I media e la voce delle libertà

Andrea Nicastro, inviato speciale del Corriere della Sera, è intervenuto a Unict per il terzo appuntamento con le masterclass di giornalismo di Taobuk

Chiara Racalbuto (video di Giorgio Raito)

La guerra in Ucraina è una guerra vecchia e nuova insieme. Vecchia, perché porta con sé tutto il male di tutte le guerre di sempre: devastazione, morte, violenza, paura. Nuova, perché nuovi sono i mezzi attraverso cui la osserviamo: social network, citizen journalism, blogger, influencer, tutti pronti a presentarci la loro verità.

Ma quale verità? Esiste una verità libera, oggettiva, che non abita nel pensiero ma vive di vita propria, basata su fatti verificabili e dimostrabili? È realmente possibile riportare la verità sostanziale degli eventi senza applicare il naturale filtro delle opinioni, dei sentimenti e dei pensieri di cui è composto l’essere umano o, peggio, senza violarla con l’inganno della propaganda? Cosa succede davvero in quel territorio lontano bagnato dal Mar Nero, un gigantesco cratere di dolore che da più di un anno brucia in Europa orientale?

Su questo tema è intervenuto il giornalista Andrea Nicastro, inviato speciale del Corriere della Sera in Kosovo, Cecenia, Afghanistan, Iran e Ucraina, nel corso dell’incontro I media e la voce delle libertà, che si è svolto il 22 maggio nell’aula “21 marzo” di Palazzo Pedagaggi, sede del Dipartimento di Scienze politiche, terza masterclass nata dalla collaborazione fra Taobuk See Sicily e l’Università di Catania.

Introdotto dalle docenti Daniela Irrera (Scienza Politica) e Stefania Mazzone (Storia delle dottrine politiche), Nicastro, che ha raccontato la sua recente esperienza a Mariupol nel libro “L’assedio” (Solferino, 2022), ha spiazzato subito il pubblico con una domanda: «Voi state credendo a quello che sentite della guerra in Ucraina?».

Daniela Irrera, Andrea Nicastro e Stefania Mazzone

Daniela Irrera, Andrea Nicastro e Stefania Mazzone

La risposta negativa conferma che «la prima vittima della guerra è la verità: i giornalisti dovrebbero essere o vittime della battaglia per il racconto della verità, oppure carnefici, complici del potere che vuole imporre informazioni errate».

Il controllo delle informazioni, la manipolazione delle masse non sono nulla di nuovo: «la propaganda e l’inganno ci sono sempre stati – spiega Nicastro - sono gli strumenti ad essere nuovi, finalizzati a creare una visione della guerra indirizzata alle esigenze delle parti in conflitto».

Nessuno sa davvero cosa è reale e cosa no: «se due persone assistono allo stesso evento lo descriveranno in modo diverso. Quello che però può fare l’informazione è applicare una serie di tecniche di verifica e mantenere un atteggiamento neutrale nei confronti della notizia».

Il giornalista ha delineato quattro modalità diverse di mistificazione della realtà che sono emerse dalla guerra in Ucraina: in Russia, si assiste a un metodo di condizionamento dell’informazione interno ed esterno; in Ucraina, si verifica una propaganda semplice (interna ed esterna); l’Occidente, pur disponendo di tante informazioni, crea una narrativa a senso unico.

«In Russia la propaganda è sia interna che esterna», spiega Nicastro. «La loro costituzione prevede il divieto della censura, ma con l’avvio della guerra è stato istituito un comitato che stabilisce che se le notizie che appaiono sui media russi sono false, si rischiano quindici anni galera. Chiamare l’operazione speciale in Ucraina “guerra” rientra tra le notizie false: dunque i giornalisti si autocensurano, uniformandosi volontariamente e agli interessi del potere». 

Nei confronti dell’estero, Mosca cerca di costruire una nebbia di guerra: «nessuno ha ragione e nessuno ha torto, in guerra tutti mentono, si semina il dubbio per togliere valore alla notizia».

 Gli americani chiamano questo sistema russo di condizionamento delle menti occidentali hybrid warfare, “guerra ibrida”, che si avvale anche di strumenti come fake news, intelligenza artificiale, deep fake, e di nuovi, inaspettati complici, ovvero tutti noi. 

