Alle radici di Sant’Agata: un’analisi storica sulle cantate agatine

Con l’inizio del nuovo anno, e l’avvicinarsi dei festeggiamenti agatini, si dà ufficialmente il via agli appuntamenti della terza festa religiosa più grande al mondo

Marielena Greco

L’analisi del rapporto che sin dal Settecento intercorre tra il cerimoniale festivo e la musica composta e cantata per Sant’Agata. È il tema al centro del primo importante incontro formativo - dal titolo Le cantate a Sant’Agata tra storia, tradizione e contemporaneità – che si è svolto, nei giorni scorsi, nell’auditorium del Conservatorio Vincenzo Bellini di Catania.

Ad aprire i lavori è stato Carmelo Galati, presidente dell'istituto musicale, con una introduzione storica dell’istituzione musicale catanese e della sua sede in via Istituto Sacro Cuore. A seguire Clara Leonardi, tesoriere del comitato per la festa di Sant’Agata, ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento dei giovani musicisti all’interno dell’edizione di quest’anno e la presenza durante a sira o' tri di «eccellenze che tutti ammirano a livello siciliano e nazionale», grazie alla collaborazione con il Conservatorio, la sua orchestra e il Coro lirico siciliano. 

«L’intento – ha sottolineato la Leonardi – è quello di ritornare a interpretare le cantate in modo diverso. Il Conservatorio ci aiuterà nella divulgazione e nel conoscere la formazione di questi inni, per conoscere la vera storia di queste cantate».

Il colloquio, introdotto e coordinato dal prof. Giuseppe Montemagno, musicologo e docente di Storia della musica nello stesso istituto, si è sviluppato lungo la linea direttrice di un «lavoro di ricerca storica che guarda al passato, alle radici profonde delle cantate a Sant’Agata», motivando in tal modo l’invito rivolto al Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania, alla prof.ssa Maria Rosa De Luca (musicologa e docente di Storia della musica al Disum) e al dott. Giuseppe Sanfratello (etnomusicologo e assegnista di ricerca al Disum), i cui interventi hanno proposto di ripartire «dalle nostre radici e da quello che è avvenuto nel corso del Settecento», come specificato da Montemagno.

Un momento dell'intervento dell'avv. Carmelo Galati

Un momento dell'intervento dell'avv. Carmelo Galati, al suo fianco Giuseppe Montemagno

L’intervento della prof.ssa Maria Rosa De Luca e del dott. Giuseppe Sanfratello – dal titolo Sant’agata tra performance collettiva e cantate en plein air – si delinea come un percorso storico-etnografico sulla sonorizzazione degli spazi della città di Catania nel contesto festivo; infatti, il cerimoniale della festa di sant’Agata ha svolto un ruolo emblematico nel processo di ricostruzione della fisionomia della città all’indomani del terremoto del 1693.

La prof.ssa De Luca ha in particolare analizzato la festa come un’azione drammatica en plein air, secondo tre codici - visivo, musicale e testuale - che si applicano più in generale allo studio della messinscena operistica. Il dott. Sanfratello ha poi approfondito la forma della cantata che dal Sette-Ottocento giunge pressocché immutata alla contemporaneità nella sua forma tripartita (Introduzione, Preghiera detta anche Largo, e Cabaletta detta anche Capoletta), offrendo anche un rapido excursus delle zone della Sicilia orientale in cui le varie festività padronali hanno mantenuto questo schema celebrativo del sacro che si muove tra scrittura e oralità.

Le prospettive orientate all’oggi e al futuro sono invece state esposte dal prof. Giovanni Ferrauto, compositore e docente di composizione al Conservatorio, che con un intervento dal titolo Nuove musiche per Sant’Agata ha esposto due fondamentali punti della sua collaborazione con i festeggiamenti, di cui il primo riguarda il ruolo dei giovani e il secondo la ripresa di un componimento realizzato nella seconda metà del Novecento. 

In particolare, nel 2025 giovani studenti e compositori del Conservatorio si cimenteranno nella composizione di un nuovo pezzo a più mani «esperimento già riuscito – precisa Ferrauto – durante la collaborazione con l’Università di Catania in occasione del festival Intersezioni come camerata polifonica». Il pezzo si intitolerà Le stazioni di Sant’Agata, che verranno analizzate come momenti storici e momenti della passione e rituali festivi.

