invece, dovranno successivamente essere recepiti dall’offerta formativa dagli atenei entro il 2025-26, sulla base dei recenti decreti ministeriali del dicembre 2023 e delle tante sfide poste dal Pnrr.
Il presidente del Consiglio universitario nazionale Paolo Pedone
Le nuove classi di laurea
«Abbiamo riscritto le nuove classi di laurea mettendo più enfasi sugli obiettivi che devono essere raggiunti da tutti i corsi di laurea della classe – ha spiegato il presidente del Cun -. Abbiamo declinato meglio i contenuti indispensabili che ci aspettiamo dai corsi di laurea e a beneficio di chi li progetta, ma soprattutto per gli studenti. Abbiamo chiarito per ciascuna classe di laurea quali sono le conoscenze richieste dagli studenti per iscriversi e quali sono gli sbocchi occupazionali», ha aggiunto.
«Le classi di laurea avranno un formato più simile tra loro, ma sempre improntati sul sistema del “3+2”, ovvero la laurea triennale e magistrale, una formula che in Italia non è stata mai capita e valorizzata – ha aggiunto -. All’inizio il biennio era simile al triennio anche perché quando abbiamo avviato questo percorso conoscevamo solo le classi della triennale e non quelle biennali. Credo che oggi non sia più così perché abbiamo lauree magistrali molto specializzate e conformi a quello che troviamo nel resto del mondo, ma è vero che il famoso fabbisogno di laureati o coloro che studiano almeno tre anni dopo il diploma si raggiunge in tutti i percorsi del mondo con le lauree triennali e non con le magistrali».
«Il problema di questo Paese è che non esiste un mercato del lavoro per i laureati triennali. Le aziende non hanno compreso bene la loro formazione e non li hanno testati così come dovevano. Lo stesso discorso va fatto per la pubblica amministrazione – ha precisato -. Per cui il sistema "3+2" non ha consentito al nostro Paese di aumentare di fatto il fabbisogno dei laureati in Italia. Rivedere le classi di laurea significa in questo Paese capire cosa rappresentano i laureati triennali e il loro ruolo perché se non gli creiamo delle posizioni adatte a loro e se non aumentiamo il fabbisogno per la pubblica amministrazione e dobbiamo ragionare che i posti dei vecchi laureati li dobbiamo aprire ai laureati triennali».
Il presidente del Cun Paolo Pedone mentre illustra la riforma
Il sistema italiano, il Pnrr e il gap con l’Europa
«Penso che la grande sfida sia proprio questa, far capire al mondo imprenditoriale che deve guardare il laureato triennale come forza importante per il mercato del lavoro così come un tempo si guardava al diplomato specializzato soprattutto in Italia che professa di essere uno degli otto paesi più industrializzati del mondo», ha spiegato il presidente del Cun.
«È un momento di riflessione importante per questo Paese che non ha mai fatto, guardare ai laureati triennali e al loro collocamento perché oggi non esiste un mercato del lavoro ben definito – ha aggiunto il docente Paolo Pedone -. Abbiamo meno laureati in Europa perché negli altri Paesi hanno più laureati equivalenti ai nostri triennali. Non hanno quindi più laureati rispetto ai nostri dei corsi di laurea magistrali. Dobbiamo far capire l’importanza della laurea triennale nel mercato del lavoro nelle sue varie declinazioni dei cdl triennali e professionalizzanti».
«Il sistema universitario sta aprendo nuovi corsi di laurea a prescindere dal Pnrr che comunque rappresenta un’opportunità importante per il Paese e ha posto all’Italia alcune domande sul futuro dei laureati e su alcuni asset su cui investire – ha detto -. È una chance importante, ma rappresenta anche una preoccupazione in quanto il sistema universitario è stato investito di finanziamenti importanti per produrre innovazione entro il 2026 che si aggiungono ai fondi ordinari degli atenei. E ancora oggi non siamo i grado di capire se l’intero sistema universitario riuscirà a reggere e a investire pienamente questi finanziamenti aggiuntivi».
Un momento dell'intervento del presidente del Cun nell'aula magna del Palazzo centrale
I dottorati di ricerca, la “migrazione” degli studenti e l’abilitazione scientifica
«Il problema dell’investimento del Pnrr nei dottorati di ricerca potrebbe avere un effetto doping – ha precisato il presidente del Cun -. Il primo problema è che dobbiamo far comprendere in tempi stretti che il dottore di ricerca non è un dipendente dell’università, ma un soggetto capace di fare ricerca in un Paese avanzato fermo restando che la ricerca si deve svolgere principalmente nel tessuto produttivo italiano e nell’università. Ad oggi il dottorato di ricerca viene visto come uno step per accedere nel sistema universitario e non è così. Occorre inserirli maggiormente nelle aziende anche perché questi numeri non possono essere assorbiti dal sistema universitario. Per essere chiari non tutti i Phd americani lavorano nell’accademia».
«C’è anche un problema di sostenibilità del mondo universitario in quanto noi abbiamo un sistema di finanziamento molto sensibile allo spostamento degli studenti e alla loro contribuzione – ha precisato -. Gli spostamenti veloci e legittimi dello studente possono mettere a rischio il sistema universitario perché oggi il finanziamento agli atenei si basa sul costo standard dello studente e sulle tasse studentesche. C’è una fantastica “no tax area” molto importante, ma non è finanziata sufficientemente. Secondo noi c’è bisogno di un ragionamento sul fondo di finanziamento ordinario degli atenei necessario per garantire un sistema più coeso e integro».
E sull’abilitazione scientifica il presidente del Cun ha precisato che si tratta del «tema del futuro del sistema universitario con un ruolo per il Paese visti i risultati importanti ottenuti nel campo della produzione della ricerca». «Adesso il sistema soffre di meccanismi di adattamento col rischio di premiare più la quantità della ricerca e non la qualità e questo potrebbe diventare un problema – ha aggiunto -. Dobbiamo rivalorizzare l’abilitazione con un filtro nazionale e con un meccanismo serio, ma non complesso, che possa garantire la comunità nazionale sulla capacità del singolo docente quale ruolo può svolgere nel mondo accademico».
Un momento dell'incontro aperto con i saluti del rettore Francesco Priolo
Unict e il Consiglio Universitario Nazionale
In apertura dei lavori il rettore Francesco Priolo è intervenuto sottolineando come «l’Italia e il sistema universitario stia attraversando un momento importante soprattutto alla luce del Pnrr e delle sue risorse messe in campo anche per il mondo accademico». «Le modifiche al sistema universitario sono indispensabili e molto importanti perché non incidono soltanto sui corsi di laurea, ma sulla formazione nella sua complessità dei nostri laureati in un Paese che ha grazie al Pnrr l’opportunità di ridurre un gap importante tra aree del nostro territorio nazionale e anche con l’Europa».
Nel corso dell’incontro è stato posto anche l’accento sul ruolo del Consiglio Universitario Nazionale - composto da cinquantotto consiglieri, in rappresentanza delle quattordici aree disciplinari della docenza, del personale tecnico-amministrativo delle Università e delle altre componenti del sistema universitario -, un organo consultivo e propositivo del Ministro dell'Università e della Ricerca.
Tra i suoi compiti ci sono quelli di esprimere pareri, formulare proposte, adottare mozioni e raccomandazioni, e infine svolgere attività di studio e analisi su ogni materia di interesse per il sistema universitario.
L'intervento del rettore Francesco Priolo, al suo fianco il presidente del Cun