Conoscere il mondo islamico attraverso i fumetti della visual storyteller Lena Merhej

Il seminario racconta il ruolo della produzione fumettistica nel racconto della crisi attraverso l’artista visuale Lena Merhej

Giovanna Santaera

Pensare che i fumetti possano essere uno strumento di espressione sociale e di rivoluzione culturale, talvolta anche problematici, può sembrare distante dall’immaginario comune sul mezzo, visto storicamente per lo più come forma di racconto per ragazzi e di evasione fantastica. Eppure le reazioni violente alle vignette satiriche di Charlie Hebdo, il lavoro di fumettisti italiani come Zerocalcare su guerre e conflitti nel vicino oriente e l’uso di fumettisti all’interno di quotidiani e programmi come Propaganda Live con Maccox ne hanno manifestato la capacità di presa creativa e pubblica.

Anche nel vicino Medioriente, e in particolare in Libano, la storia del medium (che mette insieme vari linguaggi quali quello visivo, verbale e grafico) ha avuto uno spostamento simile. Dai primi fumetti degli anni Venti come al-Awlād, che in arabo significa proprio ‘ragazzi’, negli anni Sessanta-Ottanta è diventato un prodotto anche per adulti. Ma, a partire soprattutto ancora dai più giovani, è stato nel mondo orientale anche strumento di propaganda politica nei vari Paesi e verso l’estero (il libico Gheddafi, l’egiziano Nasser e l’iracheno Hussein). 

Lena Merhej (credit: comune-info.net)

Lena Merhej (credit: comune-info.net)

Il movimento dal basso e collettivo di artisti però ha permesso al mezzo di ampliare la propria considerazione non solo ‘letteraria’ ma di diffondersi come punto di riferimento narrativo e comunicativo in occasioni di crisi, conflitti e censure di ogni genere. Citiamo qui soprattutto due esempi: il fumetto Handala (1975-1987) con il suo celebre bambino di spalle in segno di protesta fino alla fine dell’occupazione israeliana dell’artista Naji al-Ali, assassinato in Inghilterra nel 1987; e, Metro del 2008 di Magdy El Shafee, prima graphic novel nel mondo arabo che ha raccontato temi scottanti dell’Egitto di carattere politico, economico e sociale.

A ‘illustrare’ visivamente questa storia è stata Ilenia Nicitra (ex docente a contratto del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania, ora ricercatrice di Lingua e letteratura Araba presso l’Università per Stranieri “Dante Alighieri di Reggio Calabria”) all’interno di uno degli appuntamenti del ciclo annuale di seminari interdipartimentali Unict Conoscere il mondo islamico incentrato sul tema della narrazione delle crisi e gli sguardi sui paesi arabi. L’incontro con la studiosa è stato accompagnato dalla prof.ssa Mirella Cassarino (docente di Lingua e letteratura Araba del Dipartimento di Scienze umanistiche dell'Università di Catania), una delle organizzatrici del progetto curato insieme con le colleghe dello stesso dipartimento, Cristina La Rosa (Lingua e letteratura araba) e Laura Bottini (Storia dei Paesi islamici).

conoscere il mondo islamico

Un momento dell'incontro nell'aula magna del Monastero dei Benedettini

Il focus dell’incontro, che ha recuperato la storia del fumetto arabo dagli anni Ottanta a oggi, si è concentrato sulla poliedrica artista visuale Lena Merhej: illustratrice, comic artist e graphic novelist ma anche docente in diverse università a Beirut, impegnata nella promozione e diffusione della conoscenza del fumetto e dell’animazione nei Paesi arabi. È tra i fondatori infatti del collettivo Samandal, associazione no-profit che dal 2007 mette in rete e supporta giovani artisti (attraverso laboratori, festival e anche sul web), in cui segue personalmente insieme agli altri i lavori dalla produzione alla stampa.

