Diabete mellito, l’importanza dello screening della funzione renale

Uno studio dei ricercatori dell’Arnas Garibaldi e degli atenei di Bari e di Catania evidenzia la necessità dei controlli per evitare le complicanze della malattia

Il diabete mellito è una patologia con un elevato impatto clinico soprattutto dovuto allo sviluppo di complicanze della malattia. Complicanze che possono colpire diversi organi del nostro organismo e tra questi anche il rene configurando la cosiddetta nefropatia diabetica, prima causa di malattia renale avanzata nei paesi industrializzati che può nel tempo condurre a insufficienza renale ed emodialisi.

Il gruppo di Medicina interna dell’Arnas Garibaldi di Catania, diretto prima dal prof. Francesco Purrello e poi dal prof. Salvatore Piro, in collaborazione con un gruppo di ricerca dell’Università di Bari e con l’Uos Diabetologia, obesità e dietologia dell’Arnas Garibaldi - di cui è responsabile la prof.ssa Lucia Frittitta, direttrice del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Catania - ha valutato lo stato della malattia di un gruppo di 160 pazienti al fine di osservare se la presenza di nefropatia non albuminurica si associa ad un rischio cardiovascolare e ad un danno renale più severo.

La presenza di albumina nelle urine dei pazienti è storicamente associata al danneggiamento delle strutture funzionali del rene.

I ricercatori si sono dunque chiesti se la nefropatia non albuminurica rispetto a quella albuminurica fosse più grave perché diversi studi hanno evidenziato come in realtà la presentazione della nefropatia diabetica sia molto variegata, tanto che esistono pazienti che hanno una riduzione della velocità di filtrazione glomerulare senza mai sviluppare albuminuria.

Dallo studio, pubblicato di recente sulla rivista Cardiovascular Diabetology, è emerso che i pazienti con nefropatia diabetica non albuminurica presentano una maggiore rigidità vascolare, una maggiore incidenza di placche aterosclerotiche e alterazioni della vascolarizzazione renale rispetto ai pazienti con la “classica” nefropatia con albuminuria.

I pazienti con nefropatia diabetica non albuminurica sono dunque più a rischio di complicanze cardiovascolari, quali l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale.

«Alla luce di queste evidenze – spiega il prof. Antonino Di Pino, tra gli autori dello studio, ricercatore del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Catania – risulta ancora più importante effettuare uno screening periodico della funzione renale, in modo da poter intercettare quanto prima i pazienti che sviluppano questo tipo di patologie».

Purtroppo, molti studi hanno evidenziato che un numero significativamente elevato di persone affette da diabete non si sottopone agli esami per lo screening delle patologie renali.

«La malattia renale diabetica non albuminurica – aggiunge la prof.ssa Lucia Frittitta - rappresenta una sfida clinica nella diagnosi precoce e nella gestione della malattia, non solo per la terapia specifica per il rene, ma anche per il rischio cardiovascolare. La diagnosi tempestiva e una gestione multidisciplinare del paziente sono necessari per ottenere il miglioramento della condizione patologica, anche alla luce delle possibili terapie farmacologiche oggi attuabili per ridurre il danno e fornire una maggiore protezione cardiovascolare».