Pubblicati su Plos One gli esiti di un’indagine multidisciplinare su una trentina di grotte della Sicilia sud-orientale a cui ha preso parte anche Gianmarco Minniti, dottorando Dsbga
«La presenza dell'uomo paleolitico in Sicilia, in particolare nel settore sud-orientale, è ancora poco documentata e studiata. Il nostro team di ricerca si è posto l'ambizioso obiettivo di identificare nuovi siti archeologici tramite un approccio multidisciplinare, analizzando inoltre le dinamiche migratorie dei primi uomini nel Mar Mediterraneo e le loro interazioni con l'ambiente durante l'ultima glaciazione».
Gianmarco Minniti, brillante dottorando in Scienze della Terra e dell’ambiente al dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali (con le tutor Rossana Sanfilippo e Antonietta Rosso, docenti del Dsgba di Unict), sintetizza così gli esiti della ricerca internazionale pubblicata di recente sulla prestigiosa rivista scientifica Plos One, che ha portato alla scoperta di nuovi siti archeologici sottomarini lungo la costa meridionale della Sicilia. «Unendo competenze diverse – aggiunge -, speriamo di colmare le lacune nella comprensione di questo periodo cruciale della preistoria siciliana e offrire nuove prospettive sulle modalità di adattamento e sopravvivenza delle popolazioni paleolitiche».
Il progetto internazionale Early Occupation of Sicily (EOS) viene realizzato da un team guidato dall'archeologa siciliana Ilaria Patania della Washington University a St.Louis con il supporto della Soprintendenza dei Beni Culturali di Siracusa e della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.

Gli archeologi in attività di indagine nelle grotte costiere e sottomarine nella Sicilia sud-orientale, rintracciando la prima dispersione umana in Sicilia (foto di Ilaria Patania)
L’altro Principal Investigator è Christian Tryon della University of Connecticut, stesso ateneo di Peyton Carroll e Nicolas Gonzales. Insieme a loro Isaac Ogloblin Ramirez e Ehud Galili (University of Haifa), Elizabeth Niespolo e Lauren Gilmore (Princeton University), Sara Zaia (indipendente) con le collaborazioni di Minniti, Gianni Insacco e Agatino Reitano (Museo Civico di Storia Naturale di Comiso), Fabrizio Antonioli (Cnr), e i citizen scientists Sebastiano Di Mauro e Fabio Portella.
I ricercatori – presenti da due anni nel territorio della Sicilia sud-orientale - hanno esaminato oltre una ventina di grotte siciliane, terrestri e marine, scoperte per lo più tra il 1870 e gli anni '90, combinando le ricerche terrestri e subacquee con studi sui materiali museali e su siti già studiati a partire dal secolo scorso; hanno inoltre vagliato documenti e fotografie d'archivio e intervistato sub e pescatori locali per ottenere una visione più completa dell’adattamento e della mobilità dei primi abitanti.
Ulteriori indagini sono state condotte in aree costiere ancora inesplorate, arrivando così a individuare alcuni siti sommersi che contengono informazioni preziose per ricostruire gli ambienti naturali che ospitavano i primi Sapiens siciliani e i cambiamenti dei paesaggi durante il tardo Pleistocene. In particolare, le grotte Corruggi e Campolato, nel siracusano, potrebbero contenere resti risalenti al Paleolitico superiore utili a ricostruire l'espansione dei nostri antenati nella regione.

Coprolite di Iena delle Caverne
La Sicilia è quasi certamente una delle prime isole mediterranee ad essere stata abitata durante il Paleolitico superiore, ma molte domande sulla sua occupazione preistorica rimangono ancora senza risposta: «Comprendere i tempi della colonizzazione iniziale della Sicilia – ha spiegato Patania, illustrando i contenuti della pubblicazione - fornisce pertanto dati cruciali per ricostruire la prima espansione dell'Homo sapiens nel Mediterraneo ipotizzando i tracciati delle rotte migratorie, che hanno portato i primi Siciliani a colonizzare la parte meridionale dell’isola e Malta».
Attraverso l’analisi dei terreni e dei coproliti, elementi che forniscono indizi sul tipo di fauna presente e permettono di comprendere cosa mangiassero e come cacciassero, lo studio restituisce inoltre informazioni più precise sulle abitudini di vita delle prime popolazioni della Sicilia, che approdarono nell’Isola durante l’ultima glaciazione e che assistettero probabilmente all’estinzione di alcuni animali endemici come la iena e alcuni tipi di cervi arcaici.
«Io mi sono occupato dell'individuazione di sette grotte lungo il settore costiero settentrionale di Siracusa – racconta Minniti -, partendo da uno studio preliminare di dati bibliografici molto datati. Successivamente, ho esplorato attivamente la costa via mare, esaminando grotta per grotta. È stato affascinante rendermi conto di trovarmi davanti alle stesse grotte studiate dai miei predecessori nel 1878 e nel 1929, un'esperienza entusiasmante alimentata dall'adrenalina della scoperta».
Il gruppo di ricerca
Queste grotte, aggiunge il dottorando Unict, sono eccezionali non solo dal punto di vista archeologico, ma anche e soprattutto paleontologico, poiché contengono depositi fossiliferi ricchi di reperti ossei appartenenti a specie animali straordinarie del recente passato: «Questi animali, soggetti alla cosiddetta regola dell'isola – spiega -, riducevano significativamente la loro taglia per adattarsi alle caratteristiche ecologiche e spaziali dell'ecosistema insulare in cui vivevano. Il mio progetto di dottorato si concentra proprio sullo studio di queste faune, e ho potuto dare un contributo significativo nell'identificazione di ossa e nella determinazione di specie, come cervi nani e elefanti nani tipici del complesso faunistico del Pleistocene medio-superiore».
Un contributo importante è giunto anche dai cosiddetti citizen scientists, composto da speleologi e subacquei, esperti del Museo civico di Comiso e tecnici dei diving centers di Augusta, Siracusa e Ognina oltre a cittadini appassionati di storia e del loro territorio.
«Nell'ambito di una ricerca – sottolinea Minniti -, è fondamentale raccogliere quante più informazioni possibili sul territorio e su tutto ciò che viene tramandato oralmente, come gli antichi toponimi che indicavano determinate località. Il cittadino attivo, con un forte legame con la propria terra, può essere di grande aiuto: può contribuire attivamente alla ricerca fornendo informazioni chiave, identificando antichi scritti o possibili siti archeologici, e collaborando con esperti che conoscono le metodologie più adatte per preservare e studiare correttamente i reperti trovati. In questo modo, si favorisce il progresso scientifico e si garantisce la conservazione del patrimonio storico e culturale».
Tra i siti archeologici più interessanti dell'entroterra Minniti cita, infine, Grotta Corruggi a Pachino e Grotta Pedagaggi, in territorio di Carlentini. «Da quest'ultima – precisa - proviene la collezione di strumenti litici del Museo di Paleontologia della nostra Università. Tra le grotte semisommerse collocate nel settore costiero settentrionale aretuseo, sicuramente Grotta la Seggia, riscoperta dal sottoscritto insieme al collega Agatino Reitano, che ha fornito campioni molto interessanti. Le altre, situate nella stessa linea di costa, presentano anch'esse un elevato interesse, ma al momento non è possibile fornire ulteriori informazioni».