Energie rinnovabili nel Pnrr Italia

Al Polo tecnologico dell’Università di Catania si sono confrontati accademici, studiosi, professionisti, player del settore energetico e esperti di alto livello

Mariano Campo

Accademici, studiosi, professionisti, player del settore energetico, esperti di alto livello a confronto per fare il punto sulle possibili ricadute della virtuosa attuazione del Pnrr in Italia, in particolare per quanto concerne il fronte delle energie rinnovabili e la transizione ecologica in genere.

Il Polo tecnologico di Ingegneria, alla Cittadella universitaria, nei giorni scorsi, ha ospitato il convegno dal titolo Energie rinnovabili nel Pnrr Italia. Le refluenze per il territorio insulare e per il bacino del Mediterraneo, promosso dal Centro Documentazione Ricerca e Studi sulla Cultura dei Rischi in collaborazione con l’Ateneo, con gli ordini professionali provinciali di Ingegneri e Architetti e con la sezione catanese di Aeit.

L’appuntamento ha rappresentato l’ideale completamento avviato in un analogo evento incentrato sui progetti finanziati dal Pnrr nei territori della città metropolitana di Catania e i benefici socio-economici sul territorio ed i modelli per valutarli, tenutosi a inizio novembre in rettorato. 

Stavolta però il focus era sulla poliedrica tematica delle energie, sulle complesse interrelazioni tra decarbonizzazione dei fabbisogni energetici e crisi climatica e sui possibili scenari di crescita economica e sociale nell’Isola, affrontati dai vari relatori con riconosciuta indipendenza e scientificità. 

L’ambizioso progetto europeo con la destinazione di 1.824,3 miliardi di euro€, di cui 1.074,3 miliardi del bilancio a lungo termine 2021-2027 e di 750 miliardi di euro del Next Generation EU – ha premesso il presidente del Centro Antonio Pogliese, non ha infatti soltanto lo scopo di stimolare l’economia dei 27 Paesi dell’Unione, devastata dalla pandemia Covid 19, ma anche quello di creare le basi per l’Europa di domani, più verde, digitale, ed equa, con lo sviluppo economico sostenibile.

I temi affrontati, tra questi i limiti e le potenzialità del sistema energetico insulare, anche in rapporto con il sistema energetico elettrico nazionale, l’agrivoltaico, i rischi e le opportunità delle comunità energetiche, le tecnologie fotovoltaiche innovative, la riduzione degli impatti della mobilità urbana, i rischi della transizione elettrica e quelli legati alle ondate di calore, la valorizzazione energetica dei rifiuti solidi urbani, hanno evidenziato una chiara direzione di marcia, tracciando percorsi efficaci e virtuosi di cui il decisore politico potrebbe avvalersi per affrontare le innumerevoli scelte strategiche che il delicato momento di transizione richiede, ha osservato ancora il dott. Pogliese. 

In tale disegno strategico, completare la transizione energetica all’indirizzo del progressivo affrancamento dalle fonti energetiche fossili verso quelle rinnovabili, costituisce la pre-condizione, per la rilevanza che il tema dell’energia assume non soltanto sul piano economico-sociale ma anche geopolitico.

Un momento dell'intervento del prof. Rosario Lanzafame

Un momento dell'intervento del prof. Rosario Lanzafame

«Nello scenario energetico al 2035 – ha osservato il prof. Rosario Lanzafame, ordinario di Sistemi per l’Energia e l’Ambiente e presidente del Comitato scientifico del Centro -, se vogliamo sperare di realizzare una transizione non traumatica occorrerà prolungare la vita dei Motori a Combustione Interna mettendo a disposizione, “di tutti”, i Combustibili Sintetici (HVO), i cosiddetti e-Fuels. A tal fine, occorre, da subito, favorire fortemente il processo di generazione massiva dell’Idrogeno “pienamente” rinnovabile. Fondamentale, in tal senso, realizzare il collegamento per il trasporto di idrogeno dal centro dell’Europa al Nord Africa finanziato con il progetto SouthH2 che fa leva sui metanodotti esistenti per garantire all’Ue la fornitura del 20% del fabbisogno di idrogeno entro il 2030». 

