Gli ultimi trent’anni del Movimento Lgbtqia+

Il Dipartimento di Scienze politiche e sociali ha ospitato il convegno organizzato da Arcigay Pegaso Catania

Costanza Maugeri

Gli ultimi trent’anni del Movimento Lgbtqia+. È il titolo del convegno organizzato da Arcigay Pegaso Catania che si è tenuto nei giorni scorsi nell’aula magna del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania. Un confronto per ripercorrere la storia degli ultimi trent’anni del Movimento. 

Ad aprire il dibattito è stata la docente Mara Benedusi in rappresentanza della direttrice del Dsps Pinella Di Gregorio e della professoressa Stefania Mazzone.

«Il Laboratorio di Ricerca e Azione di Genere del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, struttura viva e cogestita, sostiene questa giornata così importante per la nostra città e vi ringrazia perché si ispira alla pratica mestiza di Gloria Anzaldua: smantellare e destrutturare qualsiasi concetto preimposto e fisso d’identità, muoversi nel margine e nel margine ritrovare la propria identità – si legge nel messaggio della docente Stefania Mazzone -.  È solo in questo modo, in questo riconoscersi appartenenti a uno spazio liminale, che si può tentare di superare traumi storici, collettivi e personali (omofobia, razzismo, sessismo) e operare per un cambiamento di segno della collettività»

Eccola qui: la collettività. Lei, che quel 2 luglio del 1994 scese in piazza, a Roma, per il primo Pride nazionale. Diecimila persone, quel giorno, si impadronirono dello spazio pubblico, lo rivendicarono. Ma perché proprio Roma?

«Ci furono come sempre avviene in realtà nel nostro movimento, polemiche e litigi. I milanesi preferivano fare questo Pride a Milano. Fu messo chiaramente ai voti e fu scelta Roma. Perché? Non ci dimentichiamo che, all'epoca, Papa Giovanni Paolo II era ossessionato dal tema dell'omosessualità. E, tra l'altro, qualche anno prima, il Santo Ufficio aveva diramato un documento in cui la stessa omosessualità veniva indicata come condizione oggettivamente disordinata. E quindi portare il primo Pride a Roma ebbe veramente un valore molto forte in termini di azione», ha spiegato Francesco Lepore, giornalista e scrittore.

Per tracciare un excursus del movimento è intervenuto Mario Colamarino, presidente del CCO “Mario Mieli”, prendendo il nome dell’attivista, scrittore e teorico degli studi di genere. «Dopo quel Pride ci sono state altre tappe essenziali per il Movimento. Nel 2000, ad esempio, si tenne nella Capitale, il World Pride. È simbolico perché quello fu anche l’anno del Giubileo. Il Vaticano, infatti, cerco di opporsi. Anche la politica dimostrò contrarietà. ll presidente del Consiglio quando gli chiesero perché non impediva la manifestazione, rispose affermando che purtroppo esisteva la Costituzione – continua Mario Colamarino -. Nel 2011 all’EuroPride di Roma parteciparono circa un milione di persone e, in quell’occasione, cantò anche Lady Gaga».

Un momento dell'intervento della prof.ssa Mara Benadusi

Un momento dell'intervento della prof.ssa Mara Benadusi

«Nel 2016, dopo la legge sulle unioni civili, ho notato, purtroppo, una curva discendente della nostra progettualità, una rilassatezza generalizzata dovuta al raggiungimento di un importante traguardo – ha aggiunto -. Oggi noi, nella consapevolezza, dobbiamo rappresentare la resistenza, l’opposizione a un Governo sempre più ostile mei nostri confronti».

A prendere la parola Natascia Maesi, presidentessa Nazionale Arcigay, che ha tessuto una riflessione sul modo in cui sono cambiati gli obiettivi del Movimento e, nello specifico, del Pride iniziando dal concetto di felicità. Che altro non è il fine ultimo e supremo di ogni manifestazione perché rappresenta – se ci pensiamo - il diritto, quello con la d maiuscola. Quello in cui convergono tutti gli altri. E nel nome di questo diritto l’essere umano vive, si arrabbia e lotta.

«Su una saracinesca ho letto questa frase: “La felicità è sovversiva quando si collettivizza”. E il potere dei Pride è proprio questo: l’affermare collettivamente il nostro diritto alla felicità. Che nello spazio pubblico diventa politico. I nostri corpi in piazza diventano uno, politico. E il Pride è l’irruzione della comunità LGBTQIA + nella Storia. Storia che per secoli l’ha cancellata. Non ci prevedeva», racconta.

