Diarios de motocicleta

Al via la nuova edizione del cineforum en español con la proiezione del film sull’avventura in America Latina del giovane Ernesto “Che” Guevara. A discuterne la studentessa Micaela Rodriguez e la docente Maria Carreras i Goicoechea

Gabriele Cristiano Crisci e Andrea Modica (foto di Isabella Zanni)

Torna protagonista il cinema con la seconda edizione del Cineforum en español al Centro Universitario Teatrale dell’Università di Catania, una rassegna di film in lingua spagnola promossa in collaborazione con il Centro Linguistico d’Ateneo per avvicinare sempre più la comunità studentesca alla cinematografia ispanofona.

Sulla scia del successo della prima edizione, dal titolo Pongamos que hablo de Madrid, ne è stata annunciata una nuova che allarga il suo orizzonte oltre la cultura iberica della città di Madrid, coinvolgendo anche la variopinta America Latina, in un intrigante viaggio alla scoperta delle storie e delle contraddizioni che caratterizzano le popolazioni di questi luoghi.

La rassegna ha avuto inizio lo scorso 6 marzo e avrà la sua ultima tappa il 17 aprile. A conclusione della proiezione di ciascun film, un docente o un dottorando universitario madrelingua dialogherà con il pubblico nell'analisi delle opere, proponendo spunti di riflessione sui temi affrontati dalla pellicola e mettendoli a stretto confronto con l'attualità.

Una scena del film "Diarios de motocicleta"

Una scena del film "Diarios de motocicleta"

L'esplorazione del mondo ispano, con le sue tradizioni e peculiarità, è affidata a una selezione di film che si amplia rispetto alla prima edizione. «Attraverso questo evento, l'obiettivo – dichiara Gonzalo Suárez Lovelle, membro del comitato organizzativo – è quello di raccontare la lingua e la cultura dei paesi ispanofoni a un pubblico universitario e non solo».

La serata del 6 marzo si è aperta con la proiezione del film biografico Diarios de Motocicleta (I diari della motocicletta), diretto da Walter Salles, con protagonisti un giovane Ernesto “Che” Guevara e il suo amico fraterno Alberto Granado (interpretati rispettivamente da Gael García Bernal e da Rodrigo de la Serna).

I due ragazzi, in sella a una vecchia motocicletta soprannominata “la Poderosa”, intraprendono nel 1952 un viaggio di oltre 14mila chilometri lungo tutto il Sud America, da Buenos Aires attraverso le Ande e il deserto di Atacama, fino all’Amazzonia peruviana e al Venezuela.

Alla visione della pellicola è seguito un interessante dialogo col pubblico in sala, animato e gestito da Maria Carreras i Goicoechea, docente di Lingua, Traduzione e Linguistica Spagnola al Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania, e da Micaela Rodriguez, studentessa di origini italo-argentine di Unict, col ruolo di moderatrice.

Un momento dell'intervento di Micaela Rodriguez

Un momento dell'intervento di Micaela Rodriguez

«Il film ci pone dinanzi a un innocente e mondano Ernesto Guevara De La Serna, delineando il profilo di un giovane idealista – evidenzia, nel suo intervento iniziale, Micaela Rodriguez –, impregnato di una forza di volontà senza eguali e capace di affrontare ogni ostacolo con una sincerità, ma anche ingenuità, senza precedenti».

Questa esperienza, del resto, come annota lo stesso Che nel diario conosciuto come Latinoamericana (Notas de viaje), a cui si è ispirato il film, risveglia nel giovane uno spirito rivoluzionario, che mette in discussione la propria coscienza sociale, dando vita alla mitica figura del “Che” Guevara.

«Si percepisce perfettamente, scena dopo scena, il suo mutamento interiore tramite il modo in cui egli osserva la gente che incontra: diventa, per mezzo del suo precario stato di salute, il riflesso stesso dell’ingiustizia sociale», ha commentato la prof.ssa Carreras. Questo processo di crescita e cambiamento è sottolineato nelle ultime, toccanti, parole pronunciate nel film: «Io non sono più io. O almeno, non sono lo stesso io interiore (Yo ya no soy yo. Por lo menos no soy el mismo yo interior)».

Il fulcro attorno a cui si sviluppa l’intera pellicola è quello di una povertà di massa che non conosce confini, investendo tutto il continente, concretizzandosi nelle molteplici realtà locali: dalla miniera di rame di Chuquicamata, nel cuore del deserto di Atacama, fino al lebbrosario di San Pablo, in Perù.

Un momento dell'intervento della professoressa Carreras

Un momento dell'intervento della professoressa Carreras

Come ha rilevato Micaela Rodriguez, nella pellicola vengono mostrate «non solo le vessazioni economiche adoperate dalle aziende private e dallo Stato verso i più deboli, ma anche una vera e propria discriminazione razziale e culturale verso le comunità indigene». Così Ernesto Guevara approderà alla conclusione che solamente la rivoluzione avrebbe potuto mettere fine alle disuguaglianze dell’America Latina.

Sin dalla colonizzazione dei conquistadores spagnoli, questi ultimi imposero un controllo economico e politico sulle popolazioni autoctone, le quali si trovarono alla mercé degli invasori europei. «Non possiamo ancora parlare oggi di “scoperta” dell’America, bensì di una vera conquista, anche culturale, ai danni delle popolazioni indigene: dalla cristianizzazione forzata al bando della lingua locale, fino all’obbligo di cambiare i propri nomi per renderli più consoni a quelli europei», ha affermato la professoressa Maria Carreras i Goicoechea.

Il viaggio di Che Guevara gli diede la possibilità di non vedere il Sudamerica come una somma di nazioni differenti, bensì come un'unica entità: un’unica población mestiza (popolazione mista) legata da una stessa cultura, in modo che, come sottolinea la studentessa Rodriguez, «le tensioni tra le classi sociali in America Latina si formulino come una risposta comune di fronte alle ingiustizie del colonialismo spagnolo».

In foto, da sinistra, Maria Carreras i Goicoechea, Micaela Rodriguez e Gonzalo Suárez Lovelle

In foto, da sinistra, Maria Carreras i Goicoechea, Micaela Rodriguez e Gonzalo Suárez Lovelle 

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