Andrea Nicastro

Un momento dell'intervento dell'inviato speciale del Corriere della Sera, Andrea Nicastro

«Noi postiamo traffico online senza leggere e ragionare su quel che davvero è» prosegue Nicastro. «Ci limitiamo a vedere le notizie fermandoci a pochi spezzoni di video o al titolo, e così facendo aiutiamo la diffusione della hybrid warfare». 

Vero e falso si fondono e confondono, la realtà scompare: «interi dipartimenti di Stati ricchi e tecnologicamente avanzati lavorano su account falsi e immagini manipolate, riproducendo spezzoni di video contraffatti con marchi di emittenti televisive famose come Al Jazeera o la BBC». 

Video che circolano sui nostri smartphone, sui nostri computer, che assimiliamo e condividiamo con sdegno o commozione ma senza verificare, senza guardare davvero.

In Ucraina, la propaganda assume i contorni manichei del patriottismo: «gli ucraini sono eroici, coraggiosi, integerrimi; i russi sono disorganizzati, incompetenti, crudeli, orchi. Una disumanizzazione del nemico che rende più facile l’aggressione e l’odio».

Un momento dell'incontro

Un momento dell'incontro

Il giornalista cita alcuni esempi di distorsione di eventi di cui si nutre la resistenza ucraina: dall’Isola dei serpenti, con la supposta morte eroica dei militari ucraini che, in realtà, sono stati catturati e poi liberati, al “fantasma di Kiev”, un pilota ucraino che avrebbe abbattuto da solo sei caccia russi, fino al presunto fallimento russo della ritirata da Kherson, di fatto una riuscita operazione militare che non ha portato a nessuna perdita tra le fila dell’esercito di Putin. 

E in Occidente, baluardo della democrazia e della libertà di espressione e di informazione?

Da noi non c’è censura, non c’è controllo ma vige lo psychological warfare, ovvero «dare informazioni vere o false in modo da condizionare il sentimento dell’opinione pubblica e le scelte dei governi. Un esercito, per vincere la guerra, oltre alle efficaci operazioni sul campo deve anche pensare all’opinione pubblica interna e all’orientamento del proprio potere politico». 

Ma che differenza c’è tra noi e gli ucraini? Che cosa serve a noi per creare una visione della guerra a senso unico? «Serve non nascondere, non minacciare, ma dare un inquadramento alle notizie, enfatizzare qualcosa invece che sminuirla» spiega Nicastro. 

«Anche per noi i russi sono crudeli: noi diciamo che bombardano i civili, che sparano sulla folla, in parte è vero ma non sempre. Io sono stato a Mariupol durante l’assedio, sono state abbattute case con dentro civili ma non così frequentemente e non dappertutto. Abbiamo parlato di russi che bombardavano scuole, ma le scuole erano chiuse e dentro non c’erano bambini ma militari e munizioni».

Andrea Nicastro

Un momento dell'intervento dell'inviato speciale del Corriere della Sera, Andrea Nicastro

Esiste un pregiudizio dei media occidentali favorevoli all’Ucraina che ci fa dimenticare la complessità dell’informazione: «scatta il riflesso naturale che ci fa parteggiare per l’aggredito e per chi è più vicino ai nostri interessi nazionali. Inoltre, la maggior parte delle notizie le riceviamo da giornalisti che stanno in Ucraina, che hanno paura di morire come gli ucraini, che con loro condividono mancanza di cibo di riscaldamento ed è normale che ce l’abbiano coi russi, anche se non dovrebbe essere così”.

La realtà è di per sé complessa, quella di un paese in guerra ancora di più; tra il bianco e il nero c’è un mondo di sfumature che chi si occupa di informazione dovrebbe cogliere e restituire ai cittadini, per dare loro la possibilità di capire da soli la realtà: «Il compito dei giornalisti di un paese libero, dove l’informazione serve a creare una coscienza politica, è di separare gli interessi della nazione dal dovere di informare con correttezza. Il problema è che non sempre ci riescono».