«In trent’anni l’obiettivo è cambiato, se agli inizi la lotta era identitaria, ora è anche una lotta d’opposizione verso una violenza che è anche istituzionale nei confronti di tutte le persone che non rientrano nel paradigma dell’uomo bianco cisgender e etero – ha spiegato Natascia Maesi -. Noi non vogliamo più parlare di libertà e uguaglianza, ma di liberazione ed equità. La libertà prevede una norma, si muove in degli schemi. La liberazione, invece, se ne vuole liberare. L’uguaglianza non è il termine esatto. In un’ottica intersezionale non siamo tutti uguali, è essenziale tener conto delle differenze economiche, sociali. In tal senso, non abbiamo bisogno degli stessi strumenti, ma di strumenti equi».

Interessante anche l’intervento di Paolo Patanè, ex Presidente Arcigay che ha parlato di un concetto molto specifico ossia la povertà dei diritti, espressione coniata nel 2007. «Povertà dei diritti in una società che già si avvicinava ad altre povertà a causa della grande crisi del 2008 – ha precisato -. In un mondo in cui nell’agenda politica il discutere dei diritti passa in secondo piano rispetto a questioni che rientrano in dinamiche anche internazionali. Si è passati dalla prospettiva del “possibile”, pensare, ad esempio, che le unioni civili fossero un passo intermedio necessario nella prospettiva del matrimonio egualitario alla prospettiva del “giusto” ossia pretendere parità».

Un momento dell'incontro

Un momento dell'incontro

I Pride per anni si organizzavano, principalmente, al centro e al nord Italia. Oggi è, quindi, significativo vedere come tra i 55 Pride che si organizzano in tutto il paese figurano, anche, il Catania Pride e il Palermo Pride.

Uno dei portavoce di quest’ultimo, Luigi Carollo, è intervenuto durante l’incontro. «Nel nostro Paese le nostre rivendicazioni attraversano tutta la politica, ma non appartengono a nessuno – ha raccontato Luigi Carollo -. Il fatto, però, di non avere amici non significa che dobbiamo allontanarci da tutto. Il Pride è attraversato da persone con idee, spesso, diverse, persone con le quali non condivideresti alcun momento della vita quotidiana. Ma in quel momento, in piazza, c’è la necessità di creare un fronte unito, compatto, uno spazio inclusivo».

«Il Pride appartiene ad ognuno di noi – ha continuato -. E, in quanto tale, dobbiamo arrogarci il diritto di mettere il becco dappertutto. Perchè vogliamo essere ascoltati non solo quando si trattano temi LGBT, ma sempre. Perché noi viviamo, siamo cittadini e, in quanto tali, attraversiamo ogni spazio pubblico. Dobbiamo raccontarci. Perché, se non ci raccontiamo, a molti occhi, rimaniamo le persone gay, lesbiche, trans di turno, Invece abbiamo una storia. E per raccontarla, non abbiamo bisogno di permessi, ci legittimiamo da soli».

A prendere la parola per il penultimo intervento, in collegamento da remoto, Cristina Leo, psicologa e fondatrice di Gender X, associazione di persone transgender. «Le persone transgender, spesso, vivono una discriminazione anche all’interno dello stesso movimento e, in generale, vivono discriminazioni multiple – ha spiegato Cristina Leo -. Pensiamo alle donne transgender discriminate in quanto donne e in quanto trans. Noi, ad esempio, facciamo molta fatica a trovare lavoro. Il 50% trova un muro di discriminazione in entrata ossia al momento del colloquio o dell’assunzione. Altro aspetto essenziale è l’oggettificazione sessuale, molte donne transgender sono costrette a prostituirsi. E io appoggio il sexwork, ma esso deve essere una scelta».

A suggellare il confronto la presidentessa di Arcigay Catania, Vera Navarria. «Sono felice che il dipartimento ci abbia ospitato riconoscendo la storia del Movimento come parte della Storia – ha spiegato -. È un passo importante per tutti gli studenti e le studentesse LGBTQIA+».

Tra un intervento e l’altro non sono mancate riflessioni dal pubblico che hanno animato e ampliato lo specchio cromatico dell’evento.

I relatori dell'incontro

I relatori dell'incontro