Contro molestie e discriminazioni

L’avvocata Maria Concetta Tringali racconta il ruolo della Consigliera di Fiducia, un supporto giuridico ed umano per una comunità accademica più sicura

Ilenia Bruno e Giulia Samira Timofte

Nel cuore della comunità universitaria, la figura della Consigliera di fiducia rappresenta un punto di riferimento fondamentale per chi vive situazioni di disagio, discriminazione o violenza. Prevista dal Codice etico dell’Ateneo e attiva in sinergia con il Comitato unico di garanzia di Unict, l’avvocata civilista Maria Concetta Tringali opera in piena autonomia per garantire ascolto, consulenza e mediazione, contribuendo alla costruzione di un ambiente accademico più equo, sicuro e inclusivo.

A chi si rivolge principalmente la sua attività o il suo ruolo all'interno dell’ateneo?

«La consigliera di fiducia è un ufficio che è stato voluto da questa amministrazione a dicembre dell'anno scorso. Sono una esperta esterna, non faccio parte dell'università, e la mia attività di consulenza è riferita a delle ipotesi precise: gravi forme di discriminazione, mobbing, molestie morali e sessuali. Possono rivolgersi alla consigliera sia gli studenti e le studentesse che il corpo docente, i ricercatori, i dottorandi, le dottorande, il personale amministrativo e il personale tecnico». 

«Quindi, - aggiunge l’avvocata -  di fatto, sono tutte le componenti della comunità universitaria che, laddove dovessero vivere qualunque tipo di condizione che crei disagio e tolga serenità nell'ambiente di studio e di lavoro, si possono rivolgere alla consigliera di fiducia, che istruisce la segnalazione e cerca di rimuovere per quello che può le cause di questa mancanza di serenità attraverso un'attività che è di consulenza, di ascolto qualificato, di mediazione per risolvere la questione, ovviamente in linea con il codice etico e di comportamento».

Quali sono, a grandi linee, le principali sofferenze o difficoltà riscontrate da parte del personale e degli studenti?

«Sono fattispecie che riguardano quello che vi dicevo prima: situazioni di molestie, quindi comportamenti indesiderati che si subiscono. Altre volte si tratta di condotte che possono integrare il mobbing o gravi forme di discriminazione. Sono tutte quelle situazioni nelle quali non ci si riesce a trovare in un ambiente di lavoro o di studio sereno. Quindi, spesso, i rapporti con i colleghi o fra studenti e docenti possono essere motivo di questo tipo di lamentele e si cerca di risolverle andando a guardare le condotte, i comportamenti, cercando di capire se sono in effetti condotte che violano i comportamenti attesi e come eventualmente risolverli».

In base alla sua esperienza, cosa si dovrebbe fare - a livello istituzionale o umano - per migliorare questa situazione?

«Se parliamo in generale di grandi associazioni, di grandi istituzioni come l'università, dove ci sono molti rapporti umani e professionali tra persone diverse per età, per ruolo, eccetera... quello che si deve fare è favorire un maggiore grado di rispetto dei ruoli, di rispetto anche nei rapporti interpersonali», precisa.

«Se poi parliamo di grandi questioni come, per l'appunto, la violenza di genere, che stasera ci vede qua riuniti in questo secondo incontro con gli studenti, anche lì si deve fare un lavoro di sensibilizzazione di formazione, per conoscere quelli che sono i temi, i fenomeni che ci creano la difficoltà e piano piano, conoscendoli, approntare risposte e soluzioni. Quindi, intanto formarsi, informarsi e sensibilizzare».

Ha a disposizione dei dati o dei numeri che mostrano l’andamento delle richieste o segnalazioni da quando lei si è insediata?

«È stata depositata la relazione del Cug un po' di tempo fa, che dà conto di qual è il grado di soddisfazione, di serenità di chi lavora e di chi studia a UniCt, quindi quella dà proprio una fotografia. Io vi posso dire che col mio ufficio ho lavorato sin da subito come sportello di ascolto qualificato.  Non si tratta di uno sportello psicologico, perché quello è un altro servizio dell'ateneo – sottolinea - la mia è più lettura giuridica della questione, quindi ho ricevuto persone che ritenevano di avere bisogno anche solo di una consulenza. Successivamente, ho collaborato nell'organizzazione di questi momenti di confronto e di approfondimento collettivo».

Per quanto riguarda il ciclo di incontri: da cosa nasce l'idea della loro organizzazione? Ritiene che affrontare determinate tematiche in un contesto accademico, come l’università, contribuisca concretamente a migliorare quello che è il clima educativo e se sì, in che modo?

«Abbiamo deciso nel mese di aprile di dedicare un incontro al mese, raggiungendo studenti e studentesse di diversi dipartimenti, per ragionare insieme sulla violenza di genere».

«L’idea del ciclo di incontri nasce dagli ultimi fatti di femminicidio, quelli di Messina e di Roma. Ci siamo detti, insieme al CUG e al rettore, che forse è il momento di cominciare a portare queste questioni all'attenzione degli studenti e delle studentesse per capire che la violenza si combatte con un diverso modello culturale, superando gli stereotipi, guardando alle relazioni in un altro modo.                 

Quindi abbiamo pensato di dedicare un incontro al mese a queste tematiche. Il mese scorso c’è stato il primo incontro di questo ciclo al Dipartimento di Scienze Umanistiche».

«Cercheremo di raggiungere anche altri dipartimenti, - continua la consigliera di fiducia - affrontando che cos'è la violenza, come si manifesta, prima ancora da dove nasce e poi quali sono gli strumenti di tutela per le vittime, quindi i centri anti violenza che aiutano le donne, che le supportano anche a livello legale, le proteggono, le ricoverano in luoghi a indirizzo segreto se necessario».

«E poi stasera – afferma in chiusura l’avvocata - per esempio, abbiamo affrontato anche l'altro aspetto, abbiamo parlato di che cosa si sta cominciando a fare per recuperare i maltrattanti, se si possono recuperare, per prevenire che una persona che, per esempio, ha difficoltà a gestire le relazioni, a gestire la rabbia, possa compiere dei reati. Quindi prima cercare di capire, di cominciare ad introdurlo ad un percorso di consapevolezza e di responsabilità che miri a modificare i comportamenti di fatto».

L'avvocato Maria Concetta Tringali

L'avvocato Maria Concetta Tringali

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