«Amami, Alfredo, quant'io t'amo»

La Traviata, opera in tre atti con musiche di Giuseppe Verdi, in scena al Teatro Massimo con la regia di Henning Brockhaus e il direttore d’orchestra José Cura

Chiara Maria Pia Fichera

LaTraviata, con le musiche di Giuseppe Verdi e libretto di Francesco Maria Piave, è forse una delle opere più conosciute del compositore e una delle più rappresentate. Un successo che non poteva che essere annunciato anche per il Teatro Massimo Bellini di Catania che ha visto un sold-out per tutte le giornate della messa in scena.

Ma la prima rappresentazione, nel 1853 al Teatro La Fenice di Venezia, fu un fiasco. Forse per gli interpreti carenti - così ci racconta Verdi nelle sue lettere -, forse perché il soggetto era scabroso.

Si tratta, infatti, di un’opera in tre atti che vede in scena l’amore di Violetta, un’accompagnatrice per gli uomini dell’alta società, e il nobile Alfredo Germont. Una storia che doveva turbare il pubblico di metà Ottocento, tutto festa, valzer e apparenze. 

Verdi, con l’autore del libretto, Francesco Maria Piave, mette in scena un’opera ispirata a LaSignora delle Camelie di Alexandre Dumas figlio, il quale si era ispirato, a sua volta, alla sua storia d’amore con la cortigiana Marie Duplessis.  

Un momento dell'Atto I, scena seconda

In foto un momento dell'Atto I, scena seconda

Un melodramma quindi, non solo vero, ma contemporaneo, senza filtri consolatori dovuti alla distanza storica.  I personaggi appaiono psicologicamente complessi, reali. Violetta (interpretata da Daniela Schillaci), da cortigiana dedita ai piaceri finisce per innamorarsi fedelmente di Alfredo (interpretato da Giorgio Misseri), e vediamo tutto il suo turbamento nell’aria conclusiva del primo atto: "È strano!... è strano!... in core scolpiti ho quegli accenti! Sarìa per mia sventura un serio amore? Che risolvi, o turbata anima mia? Null'uom ancora t'accendeva... o gioia che io non conobbi, essere amata amando!"

Risulta interessante, nella regia di Henning Brockhaus, la scelta scenografica che ha visto come elemento principale una parete a specchio che, inclinata, rifletteva il telo (e ciò che c’era sopra il telo) posto sul pavimento.  

Nell’ultima scena, accesesi le luci di sala, lo specchio rifletteva il pubblico, diventando – in qualche modo – parte della scena, dando così l’idea di una duplice rappresentazione.

Atto III, scena ultima

In foto un momento dell'Atto III, scena ultima. Sullo sfondo il pubblico riflesso sullo specchio

È una scelta calzante quella dello specchio, simbolo del duplice, dell’apparire per eccellenza e che, metaforicamente, diventa una chiara rappresentazione della società dell’epoca. La Traviata è, infatti, una storia che non mette in scena solo l’amore, ma soprattutto l’ipocrisia della nobiltà.

Giorgio Germont (interpretato dall’applauditissimo baritono Franco Vassallo), padre di Alfredo, chiede a Violetta di rinunciare all’amore e alla felicità di suo figlio per evitare di infangare il proprio nome, con il rischio che possa saltare il matrimonio di sua figlia. 

Ma questo personaggio non ha nulla di veramente cattivo, vittima anche lui del corrotto contesto culturale in cui vive. La sua non è un’imposizione, è una richiesta, un sacrificio che chiede a Violetta, e che lei accetta di compiere. 

Lui stesso, pieno di sensi di colpa, dirà la verità a suo figlio Alfredo: "Di più non lacerarmi... Troppo rimorso l'alma mi divora. Quasi fulmin m'atterra ogni suo detto. Oh, malcauto vegliardo! Ah, tutto il mal ch'io feci ora sol vedo!"

Sarà però troppo tardi quando i due amati si ricongiungeranno, e le suppliche di Alfredo: "No, non morrai, non dirmelo déi viver, amor mio! A strazio così terribile qui non mi trasse iddio. Sì presto, ah no, dividerti morte non può da me. Ah, vivi, o un solo feretro m'accoglierà con te"non serviranno a Violetta che, ammalata da tempo di tisi, muore sotto i suoi occhi.

In foto un momento dell'Atto III, scena sesta

In foto un momento dell'Atto II, scena ottava

La Traviata, opera in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave, con musiche di Giuseppe Verdi, è andata in scena dal 1# al 9 dicembre, con la regia di Henning Brockhaus; direttore José Cura. 

Orchestra, coro e tecnici del teatro Massimo Bellini. Con Daniela Schillaci, Eugenia Vukkert (Violetta), Elena Belfiore, Alessandra della Croce (Flora), Sonia Fortunato, Albame Carrère (Annina), Giorgio Misseri, Paolo Antognetti (Alfredo Germont), Franco Vassallo, Francesco Landolfi (Giorgio Germont),  Massimiliano Chiarolla (Gastone), Gianluca Lentini (Barone Douphol), Dario Giorgelè (Marchese d’Obigny), Gaetano Triscari (Dottor Grenvil), Francesco Napoleoni (Giuseppe), Alessandro Martinello/Massimiliano Bruno (Un domestico), Daniele Bartolini/Alessandro Martinello (un commissionario). 

Atto III, scena sesta

In foto un momento dell'Atto III, scena sesta