Bellini International Context: un intreccio di identità, storia e rigenerazione

In omaggio al Cigno e all’anniversario di fondazione della città di Catania un concerto che ha messo insieme i grandi della musica e i giovani compositori etnei contemporanei

Irene Isajia

Cala il sipario sul Bellini International Context. E l'ultimo atto è stato affidato ad un concerto in cui la celebrazione del “Cigno catanese” e della memoria dei 2754 anni dalla fondazione della città di Catania, si sono intrecciati con l'identità, la storia e la rigenerazione di questa terra millenaria e madre.

La musica, con il suo linguaggio universale, sa mediare i tempi e creare ponti culturali e umani, come ha mostrato il programma eseguito magistralmente dall’Orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania, diretta dal maestro Francesco Di Mauro.

Il viaggio ha preso forma dalle note della Sinfonia di Norma (1831), che ci fa sempre sentire a casa, un brano i cui temi si insinuano nelle trame della quotidianità di ciascuno, tra doveri e passioni, dentro la consapevolezza di un percorso morale che conduce alla redenzione. Ogni composizione di questo itinerario musicale racconta, a suo modo, un passaggio: una difficoltà, una crisi, una trasformazione da affrontare e compiere.

Il maestro Francesco Di Mauro

Il maestro Francesco Di Mauro

Da Norma, protagonista del dramma belliniano, a I Capuleti e i Montecchi (1830), dove l’amore di Romeo e Giulietta si eleva sull’odio; dal ritratto di Berlioz nell’Ouverture da Benvenuto Cellini (1838), artista che forgia la propria esistenza attraverso l’arte, a Isabella, l’astuta protagonista rossiniana de L’italiana in Algeri (1813), donna che riesce ad affermarsi oltre le ostilità culturali. Ancora, dal divario generazionale e sociale della commedia di Donizetti Don Pasquale (1843) alla riflessione sull’arte e la sua trasmissione nel confronto tra tradizione e innovazione ne I maestri cantori di Norimberga (1867) di Wagner.

All’interno di questo prezioso itinerario musicale sono state inserite due prime esecuzioni assolute, autentiche “pietre preziose” della contemporaneità, firmate da due compositori siciliani. Sikulus di Yuri Furnari è ispirato alla terra vulcanica e al mare dell’Isola; Il pianto di Efesto. Tra il fuoco della fucina e il candore del cigno, di Giovanni Nicosia, ha invece guidato l’ascoltatore nel cuore del vulcano, nella fucina del dio fabbro, in un processo di continua trasformazione, dove la materia diventa arte.

Il motto di Catania, “Ex cinere surgo”, sembra risuonare tra le note scritte ieri e oggi. È la capacità di prendere in consegna l’eredità ricevuta e trasformarla in materia nuova dentro una Sicilia che continua ad ispirare arte e suono, orizzonti nuovi con radici sicure, una città che perpetua il suo agire con la forza di chi dalle ceneri sa risorgere, sa ricostruire vita e bellezza.

Il compositore Yuri Furnari

Il compositore Yuri Furnari

Uno sguardo a “Sykulus”, in occasione della prima

La composizione del maestro Yuri Furnari è approdata sul palco del Teatro Massimo Bellini grazie al suo talento e alla sua tenacia, ma anche per merito del sostegno dei direttori artistici del Bellini International Context e del Teatro Massimo Bellini. Tuttavia, l’opera non avrebbe visto la luce se il dott. Sergio Pappalardo ‒ imprenditore agricolo che ha scelto di dare al suo marchio anche un’identità musicale ‒ non avesse deciso di commissionarla.

Il linguaggio di Sikulus ricorda la scrittura cinematografica di John Williams: immediato, coinvolgente e capace di catturare l’ascolto anche di chi non possiede un orecchio allenato; è una vera e propria narrazione sonora, sorprendente e mai scontata, che apre a domande, immagini interiori e condivisioni. Il brano si è inserito perfettamente nel clima della serata: il territorio, la potenza dell’Etna, l’energia del sole.

Il percorso di Furnari non è stato semplice: diverse proposte erano state inizialmente rifiutate dal committente, ma la sua determinazione lo ha portato a concepire una partitura maestosa sia nell’organico che nella scrittura, pensata proprio per un’orchestra sinfonica come quella del Teatro Bellini. Grazie al sostegno economico e alla liberatoria, Sikulus è stato inserito nel concerto di gala finale.

L'Orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania

L'Orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania

Divisa in quattro parti, la composizione si apre con un tema energico che evoca la potenza dell’Etna, cuore pulsante della terra catanese. Segue un nuovo tema, nostalgico e malinconico, che rappresenta il mare e il destino del siciliano, spesso costretto a partire ma attratto dal desiderio del ritorno. Il motivo successivo evoca le “piaghe” che colpiscono la Sicilia; sul finale avviene invece una riflessione del siciliano ‒ resa attraverso l’espressività timbrica del flauto traverso ‒ che, nonostante le avversità, riesce sempre ‒ come insegnava Bellini ‒ a portare la nostra sicilianità lontano dall’Isola.

Nella composizione, i temi si richiamano, sono connessi e, a volte, si sovrappongono, vicini al leitmotiv di wagneriana memoria. Per un compositore scrivere è una necessità; per un teatro produrre arte è una necessità; per un imprenditore agricolo produrre bellezza è un desiderio che parte dallo sguardo rivolto alla ricchezza della nostra terra e diventa amplificatore nell’intersezione con le “arti” cosiddette “nobili” (musica, danza, teatro). L’apertura al territorio, ma ancor più l’apertura degli orizzonti che sconfina oltre l’oceano diventa incontro di culture, di modus operandi, di approcci alla vita e all’arte che generano relazioni e amplificano la bellezza.

Gli applausi interminabili del pubblico, lo sguardo emozionato del compositore dal podio, la complicità con gli orchestrali e la stretta di mano con il direttore sono stati segnali tangibili che certe scelte richiedono rischio e fiducia. Grazie a chi crede nelle nuove generazioni, a chi sa guardare lontano, a chi sogna in grande.

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