Nell'aula magna di Palazzo Pedagaggi è stato presentato il libro di Donatella Della Porta della Scuola Normale Superiore di Pisa
Negli ultimi mesi istituzioni e mass media hanno preso di mira artisti, attivisti, intellettuali e studenti solidali con la Palestina, ebrei compresi. Le proteste sono state spesso represse come antisemite innescando, specialmente in Germania, una guerra all’antisemitismo che criminalizza le critiche a Israele.
Pur riconoscendo episodi di antisemitismo legati all’estrema destra, tale “guerra” è stata sfruttata per promuovere una narrativa razzista a difesa dell’Occidente. Su questo tema, nei giorni scorsi, nell'aula magna di Palazzo Pedagaggi del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, si sono soffermati alcuni esperti prendendo spunto dalla presentazione del libro Guerra all'antisemitismo? Il panico morale come strumento di repressione politica di Donatella Della Porta, ordinaria di Scienza Politica e coordinatrice del dottorato in Political Science and Sociology alla Scuola Normale Superiore a Firenze, dove dirige il Centre on Social Movement Studies (Cosmos).
In questo pamphlet l’autrice analizza il panico morale e le sue basi sociali e istituzionali, a un anno dal 7 ottobre e dall’invasione della Striscia di Gaza.
«Questo libro è nato quasi per caso, da un post su Facebook, e ha preso forma da alcune vicende che coinvolgono “donne ebree messe a tacere”, colpite da forme di censura senza la possibilità di raccontare ciò che avevano vissuto. Tra queste l’attivista LGBT statunitense di origine russa, vincitrice del premio Hannah Arendt, Masha Gessen, e la relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati Francesca Albanese, esclusa da università tedesche in contesti repressivi», ha esordito la prof.ssa Donatella Della Porta.
Nel libro l’autrice riflette sul concetto di panico morale mostrando «come venga spesso utilizzato per giustificare forme di repressione politica, soprattutto verso voci critiche e non allineate». Ed, inoltre, ha approfondito il tema del diritto penale del nemico «che non colpisce il singolo, ma intere categorie com’è accaduto agli ebrei nel passato e, oggi, in certi contesti, anche al popolo palestinese».

L'autrice del libro Donatella Della Porta
Un altro tema centrale è quello della memoria storica. «L’Olocausto – ha affermato l’autrice - è stato un crimine assoluto, un’atrocità immensa contro l’umanità. Ma alcuni studiosi e migranti che, soprattutto in Germania, hanno cercato di mettere in relazione quella memoria con altri crimini storici come la schiavitù, la tratta atlantica, le morti in mare di chi veniva deportato per essere sfruttato, o i crimini del colonialismo, sono stati spesso messi da parte, allontanati, silenziati».
«Non per ridurre il peso dell’Olocausto – ha precisato -, ma per includere anche altre ferite storiche che aiutarono i nazisti a modellare i loro metodi».
A chi le chiede cosa c’è alla base di questo tipo di politica che minimizza l’antisemitismo dell’estrema destra tedesca, che alle ultime elezioni ha ricevuto un quarto dei voti, e al tempo stesso strumentalizza un presunto antisemitismo “importato” dai migranti, la prof.ssa Della Porta ha riposto con le parole molto sintetiche di Greta Thunberg dopo l’attacco israeliano alla nave di Freedom Flotilla: «Si tratta di razzismo».
Sui temi del libro è intervenuta anche Micaela Frulli, ordinaria di Diritto Internazionale all’Università di Firenze.
«Questo libro – ha spiegato Micaela Frulli - è un lavoro magistrale che riesce a restituire a chi legge i risultati di una ricerca veramente densa, di grande spessore e profondità, e lo fa in modo chiarissimo, anche per chi, come me, non è esperto di sociologia o analisi dei movimenti politici e sociali. È proprio il tipo di lavoro che, a mio avviso, un’accademica dovrebbe fare: non scrivere solo sulle riviste specialistiche, ma riuscire a parlare anche a un pubblico più ampio».
«Grazie a questa opera sono riuscita a mettere a fuoco alcune questioni su cui riflettevo da tempo e anche a ragionare su vicende più personali – ha aggiunto -. Mi sono occupata a lungo della formazione dei docenti e di eventi per studenti, soprattutto in occasione del Giorno della Memoria, per il quale ho investito tantissime risorse».

