Cento candele per le vittime di mafia

A Palazzo di Giustizia la manifestazione promossa dagli studenti Unict in occasione della giornata nazionale dedicata ai caduti nella lotta alla criminalità organizzata

Mariano Campo

«Quando è successo ero ancora un bambino / in tele cantava il nome di Borsellino / sono sincero, non che mi interessasse il perché di quel minuto di silenzio fatto in classe, /non sapevo cosa fosse un magistrato / tanto meno una strage di stato /non sapevo cosa fosse una cosca /tanto meno cosa fosse Cosa Nostra». 

I versi di Maurizio Musumeci, in arte Dinastia, giovane cantautore di origini paternesi, colgono efficacemente la cifra comune di molti dei ragazzi che ieri sera hanno partecipato, alla manifestazione “Le candele della memoria” che si è tenuta davanti alla scalinata del Palazzo di Giustizia in piazza Verga, promossa da numerose associazioni universitarie in occasione della “Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie”.

Molti di questi studenti trent’anni fa non erano neanche nati: di Falcone e Borsellino, di Impastato e Chinnici, di Dalla Chiesa e Pio La Torre, hanno sentito parlare a scuola o in famiglia. non hanno vissuto, per ragioni anagrafiche, le ondate di indignazione e la sollevazione delle coscienze causate dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, dai brutali attentati degli anni ’90, lo stillicidio dell’eliminazione fatale e chirurgica di eroi solitari come Mattarella, Giuliano, Cassarà, le polemiche feroci sull’antimafia dei professionisti. 

E anche i nomi che verranno letti, a conclusione della manifestazione che si svolge ogni anno dal 1996, per ricordare l’estremo sacrificio di donne e uomini, vittime eroiche o inconsapevoli – ma ugualmente innocenti - della violenza mafiosa, a parecchi sfuggono decisamente: Bodenza, Lizzio, Famà, Agosta, Rizzotto, Carnevale, Francese, Giaccone... 

Ma stavolta sono qui perché credono, come ha affermato Anas Jaadar, presidente della Consulta degli studenti universitari, che sia fondamentale «ripetere nomi e cognomi, restituire volti e storie a chi è caduto affrontando la mafia, quelle migliaia di vite spezzate che oggi possono riavere voce grazie a noi, ogni volta che li ricordiamo». «Richiamare queste storie – ha aggiunto Nadia Lo Votrico, portavoce del presidio universitario di Libera, intitolato a Dario Capolicchio – deve servire a trasformare il dolore in impegno e speranza». 

«La prima volta che vidi un film su Falcone volli subito sapere di più su quest'eroe/ comprai un libro, parlava della sua vita /mi appassionai alle sue gesta riga dopo riga». Per molti di questi ragazzi, stretti davanti all’ingresso del Tribunale - in una mano una candela accesa, nell’altra il telefonino per catturare i vari momenti della manifestazione -, dev’essere andata proprio così, come nel brano di Dinastia, che insieme al duo Miqrà ha offerto la colonna sonora alla serata condotta da Radek Ogrodniczak, speaker dell’emittente universitaria Radio Zammù.

«Desidero ringraziare gli studenti per aver voluto questa iniziativa – ha premesso il rettore Francesco Priolo, intervenuto alla manifestazione con il direttore generale Giovanni La Via e il direttore del dipartimento di Giurisprudenza Salvatore Zappalà -. Fare memoria è un impegno di testimonianza per ciascuno di noi, ma affiancato con l’impegno quotidiano a promuovere la cultura della legalità in tutte le nostre attività. In una terra come la Sicilia, costruire è doppiamente difficile: ma chi resta, deve lottare affinché ci sia sempre meno terreno fertile per le mafie, è il modo migliore per onorare chi ha dato la vita».

