Archeofish, l’origine delle tonnare siciliane tra garum e salsamenta

Il progetto archeologico internazionale ha ricevuto il Premio Nazionale Più a Sud di Tunisi

Alfio Russo
La zona archeologica di Scalo Mandrie a Portopalo
Un momento dell'attività di ricerca
Un momento dell'attività di ricerca
Il prof. Daniele Malfitana insieme con il dott. Antonino Mazzaglia in un momento dell'attività di ricerca

Un viaggio alla ricerca delle origini delle tonnare in Sicilia, una terra che da sempre ha rappresentato sin dall’antichità un “polo di attrazione” dell’industria peschiera e conserviera.

E Portopalo di Capo Passero, non a caso, grazie alla sua posizione strategica nel Mediterraneo, era un sito di fondamentale importanza per il passaggio dei tonni e, quindi per la loro lavorazione, una risorsa economica per la Sicilia orientale.

A confermare la lunghissima occupazione produttiva, dall’epoca ellenistica alla tarda antichità, sono le ricerche condotte, dal 2019 ad oggi, da studiosi delle Università di Catania e di Cadice e dell’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del Cnr nell’ambito del progetto Archeofish, finalizzato ad indagare l'archeologia degli antichi siti per la salagione nel Mediterraneo occidentale, dalla Sicilia stessa allo stretto di Gibilterra.

Un progetto interdisciplinare tra archeologia classica e del paesaggio, archeozoologia e archeologia della produzione - sotto la direzione scientifica degli scavi affidata ai docenti Daniele Malfitana (Catania) e Darío Bernal-Casasola (Cadice) e la vice direzione a Antonino Mazzaglia (Catania) e José J. Diaz (Cadice) in collaborazione con la Soprintendenza archeologica di Siracusa – che ha permesso, nel quadriennio di ricerche, di indagare sulle oltre 60 vasche di lavorazione ritrovate e studiate con un nuovo approccio multidisciplinare.

La zona archeologica di Scalo Mandrie a Portopalo

La zona archeologica di Scalo Mandrie a Portopalo

E così si è riusciti, nella zona archeologica di Scalo Mandrie a Portopalo, a far luce sulla celebre garum, la salsa di pesce fermentata caratteristica dell’alimentazione del Mediterraneo antico, per un lunghissimo periodo fino all’inizio del Medioevo, e anche sulla salsamenta, il pesce sotto sale, in particolar modo il tonno che, una volta lavorato, veniva conservato e commercializzato nelle anfore lungo le varie rotte del mare del tempo.

Una lavorazione che accomunava la Sicilia e la Spagna con importanti siti di produzione in una prima “globalizzazione” della commercializzazione dei prodotti che guardavano principalmente Roma, la capitale dell’Impero. 

Al sito iberico della città romana di Baelo Claudia a Cadice (nei pressi dello Stretto di Gibilterra) che presentava una capacità di trasformazione del prodotto alimentare praticamente industriale, così come testimoniato archeologicamente dalle gigantesche cetariae con le vasche per la lavorazione del pesce, si affiancava quello di Portopalo. 

Nel sito siciliano, infatti, simile a quello iberico per caratteristiche produttive, con vasche circolari o squadrate, si lavorava principalmente il tonno, che una volta tranciato e salato, veniva spedito nell’area del Mediterraneo.

Un momento delle attività di ricerca a Portopalo

Un momento delle attività di ricerca a Portopalo

Il premio “Portopalo Più a Sud di Tunisi”

La ricerca archeologica si è aggiudicata la sezione speciale “Storia” della XVIII edizione del premio nazionale “Portopalo Più a Sud di Tunisi”. 

L’evento – inserito tra gli appuntamenti di maggior prestigio nel Sudest della Sicilia, patrocinata dall’Assessorato Regionale al Turismo, Sport e Spettacolo e dal Comune di Portopalo – si è svolta domenica 20 agosto alla presenza, tra gli altri, del sindaco Rachele Rocca

A ricevere il premio il prof. Daniele Malfitana, il prof. Dario Bernal-Casasola e il dott. Antonino Mazzaglia in rappresentanza del gruppo di studiosi che, grazie alla ricerca archeologica, ha portato al ritrovamento di frammenti di vasellame utilizzati per il consumo di liquidi, reperti di anfore e strumenti di lavorazione. Tracce di un passato millenario, come i resti di vasche, testimonianze dell’importante polo industriale per la lavorazione ed esportazione del pesce, simile a quello di Baelo Claudia a Cadice. 

Il gruppo di ricerca italo-spagnolo mentre riceve il premio

Il gruppo di ricerca italo-spagnolo mentre riceve il premio

Le ricerche del team italo-spagnolo - a cui partecipano allievi del corso di laurea magistrale in Archeologia al Dipartimento di Scienze umanistiche dell’ateneo catanese, specializzandi della Scuola di specializzazione in Beni archeologici e dottorandi di ricerca del dottorato in Scienze del patrimonio culturale - hanno raggiunto riscontri in campo internazionale di grande rilievo storico grazie all’attività portata avanti nell’estremo lembo sud-orientale della Sicilia.

E, inoltre, hanno permesso di valorizzare ulteriormente il sito siciliano e testimoniare il suo ruolo strategico nei meccanismi di funzionamento dei commerci dell’Impero di Roma, in particolar modo nell’ambito della pesca e della lavorazione del pescato. 

Un autentico “polo industriale” del tempo che, come testimoniato dalle ricerche nell’area di Scalo Mandrie a Portopalo, interessata dagli scavi, dal V secolo a.C. si preparavano conserve e altre pietanze ricavate dalla lavorazione del pesce, tra cui il celebre garum, una prelibatezza ai tempi degli antichi Romani, pietanza citata anche da Seneca in una epistola morale a Lucilio. 

La Sicilia si rivela ancora una volta isola strategica nel cuore del Mediterraneo, specie dalla metà del I sec. d. C. quando si intensificarono i rapporti con l’Africa e si aprirono reti e contatti sempre più stretti tra Oriente ed Occidente. 

Il prof. Daniele Malfitana illustra l'attività di ricerca al sindaco Rachele Rocca

Il prof. Daniele Malfitana illustra l'attività di ricerca nel corso della cerimonia