Dalla ricerca all’unicorno. Le strategie di fundraising

I segreti delle startup “svelati” da Matteo Pisani, director and investor di Plug and Play ventures per Roma e Sud Italia

Alfio Russo

«Investire nella ricerca, nella innovazione e soprattutto nelle startup. In particolar modo nei tre elementi principali che stanno alla base delle startup: capitale, risorse umane e cultura». A dirlo è Matteo Pisani, director and investor di Plug and Play ventures per Roma e Sud Italia, ospite nei giorni scorsi dell’Università di Catania in occasione dell’incontro “UNict Pnrr RTDay”, la giornata dedicata ai 120 nuovi ricercatori a tempo determinato assunti grazie ai fondi del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza. 

«La ricetta sta proprio nell’investire costantemente nella ricerca così come hanno fatto gli Stati Uniti 50 anni fa, immediatamente dopo il secondo conflitto mondiale, per arrivare alla Silicon Valley» ha aggiunto Matteo Pisani che, nel corso del suo intervento, ha illustrato Plug and Play ventures, il più grande acceleratore di startup al mondo che da qualche anno investe in Italia. 

Una piattaforma globale di innovazione nata in Silicon Valley che a breve aprirà una propria sede a Catania per importare in Sicilia il modello di open innovation finalizzato a far incontrare le big company con le più promettenti startup internazionali. 

Nel “curriculum” di Plug and Play ventures, che vanta sedi in tutti i Continenti, spiccano alcuni dati: oltre 2500 startup accelerate ogni anno, 1600 startup in portfolio finanziate che nel tempo hanno raccolto 12 miliardi di dollari di finanziamenti aggiuntivi, e anche 30 unicorni, ed una piattaforma digitale con 60mila startup.

«A Catania investiremo nel settore delle infrastrutture sostenibili e dell’innovazione tecnologica visto che sul territorio insistono realtà “internazionali” come StMicroelectronics e Enel Green Power» ha aggiunto l’esperto di startup evidenziando il ruolo che le università rivestono oggi in questo contesto alla presenza del rettore Francesco Priolo e di Salvatore Baglio, delegato alla Ricerca d’ateneo (vai ai loro interventi). 

I giovani ricercatori insieme con il rettore Francesco Priolo e con il delegato alla Ricerca Salvo Baglio

I giovani ricercatori insieme con il rettore Francesco Priolo e con il delegato alla Ricerca Salvo Baglio

«Se pensiamo a quello che hanno fatto negli Stati Uniti cinquant’anni fa vi invito a riflettere come il governo americano, nel Dopoguerra, investì costantemente nella ricerca e in particolar modo nei settori della difesa, della tecnologia e dell’ingegneria aerospaziale per diventare la prima potenza al mondo nella gara contro l’allora Urss. Una sfida che si giocava su diversi settori, tra questi la conquista dello spazio» ha detto Matteo Pisani ai numerosi ricercatori presenti nell’aula magna del Palazzo centrale dell’ateneo.

«Se badate bene c’è una similitudine tra le azioni che gli Stati Uniti hanno avviato 50 anni fa e quelle che sta compiendo l’Italia oggi – ha aggiunto -. Hanno riversato fondi del governo, nel nostro caso del Pnrr, nelle università per creare innovazione e ricerca. Nel nostro caso stiamo investendo anche nelle infrastrutture, non soltanto quelle tecnologiche. Il motivo? Semplice. Gli Stati Uniti, assumendosi il rischio economico, hanno messo insieme i più grandi ricercatori delle loro università per creare la Silicon Valley, hanno creato quell’ecosistema che ancora oggi in Italia non esiste e a cui aspiriamo coi fondi del Pnrr».

E per chiarire i risultati della scelta “vincente”, il director and investor di Plug and Play ha ricordato ai presenti «i primi spinoff universitari della storia: Google, Netscape, Fairchild, la produttrice di transistor da cui nacque Intel, Hp e Adobe». «I fondatori erano tutti ricercatori universitari, era ed è fondamentale mettere in rete la ricerca degli atenei – ha aggiunto -. È assodato che le startup di successo nascono nelle università perché i ricercatori hanno tutto l’interesse a portare fuori dai confini del proprio ateneo le loro innovazioni, le loro idee. E da lì si arriva poi alle grandi aziende del mondo».

Matteo Pisani

Un momento dell'intervento di Matteo Pisani

Dalle startup all’unicorno 

«Le startup necessitano di due figure chiave: il technical founder e il business founder – ha spiegato Matteo Pisani -. Il primo porta l’esperienza e le conoscenze tecniche oltre alla gestione del team. Il secondo mette a disposizione l’ambizione, la visione del business e del networking. Vuole arrivare al successo. Solo lavorando insieme le due figure possono affrontare le sfide del marketing e del rischio imprenditoriale, della concorrenza del mercato e la gestione del rapporto col cliente».

Ma la startup per diventare azienda di successo, all’ambito unicorno, deve avere anche altri requisiti.

«Occorre un’idea vincente, semplice e chiara che possa ottenere il finanziamento da chi è disponibile a investire perché è chiaro che chi investe pensa ad ottenere 100 volte tanto il fondo investito per finanziare altre idee – ha detto Matteo Pisani -. Per cui occorre essere molto ambiziosi, affamati di successo, avere un’idea non replicabile e soprattutto considerare il fatto che all’inizio il guadagno possa essere pari a zero. E soprattutto occorre avere una visione internazionale del mercato, e non puntare ad una fetta piccola come potrebbe essere solo quella nazionale, per consentire una maggiore scalabilità della propria azienda». 

«Dovete considerare che il 90% delle startup muore subito, nella cosiddetta Seed-Stage, ovvero prima della fase iniziale. Non tutte le startup crescono nel tempo e quelle che arrivano a conquistare l’unicorno sono veramente poche» ha aggiunto.

Il successo delle startup

Il percorso delle startup illustrato da Matteo Pisani

L’unicorno e l’ecosistema startup

L’unicorno, nel mondo economico, è una startup privata che raggiunge un valore di oltre 1 miliardo di dollari. Non a caso, proprio per rappresentare la rarità statistica, la venture capitalist statunitense Aileen Lee coniò il termine nel 2013 scegliendo l'animale mitico per descrivere queste imprese di successo.

«Tra le imprese che hanno conquistato l’unicorno pensate a Google o a Dropbox che erano startup e ormai sono colossi – ha spiegato Matteo Pisani -. Nel mondo ci sono oltre 1200 unicorni e gli Stati Uniti, ovviamente, vantano il maggior numero di unicorni attivi rispetto a qualsiasi altro paese».

Stando alle rilevazioni del 2022 negli States ben 662 startup hanno conquistato l’unicorno (il 54% del totale), a seguire la Cina con 212, l’India con 68, il Regno Unito con 37 e la Germania con 25. Dunque anche in Europa cominciano a “comparire” i primi unicorni.

«Ma l’Italia è decisamente indietro, ne conta appena due» ha tenuto a sottolineare Matteo Pisani evidenziandone le cause che stanno a monte, ovvero «la bassa ricezione dell’ecosistema italiano rispetto alla più famosa Silicon Valley o, guardando più vicino a noi, alla Francia o alla Germania». 

«In Francia e in Germania vi è una maggiore facilità di accesso ai capitali che consente alle giovani realtà di attrarre i migliori talenti, mentre in Italia investiamo pochissimo a confronto» ha detto in chiusura di intervento.

Il portfolio di Plug and Play

Il portfolio di Plug and Play