Abitare il tempo dell’Università: Umanesimo, pace e responsabilità condivisa

Le riflessioni di mons. Luigi Renna e del rettore Enrico Foti sul ruolo degli atenei come custodi dell’umano e promotori di dialogo, ricerca e speranza in occasione della messa di Natale

Alfio Russo

Un momento di dialogo intenso tra Chiesa e Università, luogo di incontro fra fede, cultura e impegno civile. Una giornata che ha rilanciato la vocazione dell’ateneo come comunità che forma, accompagna e orienta alla pace e all’Umanesimo. È quel che si è vissuto stamattina, nella Chiesa San Michele Arcangelo ai Minoriti, in occasione della tradizionale Messa di Natale per la comunità universitaria catanese presieduta dall’arcivescovo di Catania mons. Luigi Renna ha presieduto. Un appuntamento che, da anni, segna un momento di condivisione e riflessione per studenti, docenti e personale dell’Ateneo. Ad animare la cerimonia l’Ufficio diocesano per la Pastorale Universitaria.

L’omelia: abitare il tempo dell’Università

Nel suo intervento, mons. Luigi Renna ha ripreso il tema dell’abitare il tempo, proposto all’inizio dell’Avvento come chiave per comprendere il significato profondo dell’attesa del Natale. «Il tempo - ha detto - è ciò che più appartiene all’uomo e ciò che più facilmente gli sfugge».

A partire dalla memoria storica del “genocidio culturale” del 1939 in Polonia, citando il giovane Karol Wojtyła, l’arcivescovo ha ricordato come «l’Università sia sempre stata un presidio di libertà nei momenti più bui del Novecento».

Tra i passaggi più significativi, la riflessione sull’Umanesimo e il ruolo dell’istituzione universitaria come «spazio privilegiato di crescita, ricerca e dialogo». In questo contesto mons. Renna ha pronunciato una riflessione che sintetizza l’intera visione pastorale rivolta all’ateneo: «L’Università è luogo di Umanesimo e deve esaltare sempre i diritti dell’uomo».

Per l’arcivescovo «abitare il tempo dell’Università significa essere protagonisti di un pensiero “fecondo di pace”, opposto a ogni forma di riduzionismo dell’umano evocato dalle derive culturali del Novecento, come il futurismo più aggressivo e anti-storico».

La prima via indicata da mons. Renna è quella del Vangelo, che rivela il volto di un Dio “mite e umile di cuore” e ispira un’etica capace di “far fiorire l’umano”. Richiamando le parole della prima esortazione apostolica di Papa Leone XIV, ha ribadito l’opzione preferenziale per i poveri come elemento irrinunciabile di ogni autentico progetto di pace e di umanesimo.

In chiusura mons. Renna ha lanciato un appello forte e attuale: «riscoprire la pace disarmata, farne compito condiviso degli atenei, e immaginare un “manifesto per il futuro” che faccia esplodere non guerre, ma pace».

Un momento dell'omelia di mons. Luigi Renna

Un momento dell'omelia di mons. Luigi Renna

Il saluto del rettore Enrico Foti

Il rettore Enrico Foti, nel suo primo intervento pubblico in occasione della Messa natalizia, ha accolto l’arcivescovo sottolineando il valore simbolico e comunitario dell’incontro in rappresentanza degli studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo.

«Da moltissimi anni, grazie alla proficua collaborazione con l’Ufficio diocesano per la Pastorale Universitaria, questo incontro, insieme con la celebrazione pasquale, scandisce due momenti fondamentali nei quali la nostra comunità accademica si ritrova animata da sentimenti di fraternità e amicizia. Sono occasioni nelle quali, al di là della dimensione rituale, riceviamo stimoli che diventano spunti per la nostra crescita e per la nostra capacità di affrontare il cammino futuro con lucidità e speranza», ha detto il rettore Enrico Foti.

«L’Università di Catania non è soltanto la più antica istituzione accademica della Sicilia: è una vera e propria città nella città, un organismo complesso e dinamico che ogni giorno accoglie oltre quarantamila studenti, ricercatori, docenti, dottorandi e personale tecnico-amministrativo. È un luogo in cui idee, tradizioni, innovazione e sogni si incrociano, dando vita a quel patrimonio di conoscenze che costituisce la nostra identità più profonda», ha aggiunto.

«La nostra missione, pur radicata in una storia gloriosa, è oggi più che mai proiettata verso il futuro – ha detto il rettore -. Non ci appaghiamo del prestigio ereditato: sentiamo la responsabilità di costruire un presente e un avvenire all’altezza delle sfide che il nostro tempo ci consegna. Ogni giorno affrontiamo questioni che riguardano il benessere degli studenti, la competitività scientifica, la qualità della didattica, la sostenibilità dei nostri processi, l’internazionalizzazione e il rapporto sempre più strutturale con il territorio».

«Il nostro ateneo vuole essere motore di innovazione, promotore di cultura e strumento di coesione sociale per la Sicilia orientale – ha aggiunto -. Il progresso scientifico che germoglia nei nostri Dipartimenti deve tradursi concretamente in un reale trasferimento culturale, tecnologico e valoriale verso la società. In questo senso, la Terza Missione non è più una dimensione accessoria, ma un vero e proprio principio guida: essa ci chiede di aprire sempre più l’Università al tessuto sociale, alle scuole, alle imprese, alle istituzioni, al mondo culturale e associativo, affinché il sapere non resti confinato ma diventi forza di trasformazione».

