Disabilità e inclusione. Quale ruolo per l’Università?

Al Palazzo centrale il secondo appuntamento del ciclo di seminari promossi dall’Ufficio della Consigliera di fiducia dell’Università di Catania

Chiara Stimoli e Massimiliano Galizia

Pari opportunità, collaborazione e cultura dell’inclusione. Su questi temi, nei giorni scorsi, nell’aula magna del Palazzo centrale, si sono confrontati diversi esperti e professionisti del settore grazie all’incontro dal titolo Disabilità e inclusione. Riflessioni e stimoli a partire dal Decreto legislativo n. 62/2024. Quale ruolo per l’Università? organizzato nell’ambito del ciclo di seminari promossi dall’Ufficio della Consigliera di fiducia dell’Università di Catania.

Ad aprire i lavori il rettore Francesco Priolo e la Presidente del Comitato pari opportunità del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Catania, Denise M. Caruso.

Nel corso dei lavori – moderati dall’avvocata Maria Concetta Tringali, Consigliera di Fiducia dell’Università di Catania - è emersa la preoccupazione riguardo al rischio di allontanarsi dall’obiettivo di mettere al centro le persone e, al tempo stesso, è stato messo in evidenzia il focus della giornata di dialogo: la necessità di un incessante lavoro sulle tematiche di disabilità, inclusione e accessibilità nell’ambiente universitario.

Ad intervenire per prima è stata l’avvocata Lucia Tuccitto, presidente dell’Associazione Donne Giuriste Italia, sezione di Catania.

L’avvocata Tuccitto ha focalizzato l’attenzione sul principio costituzionale di uguaglianza sostanziale e sul concetto giuridico di ragionevole accomodamento che fa riferimento all’insieme di “modifiche e adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali”.

La relatrice ha illustrato la possibilità prevista dall’ordinamento giuridico di richiedere “la predisposizione, per ogni persona con disabilità, di un progetto di vita attraverso cui creare percorsi e interventi personalizzati e finalizzati all’integrazione scolastica, lavorativa, sociale e familiare del beneficiario, nonché al complessivo soddisfacimento dei suoi bisogni e aspirazioni”.

“Garantire misure appropriate e proporzionate alla persona con disabilità è un diritto e non una gentile concessione – ha aggiunto -. L’organizzazione interna della società deve garantire a tutti pari dignità”. In quest’ottica il compito che spetta all’università è quello di assicurare il diritto allo studio e, contemporaneamente, educare al diritto all’inclusione. 

“Non basta affermare l’uguaglianza, occorre renderla effettiva attraverso scelte, risorse e responsabilità - ha evidenziato l’avv. Tuccitto -. Un diritto che include è un diritto si adatta alla società e a tutte le persone che la compongono”.

Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo

Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo

A seguire è intervenuta la dott.ssa Carmela Tata, neuropsichiatra infantile e Garante regionale della persona con disabilità, che ha condiviso la sua preziosa esperienza sul campo incentrando la sua relazione sulle barriere che la persona con disabilità si trova di fronte dopo gli esami di maturità, nel passaggio al sistema universitario.

La visione della condizione di disabilità ha subito negli ultimi anni un’evoluzione culturale anche a partire dalla sua definizione. “Rimuovendo ogni disvalore intrinseco del vecchio concetto di disabilità, occorre porre al centro la persona, se ne riconosce il valore, le si consente di partecipare attivamente alla vita civile, sociale e politica – ha detto -. Da un’idea puramente assistenzialistica, si sta andando verso una nuova concezione di protezione sociale attiva ed empowerment della persona”.

I dati di un’analisi svolta dall’Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca su 90 atenei evidenziano, oltre ad un aumento di dimensioni del fenomeno di studenti con disabilità e disturbi del neurosviluppo, la forte differenza di caratteristiche dei singoli studenti interessati.

“Ciò comporta una diversificazione delle esigenze e delle problematiche che emerge nell’interazione quotidiana con il contesto ambientale e organizzativo in cui si svolgono le attività didattiche - ha affermato la dott.ssa Tata -. Esigenze che quindi necessitano di un approccio orientato alla personalizzazione degli interventi da parte dei servizi di ateneo ma anche una revisione degli attuali criteri di attribuzione di risorse”.

A risultare fondamentali per lo sviluppo di risorse personali sono i servizi di orientamento in tutte le loro fasi (ingresso, in itinere, in uscita dal ciclo di studi), insieme alle azioni di consulenza mirata, anche psicologica, che favoriscono l’accesso al mondo del lavoro.

Riallacciandosi alle riflessioni delle colleghe relatrici, è intervenuto il dott. Francesco Alberto Comellini, componente del Gruppo di Lavoro Anvur su disabilità, Dsa e Bes, che ha messo in luce la necessità di tenere conto degli effetti e delle ricadute dei decreti legislativi sulla realtà concreta. “La disabilità non è un mondo a parte: fa parte di questo mondo e come tale va considerata in tutti i suoi aspetti e da questo concetto è stata avviata l’indagine Anvur”, ha spiegato.

Un momento dell'intervento de dott. Francesco Alberto Comellini

Un momento dell'intervento de dott. Francesco Alberto Comellini

“Ci si chiede se l’università possa essere uno snodo strategico dell’attuazione dei processi inclusivi, e la risposta è un convinto 'sì' – ha detto Comellini -. Con l’applicazione di misure come il concetto di piano formativo individualizzato, la funzione del dirigente per l’inclusione fisica e digitale e il ruolo fondamentale del Cug, le università non sono più meri erogatori di formazione, ma si configurano come snodi strategici di una governance multilivello che coinvolge tutti i soggetti interni nel cooperare a una costruzione di ambienti accademici pienamente accessibili”.

