Comunicare l’urgenza climatica

Un laboratorio sul documentario etnografico organizzato dal Dottorato di ricerca del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali in collaborazione con Parsifal Reparato e Antropica

Alfio Russo
Un momento delle riprese
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Fenomeni come l’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera, la perdita di biodiversità, la desertificazione costringono tutti noi a interrogarci su problemi di portata epocale. Soprattutto ci spingono, volenti o nolenti, a fare i conti con la questione della vivibilità nei nostri ambienti di vita, non solo quelli a noi più vicini, ma anche territori distanti, in diversi contesti del mondo, territori dove gli effetti del surriscaldamento globale sono drammaticamente visibili. Ma come è possibile comunicare al grande pubblico la portata dei cambiamenti climatici? Come è possibile farlo non da fisici, geologi, biologi o paleontologi, ma nel ruolo di ricercatori sociali?

La domanda è stata sollevata nell’ambito di un laboratorio sul videomaking etnografico organizzato nei mesi scorsi presso l’Università di Catania e a darci una risposta è la prof.ssa Mara Benadusi, docente di antropologia nel Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Catania, che ha organizzato il ciclo seminariale.

«Per raggiungere questo obiettivo ci siamo rivolti a Parsifal Reparato, un videomaker molto talentuoso, con una caratura internazionale importante, che deriva dal suo primo documentario etnografico, Nimble fingers: la storia di una giovane operaia sfruttata nell’industria hi-tech di Hanoi, in Vietnam», spiega la professoressa.

Un momento delle riprese

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«Il mio scopo era di consentire ai dottorandi e alle dottorande in Scienze politiche del nostro dipartimento di famigliarizzare con il documentario etnografico. Non parlare di epistemologia visuale in senso lato, ma sperimentare concretamente opportunità e limiti dell’arte filmica partendo dal campo, ovvero partendo dal vivo delle relazioni che, come antropologi, sociologi, geografi, intratteniamo con i contesti in cui facciamo ricerca, con le persone che li abitano e con le sfide che li attraversano. Ero affascinata dall’idea che i dottorandi esplorassero le tecniche del film making per restituire in maniera più densa e diretta sia il significato locale che le implicazioni globali delle complesse problematiche socio-ambientali ed ecologiche che riguardano i loro terreni di studio».

Con questo spirito un gruppo di giovani ricercatrici e ricercatori iscritti al dottorato in Scienze politiche ha partecipato a un laboratorio intensivo tenuto dal filmaker e produttore di cinema documentario Parsifal Reparato. Parsifal è anche direttore di Antropica, una società di produzione cinematografica indipendente con sede a Roma che realizza training professionali indirizzati a chi vuole muovere i primi passi nell’audiovisivo con una forte propensione alla ricerca.

Un momento delle riprese

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A mettersi alla prova, fotocamera in spalla, una troupe ben affiatata di sei dottorande e dottorandi giunti da vari contesti nazionali e paesi del mondo per svolgere il loro PhD a Catania: Luisa Mohr, Avishka Sendanayake, Suranga Lakmal, Daman Singh, Domenico Pappalardo e Marta Basile. Il laboratorio è stato finanziato con i fondi del programma Marie Curie Doctoral Network promosso dalla Commissione Europea. 

La prof.ssa Benadusi è infatti co-responsabile scientifico del progetto C-URGE: The Anthropology of Global Climate Urgency, che ha preso avvio nel 2023 dando vita a un consorzio dottorale a cui, oltre all’ateneo di Catania, aderiscono anche l’Università Cattolica di Leuven in Belgio, l’Università di Uppsala in Svezia e l’Università Martin-Luther di Halle-Wittenberg in Germania.

«Nel corso di 24 ore di laboratorio, le dottorande e i dottorandi si sono cimentati con lo studio della luce, con i metodi dello storytelling cinematografico, con l’intervista antropologica. Insomma, partendo dalla costruzione del soggetto filmico, hanno fatto propri, un poco alla volta, i rudimenti delle tecniche sonore, visive e di inchiesta in uso nella cinematografia di taglio etnografico», commenta Mara Benadusi.

