Un vino ‘salutista’ per gli amanti della bevanda degli antichi greci e romani

La tecnica innovativa della ricercatrice Lucia Parafati prevede l'utilizzo di enzimi secondari al posto dei solfiti

Alfio Russo

Un vino senza solfiti e quindi più ‘salutare’ per i consumatori. Potrebbe arrivare presto sulle tavole degli amanti della pregiata bevanda già conosciuta ai tempi degli antichi greci e romani.

Lucia Parafati, ricercatrice del Dipartimento di Agricoltura Alimentazione e Ambiente dell’Università di Catania, nell’ambito della sua attività di ricerca, sta mettendo a punto tecniche innovative attraverso sistemi enzimatici nei mosti con l’obiettivo di ottimizzare il processo produttivo dei vini senza solfiti. 

Una ricerca – dal titolo “Impiego di enzimi immobilizzati ottenuti da microrganismi selezionati, in sostituzione dell’anidride solforosa, per la gestione delle fermentazioni spontanee” – che coinvolge il dipartimento dell’ateneo catanese, l’azienda Cantine Nicosia e l’Instituto de Catálisis y Petroquímica del CSIC di Madrid.

Il progetto – di cui è responsabile la prof.ssa Rosa Palmeri, associato di Scienze e tecnologie alimentari dell’Università di Catania – pone, infatti, particolare attenzione allo sviluppo di innovazione e di interscambio tra il mondo della ricerca e quello produttivo.

All’interno del programma di ricerca si punta alla creazione di un importante valore aggiunto tramite la valorizzazione del capitale umano in termini di ricadute scientifiche, sociali e economiche. 

«L’attività di ricerca sarà svolta in tre anni e mira a colmare le criticità ancora oggi presenti nel settore enologico – spiegano Lucia Parafati e Rosa Palmeri -. Tali aspetti sono legati all’impiego di additivi di sintesi, durante il processo produttivo, che permettono di migliorare la qualità dei vini, ma la cui presenza è vista con aspetto critico da parte del consumatore. I risultati della ricerca avranno delle importanti ricadute sociali ed economiche in termini di innovazione del processo produttivo, al fine di rendere più competitivo il sistema imprenditoriale enologico».

La ricerca

«L’anidride solforosa (SO2) è un agente chimico indispensabile nel processo di vinificazione, in quanto esplica azione antisettica e antiossidante – spiega la ricercatrice Lucia Parafati -. In soggetti sensibili l’anidride solforosa, e i suoi derivati, possono provocare tossicità sia acuta, sia cronica, perché legandosi alle proteine nell'organismo, ne alterano il metabolismo. L’ottimizzazione del processo produttivo dei vini tramite il trattamento con enzimi o metaboliti secondari, derivanti dall’impiego di un ceppo di lievito selezionato, in sostituzione della lavorazione con anidride solforosa, permetterebbe di ottenere vini con una shelf-life (durata di conservazione) paragonabile ai vini ottenuti con trattamenti tradizionali e, soprattutto, con un elevato valore salutistico».

Il progetto si articola in quattro work-package che prevedono l’isolamento, la selezione e la caratterizzazione di ceppi di lievito‘alto’ produttori di attività enzimatiche desiderate e, inoltre, la purificazione e caratterizzazione delle stesse selezionate per l’impiego nel 'sistema' mosto e vino. Le altre due attività riguardano la messa a punto delle tecniche di immobilizzazione enzimatica per avere un sistema stabile per il trattamento dei mosti e dei vini e, inoltre, dei modelli predittivi di shelf life del vino, basati sulle caratteristiche dei mosti, per l’impiego di enzimi immobilizzati.

La ricerca è stata premiata, con il conferimento della borsa di studio in memoria di Andrea Franchetti, nell’ambito della manifestazione “Le Contrade dell’Etna 2023” che si è svolta nei giorni scorsi a Castiglione di Sicilia.

Lucia Parafati

La ricercatrice Lucia Parafati