«Il fine – prosegue il docente – è quello di creare un’opera nuova e di stimolare la creatività delle nuove generazioni». Il secondo punto del suo intervento riguarda quella che lo stesso Ferrauto definisce come «un’assoluta novità», ovvero il reperimento attraverso un intenso lavoro di ricerca di un inno dedicato alla Santa - dal titolo Passio Agathae - composto dal primo direttore dell’Istituto musicale Bellini: Santo Santonocito (1886-1976), che fu un «importante compositore, maestro di canto e tenore, allievo di Antonio Savasta».

L'intervento del dott. Giuseppe Sanfratello

L'intervento del dott. Giuseppe Sanfratello. Al suo fianco la prof.ssa Maria Rosa De Luca, Lina Maria Ugolini e Giovanni Ferrauto

Secondo quanto rilevato da Ferrauto attraverso delle testimonianze indirette di alcuni cantanti del coro del Teatro Bellini, «l’ultima, e unica, esecuzione di questo brano di cui si ha memoria è avvenuta nel 1957». Si tratta di «un pezzo importante, per un coro ben nutrito e con tre personaggi, il cui stile tardoromantico, a un primo sguardo, non si confaceva agli stilemi del periodo verista, ma si ricollegava a una tradizione romantico-tedesca all’italiana». Questo – sostiene Ferrauto – rappresenta un modo per coinvolgere attivamente il Conservatorio e i giovani compositori all’interno della cornice festiva di Sant’Agata.

L’intervento successivo è stato condotto dal maestro Francesco Costa, direttore del Coro Lirico Siciliano fondato nel 2008, con la direzione artistica del soprano Giovanni Collica e presieduto dal bari-tenore Alberto Munafò. Il Coro Lirico Siciliano si impegna da anni nella ripresa del repertorio legato alla festa di Sant’Agata e quest’anno il concerto del 3 febbraio sarà aperto da una sezione dedicata alle musiche scritte per la Santa Patrona, che rappresenta «solo una piccola parte della ricerca condotta negli ultimi anni». 

La necessità che ha spinto la ricerca scaturisce da «un interrogativo sorto nel 2014, ovvero: è possibile che una città come Catania abbia composto unicamente delle canzoncine dedicate alla Santa? Dopo un attento lavoro di ricerca la risposta è stata ovviamente negativa – ha proseguito il maestro – e anche grazie alla famiglia Rizzo, pronipoti tra l’altro di Francesco Paolo Frontini, abbiamo rintracciato una serie di materiali di una bellezza infinita».

L’intento del Coro Lirico Siciliano è quello di dare nuova linfa ai compositori siciliani che hanno dato tantissimo alla musica e al teatro; è infatti all’interno di questa cornice di intenti che ritorna il nome di Francesco Paolo Frontini, compositore, direttore d’orchestra e pioniere dell’etnomusicologia siciliana. 

«Frontini 138 anni fa scrisse una cantata sui generis perché priva di Cabaletta, con la presenza di cromatismi arditi; dopo tutto questo tempo, Catania sentirà di nuovo questa cantata, che verrà affidata solamente a un coro uomini. Tra l’altro,  fu scritta da Frontini nell’anno in cui la lava si fermò e avvenne il miracolo. Fu il modo in cui la città di Catania volle celebrare l’avvenimento, avendo un grandissimo nome a firmare questa cantata e il Circolo agatino omaggiò il maestro di una bacchetta», ha spiegato il maestro Francesco Costa.

Un momento della processione di Sant'Agata in via Etnea

Un momento della processione di Sant'Agata in via Etnea

Dopo la cantata composta da Frontini, sarà inserito nel concerto un brano che, invece, appartiene già alla cultura liturgica e devozionale lo Stans Beata Agatha di Filippo Tarallo (1859-1918), intonato tradizionalmente ogni anno dalle suore del Monastero di San Benedetto. Seguirà l’Inno popolare a Sant’Agata per il XVII centenario del martirio (AD 251-1951) composto di Rosario Licciardello (1897-1964), la Coroncina di Giuseppe Maugeri (1874-1949) riarrangiata dal maestro Nunzio Schilirò e poi un elemento di grande novità: un inno a Sant’Agata composto appositamente per il Coro Lirico Siciliano e per la città di Catania da mons. Marco Frisina, «il più eminente compositore di musica liturgica odierna», afferma Costa.