«Non è tutto – aggiunge -. Il laboratorio prevedeva due giornate interamente dedicate alle riprese in esterno. La Valle del Simeto, e in particolare i comuni di Biancavilla e Paternò, sono stati il setting in cui il gruppo si è messo alla prova. In questo contesto il nostro dipartimento sta esplorando gli effetti dell’attuale crisi idrica su agricoltori e pastori locali, quanti insomma vivono a stretto contatto con un fiume che, negli anni, ha visto drasticamente ridurre la sua portata idrica».

Un momento delle riprese

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«Durante le riprese, abbiamo provato a raccontare la storia delle trasformazioni socio-ambientali ed economiche che hanno caratterizzato quest’area nel passato ma soprattutto le sfide attuali, oggi che gli agricoltori del Simeto sono vessati dal problema della scarsità d’acqua e con rammarico, a volte disperazione, si vedono costretti a cedere i loro terreni a multinazionali e soggetti esterni portatori di grossi capitali – ha spiegato la docente -. Come in altre zone della Sicilia, anche in quest’area si sta assistendo a un copioso investimento privato nel settore energetico e soprattutto agro-voltaico».

«Gli effetti sono già visibili nelle nuove conformazioni del paesaggio: una distesa di panelli solari che cresce al posto delle spighe. Così, nelle due giornate di girato abbiamo dato voce ai percorsi dell’acqua, alla sua articolata vita sociale ed ecologica, seguendone le tracce in un territorio che va incontro a una rapida desertificazione. Ma abbiamo provato anche a rendere visibile lo svuotamento esistenziale e identitario di chi dalla terra e dal fiume ha tratto finora le sue risorse», ha precisato la prof.ssa Benadusi.

Un momento delle riprese

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«I protagonisti del film sono stati, infatti, soprattutto gli agricoltori locali che oggi si sentono costretti a cedere il passo all’industria energetica, persone legate alla terra che davanti alla telecamera hanno voltato il palmo delle mani solcato dal lavoro nei campi verso l’alto, quasi in cerca di un’ultima salvazione», continua la prof.ssa Benadusi.

«Fantasmi o morti viventi, per usare le loro stesse parole, gli agricoltori con cui abbiamo fatto le riprese sono testimoni quasi esangui di un sistema produttivo, quello legato al grano e alle arance, che non può essere sostenibile in assenza d’acqua. L’unica alternativa per molti di loro è disporsi con rassegnazione all’usufrutto che deriva dalla cessione delle terre ai parchi energetici, dove – al posto di agrumi e frumento - dovrebbero crescere distese di erbe aromatiche, messe a coltura in cambio di kilowatt di energia elettrica da immettere nel mercato», ha aggiunto.

Dalle parole della professoressa Benadusi capiamo che l’equipe di ricerca del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania, per il momento, è tornata a casa con competenze nuove e alcune ore di interessante girato, ma l’idea è quella di dare ai giovani dottorandi e dottorande l’ispirazione e lo stimolo pratico per tradurre quanto hanno sperimentato nei propri campi di ricerca.

Un momento delle riprese

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Ciascuno di loro, infatti, ha davanti almeno nove mesi per esplorare la questione dell’urgenza climatica e della perdita di biodiversità in diversi contesti, in Sicilia e fuori dalla Sicilia. Se i semi di questa esperienza di formazione attecchiranno, potranno tradursi in progettualità cinematografiche con una ampia valenza pubblica, capaci di far riflettere un'audience molto più ampio di quello raggiungibile con un articolo accademico o una monografia.

«Come ha mostrato Parsifal Reparato nel corso del laboratorio, il documentario etnografico, quale risorsa per una scienza sociale pubblica, ha speranza di fiorire soprattutto quando si entra nel vivo della sfera quotidiana, nella vita comune di persone in carne e ossa, con le loro paure, i loro problemi, le loro aspirazioni. Aspirazioni e problemi che spesso assurgono, lo abbiamo toccato con mano nella Valle del Simeto, a problematiche di carattere collettivo e di portata globale - conclude Mara Benadusi -. Sta adesso ai dottorandi far crescere i semi di questa esperienza. Sono fiduciosa».

Il team

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