È stata inaugurata la nuova mostra dell’artista catanese Giorgio Rizzo al Museo Diocesano di Catania
Si intitola Di necessità virtù la nuova mostra di Giorgio Rizzo, musicista e artista catanese, inaugurata nei giorni scorsi nei locali del Museo Diocesano.
L’artista saluta tutti come fossero vecchi amici facendoli sentire i benvenuti mentre si appresta a sistemare gli ultimi piccoli dettagli insieme all’inseparabile amica e curatrice Giada Trebeschi.
Più che una presentazione, i primi momenti della mostra sono stati una vera e propria chiacchierata tra Giorgio, Giada e la professoressa Cristina Soraci, docente di storia romana all’Università di Catania.
A prendere la parola per primo è proprio Giorgio Rizzo, emozionato al ricordo della sua prima mostra ad Ognina e per l’opportunità che il Museo Diocesano gli ha concesso. «Quando mi hanno proposto di allestire la mostra qui, io non potevo crederci: dopo una pausa di venticinque anni dalla pittura, arrivare qui in soli due anni e mezzo è davvero incredibile per me», ha raccontato.

L'artista Giorgio Rizzo e la professoressa Cristina Soraci
Tutto ha avuto inizio con la mostra Il paradiso svelato, che padre Salvo gli ha chiesto di riproporre presso il museo catanese.
Ma davanti alla possibilità di esporre in questo luogo tanto importante, Giorgio ha subito capito che il Paradiso non era abbastanza: voleva interrogarsi sul modo in cui è possibile arrivare alla luce: «Così sono nate le Sette Virtù. È stata una decisione mia, naturale, quasi inevitabile. Non per chiudere il viaggio con Dante, ma per continuarlo. Da lì ha preso vita anche il titolo, Di Necessità Virtù: perché la virtù, oggi più che mai, è una necessità. È la risposta umana al disordine, una forma di sopravvivenza interiore. Un viaggio personale, non solo mio ma di tutti noi. Si viaggia scomodissimi sulle sette virtù perché ci mettono a nudo».
La parola è poi passata alla professoressa Cristina Soraci che ha rotto il giacchio definendosi scherzosamente «la persona meno adatta per questa presentazione: una docente di storia romana, classicista nel senso più puro del termine, che presenta dei quadri contemporanei. Mi piace l'arte classica, mi piace Michelangelo, odio l'arte contemporanea. Ma ogni quadro di Giorgio è l'erede di una storia».

Giada Trebeschi racconta le virtù cardinali
Giorgio è, più di tutto, un simbolista, come ha spiegato Giada: non a caso ha fatto tutti i quadri 60x60 e le cornici 90x90 perché «se io qua disegnassi un grande 6, per voi sarebbe un 9», ha spiegato la curatrice. «È necessario confrontarsi sempre per vedere dove sono la verità, la luce e le ombre», ha aggiunto.
Simbolico è anche il numero delle virtù, quattro cardinali, come le mura di una casa, e tre teologali come il tetto che ci protegge, come il timpano triangolare il cui vertice è rappresentato da Caritas, l’amore universale.
Per la professoressa Soraci è Accura la parola siciliana che spiega meglio di qualsiasi altra la prima opera in mostra, Prudenza, il cui nero intenso è ottenuto dalla sabbia dell’Etna usata dal pittore.
La seconda, la Fortezza, è un tripudio di rosso, realizzato da Giorgio partendo dalla ruggine, simbolo di sangue e dolore.
Seguita subito dopo dalla Temperanza, il quadro preferito dalla docente, che ha per lei un significato bellissimo: «Avanza, sopporta, fiorisce. Sono infatti dei fiori di forsizia quelli che seguono la figura, i primi fiori a sbocciare dopo l’inverno e a colorare il mondo con il loro giallo intenso».

Giada Trebeschi racconta la Caritas
E proprio di quei fiori parla Giada, ricordandoli durante la sua infanzia nel giardino della nonna e descrivendoli come «dei piccoli occhi di stelle». Il simbolismo di Giorgio ritorna anche nei materiali usati per dipingere: qui ha usato anche il sale grosso «che rappresenta non solo le difficoltà della vita, ma anche ciò che ci aiuta ad andare avanti», ricorda Giada citando Karen Brixen: «la cura per ogni cosa è l’acqua salata: sudore, lacrime, o il mare».
La Giustizia, l’ultima delle virtù cardinali è rappresentata alla greca, bendata; accanto a lei c'è la ruota che ricorda la Santa Caterina d'Alessandria di Caravaggio ma è anche un richiamo al giudizio universale di Michelangelo, dove la santa è rappresentata vicinissima a Cristo.
C’è anche il rimando alla spada infuocata di San Michele, il pesatore di anime, e quello alla Fenice nel colore del cielo, che risorge dalle proprie ceneri, un richiamo alla cenere vulcanica del primo quadro.
Sulla parete opposta le tre virtù teologali: Fede, Speranza e Carità.
«In Fides la parte in luce è viva, la parte in ombra no: Giorgio dipinge l'anima come un corpo femminile perché è quello che porta la vita, ma è possibile vedere anche un rimando al Christus Patiens nella posizione del capo», ha spiegato Giada.
Spes, la speranza, porta con grande fatica un'ancora, citazione a San Paolo, che racconta di tutto quello a cui siamo ancorati e che non ci permette di salire verso la nostra spiritualità.
L'ultima, al centro, è Caritas alla latina, l'amore totale, che - ha spiegato la curatrice - ricorda nella posizione La Pietà di Michelangelo, ma con i colori speculari rispetto alla solita rappresentazione della Vergine.
Giorgio ha, infatti, rappresentato la madre di Cristo in azzurro, simbolo di spiritualità e vero amore, e il cielo in rosso ruggine, simbolo del sangue e del dolore che può portare verso l’oro che luccica nel quadro, simbolo di salvezza.

Le tre virtù teologali
Per concludere il viaggio tra queste opere, i visitatori sono stati invitati a lasciare una frase su un quadro ancora bianco: «Le frasi che riempiranno questo quadro diventeranno un'opera che io regalerò al museo», ha detto Giorgio, perché le sue mostre non sono solo da guardare, ma invitano alla partecipazione attiva, al dialogo, per dare vita a qualcosa di nuovo e corale.
La mostra è stata anche occasione per presentare il libro Il Velo di Giorgio Rizzo, in uscita il 17 ottobre, «un libro d'arte, non un romanzo; ogni disegno è un racconto, una storia che racconta che cos'è il Velo nel mondo arabo e nel nostro», ha concluso Giada Trebeschi.
La mostra sarà visitabile fino al prossimo 25 ottobre nei locali del Museo Diocesano, dal lunedì al sabato dalle 9 alle 13 e il martedì e giovedì anche dalle 15 alle 18

Visitatori presenti alla mostra