La docente di poesia per musica e drammaturgia musicale al Conservatorio di Catania Lina Maria Ugolini è poi intervenuta con un discorso dal titolo Scrivere per Sant’Agata. Nel 2021 la scrittrice è stata contattata da Joe Schittino, alla ricerca di un testo da musicare che avesse per tema la storia di Sant’Agata. Da questa richiesta è nato Pane di rosa (cinque preghiere ad Agata e per la Terra), eseguite nello stesso anno dall’Orchestra del Teatro Massimo Bellini.

Come afferma la stessa docente, «scrivere per Sant’Agata non è così facile. Il poeta deve guardare con occhi sempre nuovi una festa che ha degli appuntamenti fissi, legati al percorso, ma che si rinnova ogni anno con la vita: quella che offre a chi sa osservare dei particolari di grande bellezza». Per l’occasione la Ugolini ha letto La preghiera del marinaio legata al ritorno delle reliquie di Sant’Agata da Costantinopoli durante il periodo estivo (17 agosto); «in essa si racconta di come i cittadini furono svegliati dall’arrivo di queste reliquie portate in dono al Vescovo Maurizio e dal suono delle campane».

L'intervento del maestro Francesco Costa

L'intervento del maestro Francesco Costa

La conferenza si avvia alle conclusioni con l’intervento del maestro Emanuele Casale, docente di musica elettronica e composizione musicale elettroacustica, che ha presentato il suo nuovo progetto artistico in collaborazione con il Teatro Massimo Bellini. 

Il 1° febbraio debutterà in teatro lo spettacolo Le ragioni degli angeli, nato dalla collaborazione tra Emanuele Casale e la drammaturgia di Gaspare Balsamo, discepolo del celebre puparo palermitano Mimmo Cuticchio e tra i maggiori rappresentanti della nuova generazione di cuntisti.

Il maestro Casale, nel suo intervento, ha raccontato di essere rimasto colpito da Balsamo circa cinque anni fa dopo un’esibizione e di essersi così riproposto di collaborare con lui. L’occasione si è presentata proprio quest’anno, quando il Teatro Massimo Bellini gli ha commissionato questo nuovo lavoro. Avendo ricevuto carta bianca sul da farsi, ci dice «mi sono sbizzarrito nella composizione, mettendo il coro, un’orchestra ampia e inserendo nell’organico anche un pianoforte, non solista, ma presente. Il titolo deriva da Gaspare che è anche colui che ha scritto il testo.

Lui ha pensato ad Agata prima della morte, come un angelo senza ali, espressione che indica quelle persone dotate dell’altruismo fuori misura che non chiede nulla in cambio. Persone che anche oggi sono presenti all’interno della nostra società, ma che vivono nell’anonimato perché non fanno notizia». 

Ma quali sono le ragioni degli angeli? Casale risponde così: «si parte innanzitutto dall’elevazione, quella che avviene attraverso l’umiliazione, seguendo l’idea evangelica; poi con la dialettica tra ordine e caos; il silenzio della meditazione, della preghiera e del rapporto con Dio. Ovviamente il momento centrale sarà quello del martirio, cui seguirà anche una fase di raccoglimento dove Gaspare inviterà il pubblico presente a pensare ai propri angeli, quelli che tutti incontriamo nella vita quotidiana e che magari oggi non sono più al nostro fianco».

Una mattinata particolarmente intensa, pertanto, caratterizzata da una sequenza di analisi e riflessioni sull’importanza e sul ruolo della tradizione musicale nel culto agatino, nel corso della quale il pubblico presente nell’auditorium del Conservatorio catanese ha potuto apprezzare la ricchezza che può emergere dallo scrigno della memoria storica della nostra città, pronta, ancora una volta, a celebrare e a cantarela sua Santa, oggi come ieri.