“Copenaghen”, la storia dei due fisici nucleari Bohr e Heisenberg

Al Teatro Stabile Mascalucia “Mario Re” successo per l’opera teatrale sull’incontro che ha cambiato il modo di leggere il mondo aprendosi alle molteplici possibilità dell’osservazione

Irene Isajia

Domenica 24 marzo. Al Teatro Stabile Mascalucia “Mario Re” va in scena l’ultima delle sette repliche tutte sold out di Copenaghen. Inizia il viaggio. È il 1941, i personaggi della storia sono due fisici nucleari, Werner Heisenberg (interpretato da Andrea Luca), Niels Bohr (Andrea Zappalà) e la moglie di quest’ultimo Margrethe (Rita Re).

Un’amicizia di lunga data che inizia nel lontano 1922 a Gottinga, in Germania, quando Heisenberg era uno degli studenti di Bohr. La materia è complessa, così come lo sono i contesti nei quali studiano e si confrontano; è la Germania del dopo guerra; è la Germania che si prepara alla guerra. Bohr e sua moglie sono ebrei.

Nel 1941 la Danimarca è occupata dai tedeschi. Gli studi di fisica sono usati come strumento di distruzione, si lavora per la bomba nucleare in fase sperimentale. I discorsi si muovono dentro la meccanica quantistica che apre ad infinite possibilità dinanzi alla stessa prospettiva e, allo stesso modo, procede lo sviluppo drammaturgico.

Per lo spettatore non è semplice entrare dentro l’argomento. L’incontro fra i due si apre nel 1941 a Copenaghen, ma procede con continue battute d’arresto, flashback, flashforward. Il regista Nicola Alberto Orofino sceglie di aggiungere a questi aspetti del racconto, ulteriori elementi che aiutano lo spettatore ad attualizzare la storia e a comprenderla meglio.

Un momento dello spettacolo

Un momento dello spettacolo

Da subito, sul palco, i due spazi narrativi di ieri, con la storia dei tre personaggi sopra citati, e quello dell’oggi, attraverso cinque figure femminili in tailleur rappresentanti l’ambito accademico contemporaneo: Alessia Consoli, Anna De Luca, Luisa La Carrubba, Agata Prastani, Christine Righi.

È attraverso quest’ultime che termini specifici e tempi della storia trovano esplicazione, oltre a fare da contraltare ironico ai personaggi stessi. Inoltre, il fondale scenografico presenta una grande lavagna, tipica delle aule universitarie di matematica e fisica.

«La lavagna ricopre due compiti: quello di raccontare, spiegare, puntualizzare ma gestisce anche il patrimonio di ciò che è stato fatto dai fisici e le parole scritte su di essa diventano come una cartolina che rappresenta il lavoro degli scienziati, le scoperte, gli incontri», spiega il regista Nicola Alberto Orofino.

La questione bomba atomica non riguarda solo fatti legati alla storia, al tempo della guerra, a Hiroshima ma è profondamente attuale, ancora possibile e presente nell’oggi e la bomba atomica può ancora esplodere come presenza di un mondo in cui il capitalismo è il motore del potere.

Ed ecco, a conclusione della pièce, l’ingresso di un fattorino di Glovo (Mario Rocca) che guarda la lavagna, inizia a cancellare tutte quelle parole e le trasforma in una nube di gas simile a quella che ci ricorda l’esplosione della bomba ad Hiroshima.

I due fisici in un momento dello spettacolo

I due fisici Werner Heisenberg (Andrea Luca), Niels Bohr (Andrea Zappalà) e la moglie di quest’ultimo Margrethe (Rita Re)

Una importante figura passe-partout è Margrethe, la moglie di Niels Bohr, interpretata da Rita Re, attrice e direttore artistico del Teatro Mario Re.

È una figura femminile di equilibrio; affronta le dinamiche con il dovuto distacco, con la consapevolezza della sua condizione di ebrea – così come del marito – e degli eventuali effetti di deresponsabilità su ciò che stava accadendo in quel momento storico. Conosceva bene gli argomenti di studio del marito, ne era segretaria, editrice, ma era esterna all’ambito di ricerca e il suo sguardo è freddo, distaccato, inquisitorio fino alla fine verso colui, e coloro, che avevano lasciato “usare” lo studio per trasformarlo in arma contro il genere umano.

Margrethe è la voce che grida alla verità e che non smette di porre ancora una volta lo sguardo etico e morale in un contesto di fredda analisi e applicazione dello studio della fisica.

Uno spettacolo che ha contratto i due atti originali in un unico, che tiene tutti col fiato sospeso alla ricerca della risposta a quell’incessante domanda posta ad Heisenberg: “Perché sei venuto qui a Copenaghen nel 1941?”. Nessuno sarà capace di conoscere la risposta vera, ma solo una delle possibili risposte che, ancora, dopo lo spettacolo orbitano tra i discorsi del pubblico.