Dis/Integration, le opere degli artisti d’eccezione

Al Monastero dei Benedettini inaugurata la mostra promossa e realizzata dalla comunità di Sant’Egidio con il sostegno dell’Università di Catania

Allegra Francesca Hardt
Un panel della mostra Dis/Integration
Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo
Un momento del racconto di Ivan Crnic
Un momento dell'intervento del prof. Alessandro Zuccari
Giovani visitatori alla mostra
Una delle frasi sui diversi panel della mostra
Visitatori alla mostra
Visitatori alla mostra

Dopo aver aperto i battenti a Roma, la mostra Dis/Integration diventa itinerante e approda a Catania.

Curata dal prof. Alessandro Zuccari, con il supporto dell’artista visuale Cesar Meneghetti, la mostra vuole mettere in luce il lavoro svolto nei laboratori creativi della Comunità di Sant’Egidio che attraverso percorsi di liberazione dal silenzio, danno voce ad artisti d’eccezione: i ragazzi che, forti nella loro disabilità, esprimono in maniera creativa e inusuale qualcosa del proprio io che, si auspica Emiliano Abramo, presidente della comunità di Sant’Egidio, «può aprirsi al noi».

La mostra invade gli spazi dello scalone monumentale con frasi che vogliono portare alla riflessone.

Le scale, di per sé, sono barriere architettoniche, rappresentano una difficoltà. «Ma di fronte alle difficoltà bisogna riflettere insieme e trovare delle risposte», spiega Alessandro Zuccari, curatore della mostra e docente di arte Moderna all’Università La Sapienza di Roma.

Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo

Un momento dell'intervento del rettore Francesco Priolo

«Le barriere diventano simbolo delle nostre fragilità e non possiamo negare che siamo tutti fragili», sottolinea come monito per l’auditorio composto principalmente da ragazzi delle scuole.

«Chi si vergogna della propria fragilità, in fondo, umilia sé stesso. Chi si vergogna delle proprie debolezze non riconosce la propria essenza. Il talento è per tutti quelli che, partendo dalla propria fragilità, imparano, crescono culturalmente, umanamente. Ci sono le scale? Affrontiamole. Capiamo come salirle», aggiunge il docente dell’ateneo romano.

Molti sono stati i momenti di riflessione durante la presentazione della mostra, avvenuta all’interno del piccolo refettorio, un luogo definito «magico» da Rita Angela Carbonaro, direttrice della Biblioteche Riunite “Civica e Ursino Recupero”, oggi scrigno di libri antichi e preziosi che, in queste occasioni, possono dialogare con i tanti studenti delle scuole presenti e con l’arte contemporanea protagonista della mostra.

Importanti anche le parole del rettore Francesco Priolo dell’Università di Catania che ha definito la mostra «un messaggio importante, già a partire dal titolo perché disintegriamo quelle che sono le barriere e i muri».

«Un messaggio di inclusione di cui c’è sempre più bisogno in un mondo, quello contemporaneo, in cui i muri vengono ormai alzati ovunque. Noi dobbiamo abbatterli e prendere come esempio i messaggi di unità, integrazione e inclusione che queste ragazze e questi ragazzi con disabilità condividono», aggiunge.

Un momento dell'intervento del prof. Alessandro Zuccari

Un momento dell'intervento del prof. Alessandro Zuccari. Al suo fianco la giornalista Adelaide Barbagallo, il rettore Francesco Priolo e il presidente della Comunità di Sant'Egidio, Emiliano Abramo

«Soprattutto in un periodo come quello attuale, successivo all’isolamento da Covid e di grandi tensioni a livello mondiale – ha spiegato Emiliano Abramo - abbiamo piantato un seme importante di comunicazione di pace e di cose belle che si possono fare insieme ed è forse proprio questa la cosa di cui si sentiva di più il bisogno».

E il curatore della mostra, Alessandro Zuccari, sottolinea: «Uno dei grandi problemi del nostro tempo risiede nel fatto che le parole vanno da un lato e la vita spesso ne è separata. ci ritroviamo nel tempo dell’emotività più che nel tempo dei sentimenti; tra emozione e sentimento c’è una differenza sostanziale: quando dall’emozione non si passa al sentimento non si costruisce nulla perché L’emozione diventa esperienza».

Citando Joseph Beuys, il curatore Zuccari, nel “guidare” i visitatori alla scoperta delle installazioni, ricorda che «Tutti siamo artisti, perché tutti siamo portatori di creatività».

Lungo il corridoio la mostra inizia con un led che presenta i ragazzi tramite piccole interviste curate da Cèsar Meneghetti e Paolo Mancinelli. A seguire, grandi pannelli presentano gli artisti e i lavori della comunità Sant’Egidio per poi lasciare spazio alle opere vere e proprie, create con tecniche varie.