Un momento dell'intervento della prof.ssa Micaella Frulli
«Abbiamo sempre provato, insieme con altri colleghi e colleghe, ad attualizzare questo tema, facendo una riflessione che parlasse della Shoah e dell’Olocausto, ma includesse anche le altre vittime, come omosessuali e oppositori politici, collegando il tutto alle discriminazioni che ci circondano, per ricercare l’origine della nostra visione razzista – ha precisato nel suo intervento -. Si riusciva a fare un lavoro significativo, nonostante qualche opposizione, ma dopo ottobre 2023 tutto si è completamente bloccato».
Micaela Frulli ha evidenziato «come ci sia stato nel tempo un enorme passo indietro e di come si sia tornati a parlare solo ed esclusivamente della Shoah e degli orrori della Seconda Guerra Mondiale e a descriverli quindi come eventi senza paragoni e irripetibili».
«In alcuni posti era vietato parlare di Israele e Gaza, in particolare dell’utilizzo del termine “genocidio”, in quanto si rischiava di essere accusati di antisemitismo e odio per aver favorito questa posizione pubblica», ha aggiunto.
«Secondo la teoria dell’uomo feticcio, ripresa anche nel libro in cui si parla del caso della società tedesca, appare chiaro che la persona ebrea, con la sua storia e le sue idee, non esiste più – ha evidenziato Micaela Frulli -. L’ebreo in Germania è diventato un oggetto di proiezione, un feticcio. Il sostegno a Israele rappresenta il rovescio dell’antisemitismo del passato; il compito di scovare l’antisemitismo è diventato una sorta di ossessione, un rito quasi autoreferenziale».
«In questa visione distorta della realtà, l’ebreo e l’ebraismo non esistono più in quanto tali, esiste l’ebreo perfetto che aderisce a un’identità basata su pilastri di quella che era la colpa tedesca, la Shoah e Israele», ha aggiunto.

Il pubblico presente nell'aula magna di Palazzo Pedagaggi
Nel suo intervento, la docente ha anche menzionato episodi di censura nei confronti di ebrei, accusati di antisemitismo, e culminati poi in situazioni assurde e paradossali come nel caso di Masha Gessen, attivista LGBT statunitense di origine russa, vincitrice del premio Hannah Arendt. La Gessen, a causa di un articolo critico delle azioni del governo israeliano pubblicato sul periodico statunitense The New Yorker, si è vista rinviare l’assegnazione del premio che è stato consegnato successivamente e in un luogo meno pubblico del municipio della città di Brema.
Per Micaela Frulli il libro offre «un contributo prezioso per comprendere come l’ossessione per l’antisemitismo abbia trasformato un processo di elaborazione storica in un meccanismo che rischia di soffocare il dialogo aperto e critico».
«La soluzione – ha aggiunto - sarebbe la necessità di un approccio capace di promuovere una responsabilità collettiva che vada oltre le costruzioni ideologiche, favorendo una memoria capace di interrogare il presente senza ricorrere alle censure».
Ad introdurre e moderare l’evento – organizzato dal Comitato catanese di solidarietà col popolo palestinese con il supporto dell’Osservatorio permanente su Diseguaglianze, Informazione, Guerre e Ambiente composto da docenti dell’ateneo catanese - è stato Gianni Piazza, associato di Sociologia dei fenomeni politici all’Università di Catania.
Il docente, nel suo intervento, ha ricordato le varie forme che ha assunto la protesta contro il genocidio in corso a Gaza soprattutto in ambito accademico portando l’esempio delle accampate studentesche iniziate nei college americani e arrivate anche nelle università italiane ed ha evidenziato che «la libertà di scelta e di espressione, la possibilità di prendere posizioni critiche anche nei confronti dell’autorità accademica e dell’autorità politica sono punti focali che l’università ha sempre rappresentato e deve continuare a rappresentare».

In foto da sinistra Donatella Della Porta, Gianni Piazza e Micaella Frulli