A concludere il panel dei relatori, in video collegamento, è intervenuta la dott.ssa Rita De Carli, responsabile dei Processi di inserimento delle persone con disabilità dell’Istat, che ha esposto il particolare insight sulla carriera da figura istituzionale, con un focus sugli ostacoli di natura organizzativa, spesso manifestati concretamente come conflitti tra compiti da svolgere di diversi enti organizzativi.

In seguito, ha spostato l’attenzione verso le ricadute statistiche e operative, obbligate ai parametri di valutazione delle Persone con disabilità entrate in vigore ai sensi dell’art. 2 e art. 3 del Decreto Legislativo 62/2024. 

“Per ciò che concerne la statistica ufficiale, le unità di analisi, così come il metodo di rilevazione, sono costrette a mutare: non tanto si guarda alla gravità della limitazione, quanto più alla cronicità della malattia; la gravità è sempre posta in relazione alle barriere alla partecipazione, alla luce dell’art.17 del decreto che concerne l’accomodamento ragionevole, che sottolinea il carattere dinamico e circonstanziato degli accorgimenti dovuti”, ha spiegato.

A prendere la parola, primo di una serie di quattro interventi, è stato il prof. Giuseppe Santisi, presidente Centro per l'integrazione attiva e partecipata dell'Università di Catania. Il docente ha evidenziato “criticità che, nel concreto, possono minare l’effettivo attuamento delle procedure previste dal decreto, senza però volerlo privare dei suoi meriti”.

Se Santisi si definisce convinto sul piano logico e delle innovazioni culturali, tuttavia si mostra, con un’ottica che definisce realista, dubbioso della sua attualizzazione, specialmente per ciò che concerne l’art. 18 dedicato al Progetto di vita definendolo “difficilmente implementabile”.

Oltre alla complessità concettuale, Santisi si chiede come i referenti, che dell’art. 18 e del progetto di vita ne vedono piuttosto “un complicato quadro di costi e bilanci”, riusciranno “ad attualizzarlo nel concreto”, sottolineando che “non vi è alcun referente nominato a livello normativo”. “Vi è bisogno di una visione di insieme, di una logica organizzativa”, ha aggiunto prima di porre una domanda: “Qual è la visione della Sicilia?”

Un momento dell'intervento del prof. Giuseppe Santisi

Un momento dell'intervento del prof. Giuseppe Santisi

A proseguire la rassegna di interventi, l’avvocata Marina Capponi, Consigliere di Fiducia dell’Università di Firenze, in collegamento online, che ha evidenziato come “il suo ateneo sia punto di importanza critico per la battaglia per l’inclusività, facendo parte di quelle università laboratorio dove avvengono le sperimentazioni del decreto 62, riscontrando un grande successo”.

“Assume massima importanza il fatto che la rivoluzione culturale proposta dalla nuova riforma, nel mondo universitario, porti ad una formazione all’inclusività del corpo docente, che accompagni lo studente in un percorso binario insieme ad un team di psicologi. Si viene ad istituire una vera e propria task-force d’ateneo, un sistema organico che faccia da intermediario per la persona con disabilità”, ha aggiunto.

“L’attività di mediazione” è un concetto chiave per Capponi che nella sua esperienza ha vissuto e riporta diversi momenti critici, dove l’intervento psicologico fornito alle Persone con disabilità è stato fondamentale al fine di disinnescare conflitti.

A seguire è intervenuta la dott.ssa Francesca Verzì, in rappresentanza del Comitato Unico di Garanzia dell’ateneo catanese presieduto dalla prof.ssa Germana Barone.

“Ci si chiede quale sia il quadro generale in Italia per quanto concerne il supporto e la promozione di diversità ed inclusività e si riporta un’indagine svolta nel quarto trimestre del 2024. La domanda riportata è se sia presente nella propria amministrazione un disability manager. La risposta in percentuale è per il 60% di «no», opposta ad un 38% di «si», mentre il «non lo so» è confinato in un ristretto 2 per cento”, ha detto la dott.ssa Verzì.

Studentessa con disabilità consegue la laurea

Studentessa con disabilità consegue la laurea

“Altra disfunzione è legata al fatto che nell’89 per cento dei casi in cui gli atenei hanno nominato un disability manager, questo non è inserito nel Comitato Unico di Garanzia. Tra coloro che ancora non l’hanno nominato, si chiede quando avverrà la nomina e anche su questo, nell’89 per cento dei casi, ancora non sono stati definiti i termini di elezione”, ha aggiunto.

La situazione evidenziata dall’indagine è quella di un’Italia ancora profondamente frammentata e arretrata in tema di diversità e inclusione, laddove, se vi è un disability manager, questa figura non fa parte del Cug, limitando la rete di contatti e ricchi scambi di informazioni.

In chiusura, l’ultimo intervento è della prof.ssa Elena Commodari, referente Commissione Counseling psicologico della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane e coordinatrice dello Spazio d’ascolto psicologico dell’Università di Catania, operativo già da anni.

Nel suo intervento ha ribadito “l’importanza di una task-force che provveda, specialmente attraverso il counseling psicologico, alla cura della salute mentale così come è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero il completo benessere mentale e comportamentale della persona”.

“Viviamo in un periodo storico nel quale si assiste al declino della salute mentale – ha aggiunto la prof.ssa Commodari -. C’è l’idea che il Covid abbia causato il calo psicologico, ma è stato solo un detonatore. L’età delle scuole superiori ed il passaggio all’università è una fase particolarmente critica per lo sviluppo di ogni individuo”. 

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