Studentesse e studenti davanti alla scalinata del Palazzo di Giustizia in piazza Verga

Studentesse e studenti davanti alla scalinata del Palazzo di Giustizia in piazza Verga

«Le vittime di mafia – ha osservato il procuratore Sebastiano Ardita -, erano in gran parte persone semplici, umili, buone. Ma drammaticamente sole. Accerchiate, isolate, continuamente bersagliate anche dall’interno, come accadde per Giovanni Falcone. E in fondo, molte erano già morte una volta, o sapevano di essere condannate. Dobbiamo riuscire a imparare questa lezione, perché avviene anche oggi a coloro che sono in prima linea. Ai giovani dico: battiamoci sempre in difesa dei nostri ideali e della verità. Non è vero che non cambierà mai nulla, questo è un modo di ragionare, ma anche di essere e di agire, sbagliato. Le cose, prima o poi, cambieranno: e se siamo abituati a lottare, sapremo essere pronti, capaci e reattivi».

Imagine” di Lennon e “What a wonderful world” di Armstrong aprono e chiudono la manifestazione che ospita ancora l’arringa di Ismaele La Vardera, vicepresidente della commissione regionale antimafia: «È il primo 21 marzo che festeggiamo guardando finalmente Messina Denaro dietro le sbarre – esulta -. Neghiamo ogni giorno il consenso alla mafia, opponiamoci a tutti i comportamenti che, pur non eclatanti, sottendono una cultura mafiosa». 

Dopo di lui il collega parlamentare Tiziano Spada, che denuncia un preoccupante aumento del consumo di droghe tra i giovani, primario canale di finanziamento della criminalità; e il presidente dell’Ordine degli avvocati, Ninni Di Stefano, che riconosce ai presenti il merito di aver scelto di presidiare davanti al Palazzo dove si amministra la giustizia, «dimostrando un importante fiducia in quelle istituzioni che si battono per la nostra vita e la nostra civiltà». Sottolinea, infine, l’attività del proprio Ente il presidente dell’Ersu Salvo Sorbello: «Garantire il diritto allo studio, nelle scuole come nelle università – ricorda – significa dare un sostegno concreto a chi desidera costruirsi un proprio dignitoso futuro, facendo leva sull’istruzione».

Giuseppe Trovato, dell’associazione universitaria Nike, promotore delle “Candele della memoria”, traccia un bilancio della serata: «Il nostro desiderio era evitare al massimo la retorica, facendo risaltare invece la voglia di partecipazione al di là degli steccati politici e ideologici, anche attraverso un gesto simbolico in grado di ‘accendere’ la memoria e la speranza e il richiamo all’arte, alla musica e alla bellezza, come ci ha trasmesso Peppino Impastato: tutti strumenti che ci forniscono armi contro la rassegnazione, la paura e l’omertà».

«La memoria, in questo caso la necessità e il dovere di ricordare i nomi delle vittime, può certamente aiutarci – aggiunge Trovato - a rinnovare l’impegno di un’intera comunità contro la criminalità organizzata, affinché questa battaglia non sia solo l’onere di magistrati, poliziotti o uomini delle istituzioni, ma diventi patrimonio soprattutto di noi giovani, chiamati a dare un forte segnale di cambiamento e rinnovamento per tutta la società». Esattamente come gridano le parole di Dinastia, dedicate al grande magistrato palermitano: «E se ti chiederai chi gliel'ha fatto fare / tu guarda il sole, poi guarda il mare /e se non trovi la risposta che cercavi /guarda gli occhi di tuo figlio e pensa al suo domani».

Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo

Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo

 

Candele della memoria

La manifestazione “Candele della memoria” è stata promossa Consulta degli Studenti dell’Ateneo, con l’adesione delle associazioni Nike, Acli Catania, Actea, Agifar, Aisfa, Alleanza Universitaria, Arcadia, Attivamente, Azione Universitaria, Comunità̀ di Sant’Egidio, Crediamoci, Elsa Unict, Esn, Giovani delle Acli, Hygea, I Briganti, Inmed, Iuris, Koiné, La Finestra, Libertas, Rete degli Studenti Medi Catania, Sanilab, Semu, Sikè, Giovani Democratici di Catania, Università̀ Popolare, We Love Unict, Sos Unict, Orizzonte Italia Leo Club Catania Gioeni, Rotaract Zona Etna e il Presidio Universitario di Libera “Dario Capolicchio”. Hanno inoltre concesso il loro patrocinio anche Università di Catania, Ersu e Cus Catania.