Fiumi interrotti. Infrastrutture, controllo dell’acqua e continuità della vita

In occasione del Festival “Facciamo la Valle” si è discusso anche delle complesse relazioni socio-ecologiche del Simeto nell'ambito del progetto BIOTraCes

Le complesse relazioni socio-ecologiche tra comunità e fiumi, legate agli articolati processi di infrastrutturazione che minacciano la vita e la biodiversità e anche i modelli di governance e gestione di zone naturali particolari, come ad esempio il Simeto, sono state al centro dell’iniziativa Fiumi interrotti. Infrastrutture, controllo dell’acqua e continuità della vita.

Un incontro che è stato organizzato e introdotto da Erika Garozzo, ricercatrice dell’ateneo catanese nell’ambito del progetto Horizon finanziato dall’Unione Europea “BIOTraCes. Biodiversity and Transformative Change for plural and nature positive societies”, in occasione del Festival Facciamo la Valle che si è tenuto nei giorni scorsi nei locali dell’ex macello di Paternò.

Il Festival “Facciamo la Valle” è l’esito della collaborazione di BIOTraCes (coordinato dalla prof.ssa Mara Benadusi del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania e del Presidio partecipativo del Patto di Fiume Simeto attraverso il progetto Che Macello! finanziato con il bando Laboratorio Creatività Contemporanea emanato dal Ministero della Cultura.

Oasi di Ponte Barca (foto Wikipedia)

Oasi di Ponte Barca (foto Wikipedia)

Ad aprire i lavori Francesco Visentin, associato dell’Università di Udine, che ha discusso come le geografie d’acqua siano il risultato del sedimentarsi continuo dell’operato umano, sia materiale che simbolico.

Muovendosi tra aspetti teorici e esempi concreti, l’intervento di Visentin ha invitato i presenti a riflettere sulla necessità di adottare una prospettiva idrocentrica per ricostruire il rapporto tra comunità e fiumi, intesi non più come condotte o acqua a servizio delle attività umane, ma elementi vitali dell’ecosistema e del paesaggio.

Giuliano Trentini, portavoce del Centro Italiano di Riqualificazione fluviale, ha affrontato il tema del crollo della biodiversità e il ruolo della riqualificazione fluviale nella mitigazione e gestione del rischio.

Come emerso dall’intervento, la riqualificazione dei fiumi è possibile non solo attraverso scelte di tipo tecnico-ingegneristico, ma soprattutto attraverso un profondo ripensamento del rapporto tra attività umane e fiumi.

Concepiti spesso come statici e “a servizio” di agricoltura e industria, l’infrastrutturazione pesante e l’arginazione dei fiumi figlia del ’900 si è rivelata inadeguata per rispondere ai rischi del presente. Lasciare spazio ai fiumi, sia in senso longitudinale eliminando gli sbarramenti, sia in modo trasversale consentendo la divagazione e il movimento fondamentali per la vitalità dei corsi d’acqua e per una migliore convivenza con gli esseri viventi – umani e non.

Ha proseguito Paolo Gruppuso, ricercatore del Rachel Carson Center dell’Università di Monaco, che ha riflettuto sul processo di disciplinamento del più importante fiume siciliano e sulla connessione tra infrastrutture, arginatura e rottura delle relazioni socio-ecologiche.

Facendo appello ad una nuova “alfabetizzazione fluviale” che rompa con gli immaginari e le parole legate all’idea del “progresso” per mezzo dell’ingegnerizzazione, l’intervento ha permesso di ripensare la centralità di attività come la pesca o l’allevamento – oggi fortemente marginalizzare – in un processo che restituisca vitalità al tessuto ecologico e relazionale nel contesto della valle del Simeto.

Un momento dei lavori

Un momento dei lavori

A seguire è intervenuto anche con il dott. Umbero Troja, direttore della Riserva naturale orientata Oasi del Simeto, che ha ribadito le sfide vissute dall’oasi, stretta tra pressioni di diversa natura legate a abbandono e abusivismo.

Roberto De Pietro (ingegnere e ricercatore indipendente) e Antonino Duchi (biologo e ricercatore indipendente) hanno affrontato il caso studio della traversa di Passo Martino nella riserva naturale Oasi del Simeto. Lo sbarramento, costruito negli anni ‘80 per servire la zona industriale e mai entrato in uso, interrompe la continuità ecologica del fiume a soli 7 chilometri dalla foce, compromettendo in modo consistente la vita della fauna fluviale e segmentando ulteriormente un corso d’acqua già altamente ingegnerizzato.

A partire da spunti teorici ed esempi di casi studio su scala nazionale e internazionale, l’iniziativa vuole dara voce all’urgenza di fare scelte concrete per ripristinare con lo smantellamento della traversa di Passo Martino la continuità ecologica e vitale del fiume Simeto dalla foce fino a Ponte Barca (Paternò), in linea con l’indirizzo dell’Unione Europea di ripristinare 25.000 chilometri di fiumi a scorrimento libero in Europa entro il 2030.

Un momento dei lavori

Un momento dei lavori

Back to top