La scelta di Lena Merhej, quindi, da parte delle curatrici del ciclo di seminari e della ricercatrice ospite ha avuto un ‘significato letterale e metaforico’ verso una «comunicazione più ampia» rispetto all’intera storia del fumetto in sé (tema di base) e alla sua stessa funzione nel tempo. La presentazione si è aperta per questo, infatti, con la visione di due estratti dal film documentario Fumettiste arabe – vento di rivolta (al femminile) (Lizzie Treu, 2021) in cui, penna digitale alla mano e capo chino davanti a uno schermo, Lena Merhej fa da cornice all’inizio e alla fine alle voci e ai pensieri di diverse artiste che come in altri Paesi affrontano una doppia sfida: per essere visibili e per la libertà attraverso il fumetto.

fumetto

Le immagini e le parole di Lena Merhej da un lato, con la città di Beirut distrutta dopo la rivoluzione del 2019 e l’esplosione nell’area del porto del 2020, e il racconto della riappropriazione di momenti di conflitti e crisi attraverso le sue vignette, mostrate e raccontate da Ilenia Licitra, hanno restituito al pubblico la capacità di sentire in che modo «nonostante tutto la gente continui a sperare», come ricordato dalla commossa artista libanese camminando di fronte alle rovine e a un murales enorme con la scritta HOPE

Lena Merhej, non a caso, è stata autrice di fumetti come Drawing the War (2002) realizzato all’indomani del conflitto di inizio millennio che ha investito il Paese, recuperando però attraverso le sue vignette le ferite urbane e umane della guerra nell’area dal 1977. Il fumetto diventa così, secondo la visual storyteller sostenuta nella sua crescita dalla famiglia libano-tedesca, un modo per veicolare il tentativo di ricerca di una «logica» dentro il «caos»

Da un lato quindi, come ha affermato Ilenia Licitra durante il racconto di alcuni fatti di censura e processi per una pubblicazione di Samandal (fra cui una vignetta satirica di Lena Merhej rispetto a presunti riferimenti oltraggiosi di natura religiosa), il fumetto ha portato storicamente a una aggregazione di ‘forze’, anche vessatorie sul piano politico. Dall’altro, come ricordava l’artista in un frammento del documentario visto in aula, certi fatti violenti fanno «esplodere la voglia di parlare, di esprimersi»

A tal proposito Ilenia Licitra ha spiegato, per esempio, l’idea dell’artista libanese di realizzare un insieme di fumetti come una sorta di abbecedario sulla rivoluzione del 2019 in cui ha combinato a ogni lettera dell’alfabeto una rielaborazione grafica delle immagini provenienti dalla TV, da fotografi o dal web: come per la lettera Tha, per Thawra (che in arabo corrisponde alla ‘R’ di Rivoluzione) ripresa attraverso l’icona di una bambina che sventolava la bandiera del Paese nelle strade e tra la folla, ricordando così anche il ruolo di tutte le altre donne presenti.

Come sottolineato dalla ricercatrice, allora, il fumetto può assumere una funzione ‘sostitutiva’, trovando nella creatività e nell’immaginazione un modo non per aderire perfettamente alla realtà ma crearne una di ‘canalizzazione’. Attraverso, infatti, la risposta alla censura nel metafumetto What happened (2015) di Lena Merhej e le risposte alle domande del pubblico sui cambiamenti dello stile dell’artista, Ilenia Licitra ha mostrato come questa ha tradotto fumettisticamente una spiegazione sul 'senso letterale e metaforico' di tutto il linguaggio, amplificato soprattutto dall’uso di immagini e parole come nel fumetto, uno strumento tanto autobiografico quanto collettivo rispetto alle narrazioni della 'crisi' grazie alle possibilità di una comunicazione alternativa, come sottolineato in conclusione dalla prof.ssa Cassarino. 

Per questo l'invito finale di Ilenia Licitra è stato quello del recupero della fruizione di tali produzioni da parte dei lettori per dare anche un ulteriore ‘sguardo’, attraverso per esempio le opere più recenti di Lena Merhej legate a temi forti come le questioni di genere e sessuali nella storia, che spiegano perchè il fumetto è un ‘mezzo’ per «entrare nelle pieghe dell’essere umano».