Cortometraggi sotto la luna

Uno sguardo sulla Sicily Short League, la rassegna estiva di cortometraggi all’interno della programmazione di Via dei Corti – Festival Indipendente di Cinema Breve 

Aurora Spampinato

Una piazza illuminata dalla luna piena, la brezza estiva confortevole, il fascino del cinema breve: così si apre la nona edizione del Sicily International Short League. La rassegna, che si tiene a Pedara, è inserita nella programmazione di Via dei Corti – Festival Indipendente di Cinema Breve

Il concorso Sicily International Short League, insieme con la Rassegna Internazionale di Cinema senza Frontiere – CineMigrare, propone cortometraggi italiani e internazionali che affrontano tematiche sociali di rilievo, alternando generi, linguaggi e stili narrativi.

La prima serata si è aperta con la presentazione di Simona Zagarella e l’intervento di Cirino Cristaldi, direttore artistico del festival, che ha ricordato come la manifestazione sia giunta alla sua nona edizione proponendosi come un appuntamento che valorizza il cinema breve come strumento di riflessione su temi attuali e condivisi.

Il pubblico – unico giudice della competizione – ha assistito alla proiezione dei cortometraggi in concorso, che hanno affrontato questioni come l’eutanasia, il femminicidio, l’inclusione e l’immigrazione.

Un momento della serata

Un momento della serata

"Lo spettacolo della vita" di Marco Ferrara si è aggiudicato il primo posto. Il corto affronta il tema del femminicidio dando voce ad alcune delle tante donne – spesso solo bambine – uccise da uomini violenti: colleghi, fidanzati, padri. Rebecca, una ragazzina di 14 anni; Gresy, la ‘dottora’ di 45 anni; Laura, una bambina di 11 anni: sono tutte vittime di femminicidio accomunate da un’età che è destinata a restare immutabile e da sogni che non avranno mai modo di realizzarsi. Nomi e voci che restano impressi, ma senza cognomi né contesti, come sospesi in una dimensione simbolica. Il film – seppur animato da un intento nobile – rischia di cadere in una retorica già nota, ribadita dalla frase-manifesto: «Possono ucciderci, ma non uccideranno mai i nostri sogni». Rimane una domanda aperta: quando cominceremo a rivolgerci agli uomini che commettono questi atti atroci?  

Con "Carta, forbice o sasso", Miguel Ángel Olivares propone una riflessione intima sull’eutanasia. Mateo, scrittore malato, invita i suoi amici più cari per un fine settimana, chiedendo loro di condividere il ricordo più bello insieme. Alla fine il protagonista sceglierà un vincitore, ma il premio sarà qualcosa che nessuno vorrebbe mai ricevere. Con delicatezza e sensibilità, il regista dimostra come la morte possa essere un atto d’amore se accompagnata, se condivisa. 

Un’opera forte, considerando che la Spagna è uno dei pochi paesi ad aver legalizzato l’eutanasia, mentre molti altri lottano ancora per avere lo stesso diritto. L’autore accompagna con dolcezza lo spettatore in un percorso di accettazione, in cui la morte si trasforma in un gesto d’amore: «Quando non si può curare né prendere cura, resta solo accompagnare».

Un frame del film "Carta, forbice, sasso"

Un frame del film "Carta, forbice, sasso"

Terzo classificato della serata, "Il taglio di Jonas" si è rivelato forse il cortometraggio più originale in termini di narrazione e messa in scena. La regia di Rosario Capozzolo accompagna lo spettatore nel breve viaggio di Jonas, un ragazzo che si reca in un salone di bellezza per tagliare i capelli. Un’azione apparentemente semplice, che in realtà nasconde una tensione silenziosa, un’intimità insolita che inizialmente disorienta. Solo quando Patty, la titolare del salone, procede con il taglio di Jonas prendendosene cura con dolcezza e sensibilità, l’atmosfera si chiarisce: una voglia sul collo del ragazzo le rivela la sua identità

Jonas è suo figlio. E quel gesto diventa simbolicamente il primo e l’ultimo atto di cura di una madre nei confronti del figlio. Il taglio non è solo quello dei capelli: è la lacerazione di un rapporto, di una ferita impossibile da risanare. Lo spettatore assiste in punta di piedi a questo racconto tenero, senza sapere quali siano stati i precedenti tra i due protagonisti, eppure provando un autentico senso di empatia per entrambe le parti.

Un frame del film "Il taglio di Jonas"

Un frame del film "Il taglio di Jonas"

"Piccoli passi", cortometraggio-manifesto della scorsa Milano Beauty Week, lancia un messaggio chiaro: quelli che spesso consideriamo difetti possono in realtà rivelarsi dei tratti distintivi, tracce della nostra forza, dei percorsi che ci rendono umani. Protagonista della storia Ginevra, una studentessa liceale che decide di indossare dei sandali mostrando i piedi segnati da anni di danza classica, pur sapendo di esporsi al giudizio e alla derisione dei compagni. 

Parallelamente seguiamo il percorso di Andrea, lo studente-bullo incapace di relazionarsi e complice degli insulti rivolti a Ginevra. Tra i due la professoressa empatica Anna, che riesce a costruire un ponte tra due mondi apparentemente inconciliabili. Sarà un gesto semplice – uno smalto colorato – a rompere il muro e aprire alla possibilità di comprensione. Con Piccoli passi - al quarto posto per il pubblico - il regista Nicolò Riboni racconta il valore simbolico delle piccole azioni quotidiane, dimostrando l’importanza di accettare le proprie insicurezze e l’esigenza di liberarsi dalle gabbie che spesso tendiamo a costruirci da soli.

Scorrendo la classifica del pubblico, quinto posto per "Dobrina" del regista Hannes Rall e sesto posto per "Anime vive" di Adam Selo.

Un frame del film "Piccoli passi"

Un frame del film "Piccoli passi"

Nota finale per uno dei due cortometraggi finalisti nella sezione CineMigrare. "Distress Call" di Michele D'Anca accende i riflettori su una realtà poco rappresentata ma drammaticamente attuale: quella dei volontari nelle Ong che prestano soccorso durante le traversate nel Mediterraneo. Protagonisti due volontari di Alarm Phone – ispirati agli attivisti di Watch The Med Alarm Phone – che ricevono una chiamata d’emergenza da un migrante su un gommone con a bordo oltre cento persone. 

Nonostante l’angoscia della situazione i due protagonisti gestiscono al meglio l’operazione, cercando di rassicurare, guidare, coordinare i soccorsi. Tuttavia, questo supporto non basta, perché i soccorsi sono troppo lontani e le condizioni del gommone in mare critiche. I due assisteranno impotenti al naufragio. Michele D’Anca – regista e attore protagonista del film – valorizza il lavoro dei volontari testimoni di momenti estremamente drammatici, denunciando allo stesso tempo la mancanza di mezzi concreti per la gestione di una crisi umanitaria estrema. Un corto necessario e carico di tensione.

Per la sezione CineMigrare è stato presentato anche "A Good Day Will Come" del regista iraniano Amir Zargara.

Un frame del film "Distress Call"

Un frame del film "Distress Call"

Back to top