Alessandro Zuccari "presenta" la mostra al rettore Francesco Priolo

Il prof. Alessandro Zuccari "presenta" la mostra al rettore Francesco Priolo

Michele Colasanti apre le danze, riflettendo, con ironia, sulla diversità e sulla omologazione, rappresentando nell’ultima tela le famose teste dell’isola di Pasqua e per gli appassionati, possono ricordare la copertina di The divisione Bell, dei Pink Floyd.

Arturo Maggio, con il suo dittico su Chernobyl e Fukushima, riflette sui disastri nucleari dando l’illusione, sulla prima tela, di una pioggia radioattiva e rappresentando, sulla seconda, una grande onda che ricorda la xilografia giapponese di Hokusai e richiama il disastro di Fukushima.

E ancora Giuseppe Vomero, Alvaro Antonelli, Antonio Padula e Sandra Bonavolontà decidono di ricordare la deportazione del 16 ottobre 1943 riutilizzando le candele accese durante la cerimonia annuale: 1017 pezzi rappresentano gli ebrei deportati, quindici pezzi rossi rappresentano gli uomini che sono tornati e un unico pezzo rosso la donna sopravvissuta a quella razzia. Un’opera che, purtroppo, è ad oggi fin troppo attuale.

Con una tela dal titolo Corridoi Umanitari, Abdullah Rahmani dimostra la sua gratitudine nei confronti dei corridoi, avviati nel 2015 dalla comunità di Sant’Egidio e che gli hanno permesso di raggiungere l’Europa.

Il colore pastoso e denso simile allo stile di Van Gogh o del siciliano Giovanni Alicò viene steso da Annamaria Colapietro direttamente con le dita per realizzare la sua Pace Africana.

Visitatori alla mostra

Visitatori alla mostra

La grandezza della tela contrasta con le dimensioni ridotte di Integrazione, opera con cui Patrizia Nasini dimostra la sua conoscenza matura dell’uso dei colori.

Più infantili e forse proprio per questo molti incisivi sono le opere di Marzia Bosco che si concentra invece sull’importanza della scuola e sulla disumanità della guerra.

La fatica della creazione, che accomuna le opere di tutti questi artisti, è l’opera con cui Alessandro Adamo, affetto da tetraparesi spastica, mostra quanto per lui sia faticoso, ma al contempo gratificante, la pittura.

Roberto Mizzon e Barbara Piccinini fanno compiere alla protagonista della loro tela lo stesso gesto della Madonna della Misericordia di Piero della Francesca che, sotto al suo mantello, accoglie e cura chi ne ha bisogno.

Con Esclusi, Roberto Mizzon riesce a trasmettere un senso di vuoto e di distanza tangibile tra le due figure, appena accennate, ai lati della tela e sembra invitare lo spettatore ad avvicinarsi alla grande distesa di bianco che le separa.

Disastri della guerra di Marianna Caprioletti trasmette, con immagini quasi caricaturali e rifacendosi alle incisioni di Goya, quelli che sono le conseguenze peggiori dei conflitti.

Una camicia di forza è legata ad una griglia di legno con dei lacci di contenzione è la protagonista di un’altra opera collettiva. la contenzione è disabilitante e l’opera vuole ricordare l’importanza della legge Basaglia del 1978.

Il prof. Alessandro Zuccari "presenta" la mostra al rettore Francesco Priolo

Il prof. Alessandro Zuccari "presenta" la mostra al rettore Francesco Priolo

Un’altra guerra, quella in Ucraina, è protagonista di Unica alternativa, opera collettiva di Cristiana Mezzetti, Paola Vere e Simona Occhipinti: troppe sono le parole che spingono alla guerra ed è necessario trovare parole di pace, trovarle tra le troppe lettere che cadono per terra.

Chiude la mostra un’opera di Cèsar Meneghetti, dal titolo Io è un altro: attraverso un collage digitale, raggruppa tutti gli artisti intervistati all’inizio del percorso, che, in questo modo, sembrano salutare e ringraziare il pubblico.

Zuccari, inoltre, ha sottolineato durante la presentazione che ciò che oggi più manca è la poesia che è «sentimento e cultura». Proprio per ovviare a questa mancanza, uno degli artisti della Comunità, Ivan Crnic, conclude il suo intervento con una sua poesia, summa dei temi affrontati nella mostra e in cui il momento diventa protagonista.

Ti rubo un momento per parlare

Ti rubo un momento per amare

Ti rubo un momento per ricordare

Che la guerra è brutta e ci fa male

Ti rubo un momento per pensare

Che siamo fratelli e non ci dobbiamo odiare.

 - da Ladro di momenti di Ivan Crnic

Lo scalone del Monastero dei Benedettini

Lo scalone del Monastero dei Benedettini

La mostra, ospitata lungo il corridoio dell’orologio del Monastero dei Benedettini, è visitabile fino al prossimo 3 dicembre. Visite guidate per gruppi e scuole su prenotazione (info@santegidio.sicilia.it; 3478216449)