Darfur, una guerra senza fine tra violenze e urgencies

Nell’aula seminari del Palazzo Pedagaggi è intervenuta la prof.ssa Andrea Behrends dell’Institute of Anthropology dell’Universität Leipzig

Massimiliano Giosuè Galizia

Un viaggio fatto di testimonianze di tensioni e conflitti, violenze e tragedie nelle borderlands del Sudan dell’ovest, nella zona di confine tra il Darfur e il Chad. Un viaggio raccontato in un libro - Lifeworlds in Crisis: Making Refugees in the Chad-Sudan Borderlands (African Arguments) – dalla prof.ssa Andrea Behrends dell’Institute of Anthropology dell’Universität Leipzig ospite, nei giorni scorsi, del Dipartimento di Scienze politiche e sociali nell’ambito del ciclo di seminari formativi promosso dal dottorato Marie Curie C-URGE The Anthropology of Global Climate Urgency organizzato dalla prof.ssa Mara Benadusi.

Prendendo spunto dal libro, l’antropologa ha tenuto un seminario – dal titolo Lifeworlds in crisis. How climate and war interrelate in the Chad–Sudan borderlands – nell’aula seminari di Palazzo Pedagaggi incentrato sul caso studio della guerra in Darfur tra dinamiche di sopravvivenza quotidiana nelle zone colpite legate agli effetti devastanti dello scontro armato che dal 2003 ha provocato lo sfollamento di centinaia di migliaia di persone, molte delle quali costrette a rifugiarsi nel Sudan occidentale e nel vicino Ciad.

Un libro che indaga la natura di un elemento chiave delle urgenze umanitarie, le urgencies, ovvero le condizioni gravi che richiedono immediato aiuto all’interno di contesti di crisi umanitarie.

Proprio l’antropologa, basandosi su vent’anni di ricerca sul campo - si è recata due volte nel Darfur, la prima nel periodo antecedente all’inizio della guerra civile, la seconda quattro anni dopo lo scoppiare del conflitto, nel 2007 -, ha tracciato le ripercussioni della crisi che è stata definita da molti come “il primo genocidio del ventunesimo secolo”, su coloro che l’hanno vissuta.

Un viaggio che si rivela come un attualissimo svisceramento dei processi che si svolgono dietro le quinte delle crisi belliche globali e che diventa particolarmente interessante ed utile pensando proprio al recentissimo scoppio del conflitto tra India e Pakistan.

Procedendo per passi la prof.ssa Andrea Behrends si è soffermata sulle urgencies e sul perché non ci si chiede che cos’è l’urgency, ossia l’urgenza singola.

Donne del Darfur rifugiate in uno dei campi profughi (foto: Wikipedia)

Donne del Darfur rifugiate in uno dei campi profughi (foto: Wikipedia)

“Le urgencies sono una serie di rivendicazioni che demandano un cambio radicale – ha spiegato -. Possono essere di portata differente, dall’attivismo locale alle crisi globali su larga scala, come quella del climate change. Possono avere una diversa temporalità, le urgencies globali tendono a richiedere un intervento nel lungo periodo, laddove quelle locali, come quelle del cibo richiedono intervento immediato”.

“Tuttavia, ritornando alla domanda iniziale, le urgencies sono sempre di natura molteplice e interdisciplinaria, possono essere comprese solo e unicamente comprendendone i variegati aspetti e componendo un quadro più completo possibile – ha aggiunto -. Questa è la chiave per comprendere, finalmente, l’andamento delle crisi umanitarie nel mondo, ed in particolare, il motivo per cui, spesso, le urgencies falliscono nel provocare il cambiamento radicale necessario”.

“Nel complesso panorama politico del Sudan ed in particolare del Darfur, la guerra iniziata nel 2003 dallo scontro tra la violenta milizia araba costituita dai famigerati Janjaweed, assoldati dal generale Omar Al-Bashir per protezione, e le forze di ribelli del Sudan, continua fino ai nostri giorni e si è trasformata in in conflitto tra due generali: Hemeti, capo dei Janjaweed (ora diventati Forze di Supporto Rapido), e Al Burhan, de facto capo del Sudan dopo il colpo di Stato dell’ottobre 2021 e capo delle Sudanese Armed Forces”, ha ricordato la docente.

E con un approccio etnografico, la docente si è soffermata anche sugli abitanti del Darfur e su come abbiano creato appartenenza con scambi di conoscenze e sviluppo di nuove pratiche per costruire un nuovo futuro nonostante le difficoltà.

Un momento del seminario

Un momento del seminario

“Nel cuore del conflitto ci sono gli abitanti di Dafur che si riorganizzano a livello sociale per resistere agli attacchi continui delle Forze di Supporto Rapido – ha spiegato l’antropologa -. Molti vivono nei 165 campi di rifugiati, i quali ospitano in totale 2,7 milioni di persone. In questo confuso contesto, si vengono a creare diverse urgencies che richiedono tutte un intervento immediato, spesso proveniente dalle varie agenzie per le crisi umanitarie nel mondo. Tuttavia, la non corretta comprensione delle urgencies può portare a lotte e alla non risoluzione del problema”.

“Nel libro riporto la storia del presidente di uno dei campi che ha accolto l’iniziativa di una delle agenzie di aiuti umanitari, ovvero quella di piantare alberi per combattere la desertificazione e fertilizzare le terre – ha raccontato -. Tuttavia, la ricezione da parte dei rifugiati è stata tutt’altro che positiva: non valutando gli alberi in alcun modo positivi in quanto, di per sé, in effetti, non sfamavano bocche in più, hanno accusato il presidente del campo di essere una spia del governo che volesse sprecare l’aiuto delle agenzie e farle andare via”.

“I rifugiati hanno inseguito il presidente nella sua tenda e lo hanno malmenato fino a lasciarlo in fin di vita – ha aggiunto -. Infine, è stato anche costretto a tappare i buchi appositi per gli alberi. In questo caso si è trattato di un caso di mal interpretazione delle urgencies. Se l’agenzia ed il presidente avessero chiarito ai rifugiati le intenzioni positive, evidenziando che la piantumazione degli alberi rispondeva ad un grave e duraturo problema come quello della desertificazione, probabilmente avrebbero capito pur esprimendo altre urgencies che richiedevano, invece, un intervento più tempestivo, ovvero quelle delle scorte di cibo, che però li avrebbe saziati solo temporaneamente”.

“Dunque l’approccio delle urgencies – ha precisato la docente - è un utilissimo strumento per la navigazione delle crisi umanitarie, attraverso il quale possiamo riuscire a decifrare le intricate narrative che si diramano dalle piccole comunità, bisognose di aiuto, all’emergenze globali”.

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