Daniel Pennac e la libertà di leggere

A Taobuk l’autore francese ha presentato l’ultimo libro della saga Malaussène e ha parlato della sua idea di libertà

Rita Re

Daniel Pennac, romanziere eclettico, autore di testi teatrali e di monologhi, sceneggiatore di fumetti e creatore del personaggio Benjamin Malaussène e della sua tribù, è stato tra i protagonisti di Taobuk

Ospite per la prima volta al Taormina Book Festival, l’autore, che da anni porta in scena gli adattamenti teatrali dei suoi spettacoli, in Piazza IX Aprile, ha incantato il pubblico con i suoi racconti, la sua innata capacità attoriale e una coinvolgente ironia. 

Come tutti i protagonisti di questa edizione del festival, anche Pennac ha spiegato cosa sia per lui la libertà

Già in un’intervista per le strade di Taormina, «essere uomo libero – aveva dichiarato – significa, per me, esprimere solidarietà verso chi sta perdendo la libertà». «Devo dire che come scrittore io tengo moltissimo alla mia libertà personale e fino al mio ultimo respiro voglio continuare a scrivere dove, come e quando voglio - aggiunge -. In molte delle nostre società queste libertà non ci sono o stanno sparendo, come in Iran. Io parlerò di certo della libertà in futuro, in Iran, in Russia, in Turchia, in Israele e in molti altri luoghi al mondo». 

Daniel Pennac

Daniel Pennac a Taobuk 

L’autore ha affrontato altri aspetti legati al tema del festival in occasione dell’incontro in Piazza IX Aprile, durante il quale si è soffermato sulla nascita dei diritti del lettore, tra cui anche la libertà di non leggere.

«Io leggevo ad alta voce ai miei studenti – ha raccontato – e dopo aver terminato la lettura dicevo: chi lo vuole questo libro? Circolavano così una trentina di libri a fine anno. Questo era un modo per condividere il sapere, perché noi non deteniamo il nostro sapere e abbiamo il diritto e pure il dovere di far sì che si diffonda, così come gli altri hanno il diritto di non leggere, se leggere li annoia. La lettura deve essere un piacere». 

Quello di Pennac è uno stile che rende unici i suoi testi. Nel ciclo di Malaussène in particolare, l’autore crea dei prodigiosi giochi con la lingua francese. Riguardo alla scrittura per bambini, per altro, lo scrittore ha confessato: «Da bimbo io avevo una voglia infinita di favole e allora mi sono messo a leggerle da me, e ho iniziato anche a esprimermi con il linguaggio delle favole. Ricordo che quando tornavo da scuola raccontavo ai miei genitori storie di fantasia, ma siccome non volevano ascoltarle ho cominciato a scriverle e a dedicarmi alla letteratura di genere». 

Un momento della serata in Piazza IX Aprile

Daniel Pennac in un momento della serata in Piazza IX Aprile

In relazione alle sue ascendenze letterarie, lo scrittore ha fatto riferimento anche a molti autori italiani, come pure al suo rifiuto, tipico degli adolescenti, nei confronti degli scrittori che facevano parte dei programmi scolastici.

«Leggevo però Dostoevskij e Tolstoj – ha affermato poi lo scrittore passando alle produzioni italiane –. Ho letto tutto Erri De Luca, tutto Stefano Benni, Antonio Moresco. E poi ho apprezzato un giovane scrittore libraio che si chiama Alessandro Barbaglia e ha scritto un libro su Bobby Fischer, La mossa del matto, che è un piccolo capolavoro. Devo davvero tanto alla letteratura italiana contemporanea. Ho letto certo anche Pirandello, perché tenevo moltissimo a comprendere cosa fosse l’identità del narratore all’interno dei romanzi, e Calvino e Sciascia». 

Al festival lo scrittore ha presentato il suo ultimo libro, Capolinea Malaussène, che sancisce la conclusione della saga iniziata nel 1991. La tribù dei Malaussène non risente del tempo che passa, del mondo che cambia. 

«Quando ho scritto il primo libro della serie – ha dichiarato l’autore durante un’intervista – la gente non andava in giro con il telefonino in tasca, sembrava surrealistico anche solo pensarlo. L’estate era estate e non iniziava all’inizio della primavera, e d’inverno nevicava, non sembrava un inizio di primavera. C’era un conflitto tra est e ovest; un conflitto che sembrava terminato dopo la caduta del muro e, invece, la Russia si getta adesso contro l’Ucraina per una competizione incomprensibile. È cambiato tutto nel mondo ma la tribù di Malaussène no, non è cambiata, è ancora fondata sull’amicizia e sull’amore».