«La presenza dei flussi d’Idrogeno nelle quantità necessarie – ha proseguito il docente -, potrà inoltre stimolare la sostituzione del carbonio nei sistemi Hard to Abate e la produzione di apparati di “Propulsione elettrica a Fuel Cell, per l’intero comparto Automotive (ma anche per quello navale, ferroviario e dei grandi trucks), da affiancare alla tecnologia della trazione elettrica con batterie d’accumulo, bilanciando con saggezza le diverse esigenze strategiche del sistema industriale, dovute in parte alla disponibilità delle materie prime e, non meno importante, dalla difficile reperibilità di energia elettrica prodotta da fonti pienamente rinnovabili».

Spunti ripresi anche dal rappresentante di Axegaz Alfonso Moriello e da Paola Brunetto di Enel Green Power. «L’idrogeno verde – ha sottolineato Moriello – è una tecnologia di rottura, che trova in Sicilia un contesto ideale, in grado di garantire, attraverso la produzione di energia rinnovabile, un futuro industriale per l’Isola».  «Nell’ambito del Pnrr – ha confermato Brunetto - stiamo portando avanti un progetto sull’idrogeno verde nell’area tra Carlentini e Sortino, che servirà alle start up del settore per testare le componenti, così da accelerare il processo verso la commercializzazione dei prodotti. A Gela, invece, in partnership con Eni stiamo lavorando a un elettrolizzatore, all’interno della bioraffineria che attualmente usa il cosiddetto idrogeno grigio, che consentirà di introdurre fino al 5-10 per cento di idrogeno verde».

L’altro fronte ‘caldo’ è il settore fotovoltaico, di cui ha parlato l’ingegner Francesco Pezzella, già dirigente di Enel, affrontando il tema del sistema energetico elettrico nazionale: «Nell’Isola la produzione di energia tramite fotovoltaico è aumentata di circa il 30% nell’arco di quasi un decennio – ha ricordato -, un risultato comunque ancora migliorabile se si pensa che la Sicilia vanta il più alto livello di producibilità nel contesto nazionale e continentale. Un pannello installato a Ragusa produce il 63% in più di energia rispetto allo stesso presente in Germania, eppure ancora oggi la produzione lombarda supera quella siciliana». 

Un impianto agrivoltaico

Un impianto agrivoltaico

L’agrivoltaico, ossia l’utilizzo di pannelli all’interno delle aziende agricole, è uno dei settori più promettenti, integrando la produzione energetica con quella alimentare: «Bisogna tenere in considerazione le condizioni climatiche, il tipo di coltura e la modalità con cui vengono realizzati gli impianti fotovoltaici – ha spiegato la professoressa Alessandra Gentile, docente di Arboricoltura generale e Coltivazioni arboree –, tutti fattori che incidono sugli effetti della radiazione solare sulle colture e sul microclima al di sotto degli impianti». 

Gli agronomi, suggerisce la docente, possono fornire un importante aiuto per la progettazione dei pannelli, che possono aumentare favorevolmente il grado di umidità del suolo, determinando di conseguenza anche un maggiore risparmio idrico ma anche l’aumento dei tempi di fioritura a vantaggio degli insetti impollinatori».

Sfruttare in maniera intelligente i rifiuti per produrre energia, infine, è stato il tema trattato dal prof. Giuseppe Mancini, docente di Impianti Chimici nell’ateneo catanese e presidente dell’Associazione nazionale di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio. 

«Parliamo di recupero energetico – ha spiegato Mancini -, in Sicilia quasi del tutto assente, così come il riuso delle acque reflue. Servirebbero impianti Waste to Energy, ossia impianti di incenerimento con recupero energetico, come quelli di cui si parla sterilmente da anni, abbandonando il modello predominante della discarica con i suoi enormi oneri ambientali».

Un sistema cosiddetto Waste-Wastewater-Energy Nexus attraverso la Simbiosi Industriale tra i relativi impianti in prossimità delle aree industriali, permette di integrare ed ottimizzare energeticamente le gestioni dei fanghi di depurazione, ricavandone fosforo, sostanza organica ed energia; delle acque reflue, che possono così essere riutilizzate in agricoltura, e dei rifiuti residuali non riciclabili, ricavandone grandi quantità di energia oltre che un’aggiunta di materia recuperata. 

«La disponibilità di energia, altrimenti sprecata in discarica – conclude Mancini -, potrebbe attrarre anche nuove imprese che sfruttano calore a basso costo, o irrigano attraverso acque reflue recuperate, incrementando così ulteriormente la simbiosi industriale, la circolarità e la sostenibilità complessiva, non solo del distretto industriale ma dell’intera comunità servita da questi impianti,  portando così la nostra regione, con un unico enorme balzo, non solo nel presente, ma addirittura nel più sostenibile dei futuri».