ChatGpt e il futuro dei giornalisti

«L'IA non è destinata a sostituire l'uomo nel mondo del lavoro, sarà sempre più indispensabile, ma per affiancare le attività tipiche dell’essere umano» ha detto Derrick De Kerckhove

Alice Magnano

Cos’è ChatGpt? Cosa succede al giornalismo quando incorre all’opinione pubblica? Come cambia la professione giornalistica? 

Sono solo alcuni degli interrogativi che sono stati posti a Derrick De Kerckhove, sociologo e direttore scientifico Media 2000, che è intervento, nell’aula magna del Palazzo centrale, nel corso dell’incontro dal titolo Chi ha paura di ChatGpt? Fare informazione nell’era dell’IA nell’ambito della quinta edizione del workshop internazionale “Il giornalismo che verrà” su iniziativa di Sicilian Post.

A dialogare con Derrick De Kerckhove, che ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell’Università di Toronto, Maria Pia Rossignaud (direttrice Media 2000 e vicepresidente OTM, fra i 25 esperti di digitale scelti dalla Rappresentanza Italiana della Commissione Europea) e Guido Nicolosi (docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all'Università di Catania e membro di diversi gruppi di ricerca nazionali e internazionali).

«I mezzi di comunicazione di massa sono definibili in realtà come delle psico-tecnologie» ha spiegato De Kerckhove, che ha compiuto diversi studi e ricerche sulla capacità dei media di influenzare la realtà percettiva umana. 

ChatGpt è una chatbot basata sull’intelligenza artificiale specializzata nella conversazione con un utente incentrata su una tecnica di auto-apprendimento non supervisionato. Ma, a differenza di quanto avviene con i comuni motori di ricerca, la risposta viene fornita dalla stessa applicazione e non consiste quindi in un elenco di link a siti esterni. 

Ma quanto è attendibile? E soprattutto, quanto può essere invasiva nella vita dell’uomo? Stiamo andando verso la macchinizzazione dell’uomo o verso l’umanizzazione della macchina? 

«L'IA non è destinata a sostituire completamente l'uomo nel mondo del lavoro, sarà sempre più indispensabile, ma per coadiuvare e affiancare le attività tipiche dell’essere umano» ha tenuto a precisare il sociologo e direttore scientifico Media 2000. 

Da sinistra Guido Nicolosi, Maria Pia Rossignaud e Derrick De Kerckhove

Da sinistra Guido Nicolosi, Maria Pia Rossignaud e Derrick De Kerckhove

«A differenza di quanto viene riportato da molta stampa - ha spiegato Derrick De Kerckhove - non credo affatto l’IA rappresenti per l’umanità un pericolo esistenziale paragonabile al cambiamento climatico o agli ordigni nucleari. Quella a cui stiamo assistendo è piuttosto una vera e propria crisi epistemologica. Fino ad oggi, abbiamo potuto contare sul linguaggio umano come “sistema operativo” attraverso cui produrre un senso che fosse ancorato ad un referente della realtà». 

«Un aggancio che costituisce il nucleo del giornalismo – ha precisato il sociologo -. L’intelligenza artificiale ha in qualche modo hackerato questo sistema operativo, conducendoci ad una deriva per cui produciamo significati senza passare dalla ricerca del senso. Dobbiamo cominciare a pensare ad un’umanità che sia collaborativa con questi sistemi e che sappia sviluppare un’intelligenza non più individuale, ma collettiva e connettiva. E quest’ultima è sempre più forte. Io non credo che l’intelligenza artificiale possa superare l’uomo, ma può fare male. Il rischio è che la tecnologia possa influenzare l’uomo».

«ChatGpt lo abbiamo creato noi e lo stiamo alimentando quotidianamente, adesso ha trilioni di dati nostri, non a caso OpenAi è libero e aperto a tutti. A loro interessano i nostri dati – ha spiegato Derrick De Kerckhove -. Purtroppo ci sono giovani che non sanno distinguere ciò che è stato creato dall’uomo da quello della macchina. Occorrono delle regole».

«Melvin Kranzber, uno storico statunitense, coniò le leggi sulla tecnologia: la prima di esse dice che non è né buona, né cattiva; non è neanche neutrale – ha evidenziato l’ospite -. Ogni tecnologia ha un suo ruolo, ma soprattutto dei codici a cui l’uomo deve attenersi.

Sulla stessa linea anche Maria Pia Rossignaud: «La macchina non sarà mai in grado di fare ciò che fa l’uomo. Alla fine dell’Ottocento sono state create l’aspirina e l’eroina: la prima continua ad essere utilizzata ancora oggi per scopi terapeutici, per la seconda la storia ci insegna cosa è successo. Dunque, è l’uomo che decide di prendere una strada piuttosto che un’altra».

Un momento dell'intervento di Derrick De Kerckhove

Un momento dell'intervento di Derrick De Kerckhove

E il futuro del giornalismo?

«Il giornalismo è un sistema fondato su referenti – ha spiegato Derrick De Kerckhove -. Il giornalismo racconta, è in grado di rendere visibile l’invisibile. Il linguaggio del giornalismo è un linguaggio dichiarativo, fra dichiarazione e realtà. I giornalisti possono utilizzare in maniera molto utile l’intelligenza artificiale per creare una base informativa su cui lavorare, ma l’IA generativa è ovunque, non solo nel giornalismo, per cui il giornalista lavora più sulla qualità che sulla quantità, il loro obiettivo è quello di dire la verità». 

D’altro canto, come ha tenuto a precisare Maria Pia Rossignaud, non può esistere un giornalismo che non faccia leva sull’aspetto umano.

«Non possiamo demonizzare le trasformazioni – ha precisato -. Dobbiamo, piuttosto, analizzarle e interpretarle. Per questo i giornalisti devono tornare a fare affidamento sulle loro qualità, ovvero osservare la realtà e darle un contesto, cosa che una macchina non può e non potrà mai fare. In questo senso, io non ho paura di ChatGPT: perché soltanto il giornalista può rendere qualcosa di altrimenti invisibile, come le emozioni umane, visibile».