Inaugurato il quarto ciclo de “I Lunedì del classico” con gli interventi dei docenti Gioacchino Strano, dell’Università di Catania e Paolo Cesaretti dell’Università di Bergamo
È stato inaugurato con un incontro su Giustiniano e Teodora la quarta edizione del ciclo de I Lunedì del classico, i seminari catanesi di scienze antiche promossi dal Dipartimento di Scienze umanistiche dell’ateneo catanese.
Sull’incontro – dal titolo Giustiniano e Teodora: “pubblica rovina dell’umana stirpe?” -, presentato al pubblico degli ascoltatori nella formula innovativa di dibattito, sono intervenuti i docenti Gioacchino Strano dell’Università di Catania e Paolo Cesaretti dell’Università di Bergamo.
“Giustiano era un imperatore che credeva nell’idea di fortissima regalità”, ha detto in apertura il prof. Gioacchino Strano nella sua presentazione. “Un uomo che ha fatto del progetto volto alla restituzione dei territori occidentali dell’Impero Romano uno dei capisaldi fondamentali della sua politica estera, originata dalla forte aspirazione di unificazione dell’antica grandezza di Roma, vecchia capitale dell’Impero, sotto il dominio di Costantinopoli, la nuova capitale dei Cesari”, ha aggiunto.
All’epoca quelle terre erano governate dai barbari, popoli stranieri penetrati ormai da tempo oltre i confini territoriali e che avevano intaccato profondamente l’integrità dell’organizzazione politica romana, sfaldandola poi in molteplici centri di potere. L’unica parte dell’Impero che continuava a restare in vita era quella orientale.
“L’età di Giustiniano – ha aggiunto -, a cui in questo caso associamo anche il ricordo della moglie Teodora, è un’età che segna dei cambiamenti straordinari. Si diceva che costui volesse riprendere i territori occidentali dell’Impero Romano che erano andati persi. Così, grazie all’operazione della Renovatio Imperii, è riuscito anche a riunificare il Mediterraneo in un’ottica in cui Occidente e Oriente erano strettamente legati. Inoltre, l’età della sua reggenza è stata segnata da una serie di altre importanti imprese, come l’ordinamento del diritto romano e la costruzione di edifici, esemplare è la basilica di Santa Sofia.
Si può, quindi, parlare davvero di età di Giustiniano, identificando convenzionalmente con essa il sesto secolo d.C., e paragonandone l’importanza a quella dell’età augustea o elisabettiana”.

Un momento dell'intervento dei docenti Gioacchino Strano dell’Università di Catania e Paolo Cesaretti dell’Università di Bergamo
A seguire si è aperto il dibattito, un processo culturale, all’interno dell’aula A2 del Monastero dei Benedettini del Dipartimento di Scienze umanistiche, come primo appuntamento del ciclo di seminari I lunedì del classico, promossi dai docenti Monica Centanni, Paolo B. Cipolla, Giovanna R. Giardina, Orazio Licandro e Daniele Malfitana.
Ospite dell’incontro il prof. Paolo Cesaretti, bizantinista artefice della traduzione italiana delle Storie segrete, scritte da Procopio di Cesarea e curate dal docente Fabrizio Conca, nell’edizione pubblicata dalla casa editrice Rizzoli della collana BUR.
“L’opera di Procopio di Cesarea – ha detto il docente - è un corpus costituito da tre testi diversi: uno dedicato appunto alle guerre di Giustiniano; uno dedicato agli edifici costruiti nella sua epoca e il terzo, il più famoso di tutti, la cosiddetta Storia Segreta”.
“Quest’opera - come ha affermato Cesaretti - non era destinata ad un pubblico vasto, ma piuttosto ad una cerchia ristretta, in qualche modo esoterica. Il paradosso è che quest’opera è diventata la più conosciuta di tutta la letteratura bizantina e sembra assumere per certi versi il carattere di una messa in scena di elementi corrosivi derivanti dalla pregressa tradizione classica, soprattutto greca, applicati alla vita e in parte all’opera di Giustiniano e di Teodora, con una serie di aneddoti relativi a episodi dei quali peraltro Procopio non era stato testimone oculare. Tuttavia, come spesso accade nella vita, si confonde anche dalla parte della critica più avvertita l’apparenza con la realtà.”
In particolare, proprio sull’immagine della basilissa Teodora la critica, a partire dalle osservazioni di Procopio, si è soffermato il prof. Cesaretti. “La figura di Teodora è la più discussa sin dall’antichità – ha detto - perché rappresenta la più straordinaria ascesa sociale ma anche religiosa di una persona che partendo da umili origini arriva a compiere una carriera che la porterà ad essere santificata da due tradizioni cristiane diverse, come quella della Chiesa ortodossa bizantina e quella della chiesa siriaca monofisitica”.