Un momento dell'intervento del rettore Enrico Foti

Un momento dell'intervento del rettore Enrico Foti

«Al centro della nostra azione rimane lo studente: la persona, con la sua irripetibilità, la sua fragilità, il suo entusiasmo e la sua fame di futuro – ha precisato -. Investire in una didattica di qualità e in una ricerca capace di dialogare con il mondo significa onorare il debito morale che abbiamo nei confronti delle nuove generazioni. Gli studenti non sono solo destinatari del nostro impegno: sono i “datori di lavoro” che ci ricordano ogni giorno perché esiste l’Università e quali responsabilità essa porta con sé».

«La celebrazione odierna rappresenta dunque molto più di un momento conviviale o di un semplice scambio di auguri: è la conferma di un dialogo fecondo con l’istituzione ecclesiale, un dialogo che ha radici antiche – quando il Vescovo della città svolgeva il ruolo di cancelliere dello Studium – e che oggi trova nuova linfa nella reciproca attenzione ai temi dell’educazione, della crescita culturale e dell’impegno per il bene comune», ha detto il rettore.

«Il confronto tra le scienze umanistiche e le discipline tecnico-scientifiche, così come tra la millenaria esperienza della Chiesa e la vocazione laica dell’Università, rappresenta per noi un’inesauribile fonte di arricchimento – ha aggiunto -. In questo intreccio di prospettive vediamo delinearsi un elemento condiviso: l’attenzione profonda all’essere umano, alla fragilità del nostro mondo, al dovere di costruire una società più giusta, più pacifica e più inclusiva».

«Viviamo da anni in un contesto internazionale delicato, segnato da conflitti che, pur geograficamente prossimi, spesso percepiamo come troppo distanti da una quotidianità che vorremmo dedicata allo studio, alla ricerca, alla cura del sapere – ha evidenziato il prof. Enrico Foti -. Le immagini di distruzione che raggiungono i nostri schermi ci ricordano, tuttavia, che la guerra non è un fantasma del passato, ma una realtà drammatica che continua a chiederci responsabilità e vigilanza. Di fronte a questi scenari, anche noi – come uomini e donne di scienza, come cittadini e come esseri umani – avvertiamo un senso di impotenza. E tuttavia non possiamo rinunciare alla speranza che l’intelligenza, il dialogo e il buon senso prevalgano, guidando le scelte di chi ha la responsabilità di porre fine a queste tragedie».

Docenti, studenti e personale tecnico-amministrativo presente alla cerimonia

Docenti, studenti e personale tecnico-amministrativo presente alla cerimonia

«In questo orizzonte, il legame tra Chiesa e Università assume un significato ancora più profondo: siamo chiamati, insieme, a custodire l’umano, a promuovere un pensiero capace di prevenire la follia, a educare alla pace e alla responsabilità – ha sottolineato il rettore -. Sono questi valori a definire la nostra vocazione istituzionale, e sono questi valori che ci auguriamo possano radicarsi sempre più nella vita degli studenti, futuri professionisti e cittadini di un mondo che ha urgente bisogno di equilibrio e di discernimento».

«Dopo tre anni dal suo arrivo a Catania possiamo affermare che il ponte tra l’ateneo e il Pastore della Chiesa catanese è oggi non solo saldo, ma anche profondamente produttivo. In tante occasioni abbiamo dimostrato quanto sia forte il nostro terreno comune: la centralità della persona, la difesa della dignità umana, il primato della formazione e della cultura, la volontà di lasciare alle future generazioni un mondo un po’ migliore di quello che abbiamo ricevuto», ha aggiunto.

«La celebrazione natalizia, in questo senso, non è un semplice rito da segnare sul calendario: è la riaffermazione del nostro impegno collettivo a costruire un futuro fondato su responsabilità, dialogo e solidarietà. È l’occasione per riconoscere ciò che siamo e ciò che vogliamo diventare: una comunità che unisce le sue competenze, la sua visione e il suo entusiasmo per contribuire al bene della nostra terra e dell’intero Paese», ha detto in chiusura di intervento.

La voce della Pastorale universitaria: relazioni come luogo di crescita

A concludere l’incontro sono stati la direttrice e il vice dell'Ufficio di Pastorale universitaria, rispettivamente Arianna Rotondo e padre Narciso Sunda SJ, che hanno raccontato un anno di attività della Pastorale universitaria. «Laboratori, percorsi spirituali, esperienze di gruppo: un cammino che ha permesso ai giovani di esplorare il tema delle relazioni come spazio fondamentale di conoscenza di sé e degli altri», hanno detti.

Ripercorrendo le tappe dell’anno – dalle attività teatrali agli esercizi spirituali, fino ai “mercoledì seri” – i due responsabili hanno spiegato come «le relazioni, per gli studenti, siano il vero luogo in cui si impara a stare nel mondo con autenticità, responsabilità e apertura».

In foto padre Narciso Sunda Sj e la docente Arianna Rotondo

In foto padre Narciso Sunda Sj e la docente Arianna Rotondo

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