Abel Ferrara e Willem Defoe si raccontano al Taormina Film Fest

Le due grandi figure del cinema internazionale protagoniste della Masterclass del festival cinematografico

Giusy Andolina

Un dialogo all’unisono sulla necessità di andare oltre il passato, nel cinema e nella vita, superando le esperienze pregresse. Temi cari al grande regista Abel Ferrara protagonista, insieme con l’attore Willem Defoe, di una masterclass al festival cinematografico internazionale Taormina Film Fest condotta da Geoff Gilmore - direttore del Tribeca Film Festival – con il giornalista Mike Fleming jr.

«Come hai giocato ieri non vuol dire niente!» dice scherzando Abel Ferrara in apertura della masterclass rivolgendosi a Willem Defoe, il suo attore preferito con cui condivide la stessa filosofia di vita. 

«Ci eravamo conosciuti a New York – ha ricordato Dafoe - ma quando siamo arrivati qui in Italia la nostra amicizia si è consolidata, e avendo entrambi lavorato in tutti i tipi di film ci siamo riconosciuti in questa comune idea sulla vita e su come fare cinema. Lui però rimane il regista, l’autore, io la persona a cui lui dice cosa vuole vedere e che deve provare a farglielo vedere».

«La relazione tra le persone è la cosa più sacra al mondo. Così l’amicizia tra il regista e l’attore» aggiunge.  Amicizia e rapporto professionale si fondono per Abel e Willem, creando un sodalizio artistico e personale di profondo spessore e di lunga durata. 

Sono sette le opere cinematografiche cui hanno collaborato assieme nell’arco di 25 anni – tra cui New Rose Hotel (1998), Go Go Tales (2007), Pasolini (2014), Tommaso (2019), Siberia (2020) e Sportin Life (2021) - e la comune decisione di vivere a Roma dopo aver lasciato gli States. 

«Io e Abel abbiamo lavorato insieme per sette volte, ma siamo amici da 20 anni, ci sono stati grandi cambiamenti nelle nostre vite, tra cui quello di trasferirsi in Italia, cosa che ha rafforzato la nostra amicizia - esordisce Willem Dafoe -. Avevamo la stessa idea di cosa volevamo fare nel futuro. Lui è il regista, è colui che decide. Io cerco di rispettare la sua visione. Come attore posso permettermi di essere irresponsabile, la responsabilità è tutta sua».

Non si soffermano sui film fatti assieme, perché possono essere visionati in streaming, suggerisce Ferrara, ma non è lo stesso che vederli in sala. «Abbiamo l’abitudine di guardare qualcosa e fare altro – afferma - ma per i film bisogna andare in sala. Lo spettatore fa il film mentre lo guarda e non è distante dall’opera. È importante vederli con altre persone: si colgono le varie reazioni e si vive un’autentica esperienza sociale». 

E il cinema batte anche la moda delle serie tv. «Chopin diceva che "il mio mondo è piccolo, ma io sono il suo padrone” – puntualizza Ferrara - Il cinema di lungometraggio ha una sua specificità che, come durata e sviluppo, viene dal teatro greco e un pezzo di teatro o di cinema non possono durare quanto una serie!».

«Il problema con le serie è che non c’è una disciplina dell’arte – ha aggiunto Dafoe - è come essere su un autobus dove tutti scendono e salgono continuamente. Ha sicuramente una formula lunga che permette di raccontare, ma dipende dal tipo di storia. Per me nel film la cosa più bella non è la storia, ma le luci, il suono, il movimento della cinepresa, le dinamiche fra attori. Non voglio perdere gli elementi più belli del cinema per questa forma di narrazione sul lungo termine».

Ferrara e Dafoe hanno, inoltre, elogiato il genio di Pasolini, ai cui ultimi giorni di vita hanno dedicato l’omonimo film del 2014. Ferrara dice «Pasolini è stato come una Guida, quindi abbiamo accolto la sfida, più che una sfida è stata un’opportunità. E’ stata un’idea che ci è stata data, dunque perchè no?»

«Pasolini è stato un visionario – ha ribadito Dafoe – che aveva previsto avvenimenti come il consumismo, internet, l’evoluzione delle strutture sociali e la politica; una persona affascinante capace di muoversi in situazioni diverse. Ho voluto interpretarlo nel film solo per sentire le parole della sua ultima intervista, perché in quelle parole c’era profonda saggezza».

Non sono mancate alcune considerazioni sul futuro del cinema e l’utilizzo della tecnologia. «Sto girando un film proprio ora – ha detto Ferrara impugnando il suo smartphone – La tecnologia permette di girare film col proprio telefonino. Ho il mondo sul mio computer, e quando avevo 20 anni non avevo questa opportunità. Ma l’esperienza della sala è impagabile, ed esiste ancora per chi vuole fruirne. Il futuro è fantastico»

Non poteva mancare un riferimento al processo di realizzazione del film, definito come un continuo divenire che esiste realmente quando il pubblico lo guarda.

«L’unica persona che vede davvero il film è il compositore – afferma – per realizzare la colonna sonora sulle immagini. È lui che dice al resto della troupe se qualcosa non va, non il regista, assorto nel suo ruolo come gli attori». Per il grande cineasta, infatti, l’idea generale di un film cambia, anche a riprese finite, e non si sa come sarà il prodotto finale. 

Fondamentale il rapporto con gli attori, ed il suo con Willem Dafoe sembra davvero speciale. Sicuramente «di fiducia reciproca» sottolinea, ma li accomuna anche la voglia di guardare al futuro, progettare, senza mai voltarsi indietro. «Il passato è zero» conclude.

Un momento della masterclass

Un momento della masterclass

I protagonisti della Masterclass

Abel Ferrara è un regista indipendente americano, noto per il contenuto provocatorio e spesso controverso dei suoi film, per il suo uso di immagini neo-noir e per i grintosi ambienti urbani. 

Ha diretto film che esplorano le profondità dell’animo umano, affrontando temi oscuri e complessi con grande intuizione artistica, riuscendo a guidare con grande maestria gli attori verso interpretazioni straordinarie. Alcuni dei suoi film più noti includono Ms .45 (1981), King of New York (1990), Bad Lieutenant (1992) e The Funeral (1996). 

Willem Dafoe, un attore straordinario, dotato di grande presenza scenica, che ha dimostrato una notevole versatilità nel corso della sua carriera interpretando una vasta gamma di personaggi e affrontando vari e diversi ruoli con grandi maestri.  Un attore enorme, fuori dal comune, capace di trasformarsi sullo schermo in film di ogni genere, col talento di un vero protagonista unito a quello del miglior caratterista.

La collaborazione tra Willem Dafoe e Abel Ferrara ha dato vita a un connubio artistico potente. Un’unione in cui l’interpretazione intensa di Dafoe si fonde con la visione autentica di Ferrara. 

Esordisce sul grande schermo con il western I cancelli del Cielo (1980) di Michael Cimino. Nel 1986 viene scelto da Oliver Stone per interpretare il sergente Elias in Platoon (1986) e poi a seguire Saigon (1988). Lo stesso anno sarà anche il Cristo blasfemo di Scorsese ne L’ultima tentazione di Cristo. Seguono gli anni ’90 nel segno dello scandalo e alcuni ruoli polizieschi. Abel Ferrara lo chiama con sé in Go Go Tales (2007), mente nel 2009 viene diretto da Lars Von Trier nell’horror Antichrist.