Al Teatro Massimo Bellini, il secondo concerto sinfonico-corale della stagione 2024/2025, con musiche di Jean Sibelius e Carl Nielsen
A distanza di sei anni dall’ultima esecuzione, avvenuta sotto la direzione del maestro Francesco Ommassini, la Seconda Sinfonia in re maggiore, op. 43 (1902) di Jean Sibelius (1865 - 1957) è tornata a risuonare al Teatro Massimo Bellini di Catania.
Inserita in un programma dal titolo A nord dell’Europa, la composizione dell’artista finlandese è stata accostata a Vapautettu kuningatar (La regina liberata), op. 48 (1906), del medesimo autore, e al Concerto per clarinetto e orchestra, op. 57 (1928) di Carl Nielsen (1865 - 1931).
Una proposta che ha messo in evidenza due delle tendenze musicali della seconda metà dell’Ottocento, l’una legata al nazionalismo romantico, l’altra riconducibile al neoclassicismo, favorendo un confronto tra compositori coevi ma stilisticamente distanti. Pur avendo infatti incarnato due diversi modi di assorbire le influenze del loro secolo, in Italia Sibelius e Nielsen sono accomunati da un riconoscimento tardivo, giunto non senza resistenze da parte dei fruitori.
Del secondo, il Concerto per clarinetto e orchestra op. 57 rappresenta una sfida sia sul piano tecnico che su quello espressivo; in questo caso colta e affrontata da Andrea Scaffardi, clarinetto solista della Bergen Philharmonic Orchestra.
Sostenuto da un organico ridotto – quasi cameristico se confrontato con la massa orchestrale (e corale) di Vapautettu kuningatar – Scaffardi si è fatto strada fra archi dal colore scuro che hanno introdotto, in modo grottesco, un motivo ritornato sovente all’interno della composizione, in tempo di danza.
L’abilità è emersa nella tenace, eppur aggraziata, risposta dei suoi assoli ai ripetuti attacchi di un’orchestra compatta nelle sonorità, guidata dalla bacchetta di Claudia Patanè.

Sul palco, il clarinetto solista Scaffardi, la direttrice Patanè e l’Orchestra del Teatro Massimo Bellini
Già familiare agli ambienti del Teatro – il suo debutto nella città etnea risale al 2020 con Idomeneo, re di Creta di Mozart (1756 - 1791) – la direttrice d’orchestra catanese ha dimostrato versatilità, carattere e particolare trasporto per le opere composte da Sibelius poco più che trentenne.
Tra le due, la cantata Vapautettu kuningatar (La regina liberata), eseguita dal Coro del Teatro Massimo Bellini sotto la direzione del maestro Luigi Petrozziello, si presta maggiormente a una riflessione sull’attualità, grazie al testo poetico di Paavo Cajander (1846-1913) da cui l’opera nasce.
«A volte, quando le guardie dormono e la notte giunge serena, / Il povero petto della regina allora batte con un martello libero, / Poi canta i suoi dolori e le sue pene nella notte, / La loro bellezza perduta, la loro libertà e le loro speranze».

La direttrice d’orchestra Patanè e il maestro del coro Petrozziello
Su un tappeto di archi dalle sonorità ovattate, che richiamano un inciso dalla figurazione assai vicina al motivo iniziale della Quinta sinfonia di Beethoven, bassi e tenori danno voce alla storia di una regina imprigionata in un castello, in attesa di essere salvata da un intrepido cavaliere. Una figura che, nelle riletture successive, è stata simbolicamente associata alla Finlandia, all’epoca della prima esecuzione oppressa dalla tirannia dello zar Nicola II.
Alla luce dell’attuale conflitto tra Russia e Ucraina, proporre un’opera che porta in sé l’eco di un popolo oppresso e del suo desiderio di libertà assume un valore profondo. Vapautettu kuningatar, se letta in chiave simbolica, sembra riecheggiare le vicende di nazioni che, allora come adesso, lottano per affermare la propria indipendenza.
Ma tali considerazioni nascono da una riflessione a posteriori su quanto ascoltato e non è detto che l’orecchio del pubblico abbia necessariamente ricercato motivazioni storiche al di là delle opere presentate. L’esito finale, misurato a suon di applausi, è stato comunque positivo.