Un momento dell'intervento dei docenti Gioacchino Strano dell’Università di Catania e Paolo Cesaretti dell’Università di Bergamo
“Evidentemente – ha aggiunto - il personaggio doveva essere speciale per ottenere due riconoscimenti che sembrano invece antitetici. Ma la sua importanza la si deve soprattutto, dal punto di vista politico, al merito di aver garantito la continuità dell’istituzione imperiale nel momento di massima crisi. Quindi costei, donna tra l’altro, dalla quale meno ci si sarebbe aspettato una determinazione simile, è in realtà quella che detta la linea non solo ai suoi funzionari, ma anche all’imperatore e ai suoi militari ed è così che salva l’impero”.
È Teodora, dunque, che invita il marito a non fuggire da Costantinopoli a seguito della rivolta di Nika, nel 532. È lei che decide di restare per proteggere la sua sovranità ed è grazie alla sua influenza che Giustiniano riesce alla fine a mantenere l’ordine cittadino.
“Procopio, nonostante l’indiscutibile ed eccezionale utilità della donna in una vicenda politica del sesto secolo, adduce ben altri motivi per dimostrare la riprovevolezza del suo comportamento e il danno che la sua corruzione avrebbe recato all’impero. E da queste accuse non risparmia nemmeno Giustiniano: entrambi i coniugi sono colpevoli”, ha spiegato il prof. Cesaretti.
Sui motivi della loro colpevolezza e della loro innocenza hanno argomentato gli studenti del Dipartimento di Scienze umanistiche che hanno partecipato all’incontro, preparando delle arringhe elaborate e coerentemente pronunciate.
Ognuno ha portato in causa un motivo per condannare Giustiniano e Teodora: da una parte la guerra in Occidente che ha provocato lo svuotamento delle casse dello Stato e l’indebolimento del fronte orientale; dall’altro la chiusura della scuola di Atene e l’accusa di essere in contatto con la natura demoniaca.
Oppure per assolvere la coppia sono stati trovati degli attenuanti: la restaurazione dell’antica concezione di potere universale dell’Impero, l’istaurazione del Corpus Iuris Civilis, la costruzione di importanti edifici, la riabilitazione dell’immagine di Teodora.

In foto gli studenti Gabriele Vinciguerra, Ludovica Bosco, Irene Vecchio, Veronica Carmela Zuccaro, Giuseppe Conti. A far parte del debate anche Sandro Di Paola, Angelo Giuffrida, Simona Stamilla
Sulle diverse deposizioni dell’accusa e della difesa hanno arbitrato in qualità di giudici i docenti Strano e Cesaretti che alla fine del dibattito hanno pronunciato il verdetto in favore della difesa, riconoscendo la quantità di beni portati all’impero superiore ai danni arrecati da parte del regno giustinianeo.
Sul piano della politica statuale, infatti, Giustiniano ha avuto il merito di raccogliere e unificare tutte le norme giuridiche dell’antica Roma, fondate sul mos maiorum insieme a quelle in vigore a Costantinopoli, facendo incontrare passato e presente in una composizione complessiva e completa (Corpus Iuris Civilis); inoltre, le guerre portate in Europa da Giustiniano non hanno compromesso l’entità del suo potere, dal momento che non sono state portatrici di spargimenti di sangue significativi.
Sul piano della politica culturale Teodora è considerata innocente perché ad oggi risulta essere il personaggio pubblico più danneggiato della tradizione storiografica, senza che abbia la possibilità di redimersi contando sulle sue nobili gesta, tra le quali l’abolizione dei bordelli e il sostegno offerto alle prostitute; anche Giustiniano è considerato innocente perché la chiusura della scuola d’Atene è stata una conseguenza indiretta della politica antipagana e perché lo stesso imperatore è stato promotore della costruzione di un patrimonio artistico e monumentale ancora importante.
Solamente sul piano della politica religiosa è stata riconosciuta una colpevolezza: la mancanza di umiltà e di ascolto che portavano Giustiniano a identificarsi eccessivamente con le proprie ideologie e ad allontanarsi dalla possibilità di unione del mondo cristiano. Tale atteggiamento, però, è stato associato al fatto che passava gran parte delle sue giornate a studiare all’interno del suo palazzo, senza concedersi del tempo per aprirsi agli altri e per viaggiare: era un vero e proprio stacanovista!
Perciò, alla luce di quanto esaminato dalla giuria, l’unica condanna a cui sarà sottoposto Giustiniano è stato quello di “prendersi una vacanza e lasciare il governo nelle mani di Teodora”.