I Boutique Festival e lo sviluppo turistico della Sicilia

Una ricerca dell’Università di Catania analizza gli impatti economici e socio culturali delle rassegne musicali e di eventi che da qualche anno proliferano nell’Isola

Mariano Campo

Sono eventi di piccole dimensioni, ma il loro impatto economico e l’attrattività turistica da essi generata sono fattori tutt’altro che trascurabili. 

Sono i “Boutique Festival” siciliani, eventi – per definizione - di musica popolare e contemporanea (rock, pop, jazz, hip hop, elettronica, world e folk), esteticamente sofisticati, per lo più rivolti ad un pubblico prevalentemente composto da giovani, che abbinano differenti performance e produzioni musicali (concerti dal vivo, djset) ad un ampio ventaglio di attività che prevedono il diretto e attivo coinvolgimento del pubblico. 

Tra queste, iniziative sperimentali di arte partecipativa e relazionale (danza, teatro, spettacoli circensi, costumi), camping, corsi, seminari, workshop e altre attività di intrattenimento socio-culturale, attraverso cui la distinzione tra produttori e consumatori diventa sempre più sfocata.

Rassegne come Ypsigrock di Castelbuono (PA), OSS, festival di musica elettronica di Ortigia, Ricci Weekender, prodotto da Mercati Generali di Catania in collaborazione con la piattaforma musicale inglese Worldwide FM, Opera, che si tiene da due anni a Milo, o ancora il festival internazionale della musica e delle arti digitali della valle dei Templi di Agrigento FestiValle e Mish Mash di Milazzo, solo per citarne alcune, sono state messe sotto la lente d’ingrandimento nel corso dell’incontro che si è tenuto mercoledì 5 aprile, nell’aula 1 del Palazzo delle Scienze, sede del dipartimento di Economia e Impresa dell’Università di Catania. 

I Boutique Festival in Sicilia, il progetto di Ricerca

In questa occasione verranno, infatti, presentati i risultati del progetto di ricerca dal titolo “L’esperienza trasformativa dei boutique festival in Sicilia: impatto territoriale e innovazione turistica”, realizzata dal prof. Arturo Di Bella, docente di Geografia del Turismo nel corso di laurea magistrale in Economia e Management del Territorio e del Turismo, da diversi anni specializzato in argomenti quali la transizione postindustriale, l’economia della conoscenza, il turismo urbano, la dimensione economica e sociale di eventi e festival. Insieme a lui saranno coinvolti nell’esame dei risultati alcuni dei promotori dei principali Boutique Festival siciliani: Andrea Cavallaro (Opera / Milo), Diego Vespa e Fulvio Romano (Ricci Weekender / Catania), Enrico Gambadoro (OSS / Ortigia), Fausto Savatteri (FestiValle / Agrigento), Germano Centorbi (Kadmonia), Lucrezia Muscianisi (Mish Mash / Milazzo), Marco Loteta (Ustep).

Ciò che è possibile già anticipare è l’evidenza delle potenzialità innovative e trasformative dei boutique festival siciliani risiedono soprattutto in altre dinamiche di natura più socio-culturale. «Il modello dei cosiddetti BF – spiega il prof. Di Bella – si è affermato nel Regno Unito alla fine degli anni ’90. Un’etichetta che era stata fino ad allora utilizzata per indicare piccole ed esclusive botteghe della moda (boutique shops) e alberghi intimi, sofisticati e glamour (boutique hotels), man mano viene ad essere adoperata da un numero crescente di organizzazioni come strumento di posizionamento e di differenziazione. 

FestiValle

FestiValle

Un format di evento ‘outsider’

«In altre parole, si sperimenta un format evoluto di festival musicale, intimo, alternativo, esclusivo ed interattivo, in grado di contrapporsi tanto agli immaginari dei festival basati sui grandi nomi, creati e gestiti nell’interesse dell’industria discografica e dei grandi sponsor, quanto a quelli tradizionali e stereotipati che dipingono i festival giovanili come luoghi affollati del degrado, della trasgressione e del consumo di massa». Nel corso degli ultimi anni, il concetto di boutique festival si è andato ampliando, per includere un ampio e variegato ventaglio di eventi accomunati, però, dalla centralità attribuita alla diversificazione del programma artistico-culturale, al coinvolgimento attivo e creativo dell’audience e ai valori del radicamento territoriale, dell’impegno sociale e responsabilità ambientale. 

«Oggi questo modello – prosegue il docente - è rappresentativo di un nuovo movimento globale di micro festival culturali innovativi, trasformativi ed esperienziali, che si avvale della co-creazione e della valorizzazione creativa di spazi, atmosfere, performance, attività e tecnologie; uno spazio culturale temporaneo di incontro e di collaborazione tra produttori, artisti, attori e turisti creativi, che funge da fucina di contenuti ed esperienze turistiche originali, immersive, e co-prodotte dai partecipanti. In particolare, aprendosi a processi di co-creazione dell’esperienza turistica, i BF sembrano in grado di rispondere sia alle sfide poste dall’emersione del nuovo turismo urbano, contraddistinto tra l’altro dalla richiesta di esperienze creative, originali e co-prodotte dallo stesso consumatore, sia alle esigenze di rilancio del turismo nel contesto post Covid-19 su basi più inclusive e sostenibili».

Mish Mash

Mish Mash 

Innovazione turistica e rigenerazione territoriale

Il progetto di ricerca si è quindi posto l’obiettivo di analizzare come il modello globale dei Boutique Festival sia stato adottato e adattato nel contesto della Sicilia, prestando attenzione soprattutto alle sue potenzialità in termini di innovazione turistica e di rigenerazione territoriale. L’attività di ricerca si è avvalsa della preziosa collaborazione delle strutture organizzative dei festival scelti come casi studio, e si è basata su un ampio ventaglio di metodologie, che hanno integrato strumenti di web analysis, focus group, interviste semi-strutturate e strutturate rivolte a membri delle organizzazioni e questionari rivolti ai partecipanti.

«Volendo semplificare – osserva il prof. Di Bella -, ciò che emerso è soprattutto la capacità di questi festival di operare come laboratori d’innovazione territoriale, nelle sue diverse dimensioni culturali, tecnologiche, ambientali e sociali, e da porte d’accesso per esperienze turistiche originali, innovative, integrate nelle culture locali, al di fuori dei percorsi turistici convenzionali del turismo di massa, e co-prodotte dallo stesso fruitore». 

Lo studio condotto permette quindi di scommettere sul futuro dei BF: «Possono senz’altro assurgere ad importante leva di innovazione e rigenerazione turistica – conferma il docente catanese -, in grado di promuovere una diversa immagine dei luoghi, rinnovare il patrimonio culturale, ampliare l’offerta turistica e intercettare nuove nicchie turistiche, incoraggiando l’adozione di modelli più sostenibili e creativi di sviluppo turistico. Essi inoltre offrono occasioni importanti di spazi di espressione per le culture e le capacità imprenditoriali delle nuove generazioni, di ampliamento della sfera pubblica culturale e di quella politica, di rafforzamento del capitale sociale, ed in ultima istanza di contrasto a quei numerosi e persistenti processi di periferizzazione e in alcuni casi di vera e propria desertificazione economica, sociale e culturale, che continuano a caratterizzare ampie parti del contesto isolano».

Opera

Opera Festival di Milo

Il valore aggiunto delle ‘location’

Strategica è infatti la scelta delle localizzazioni, che si esplicita in diversi casi nella realizzazione di festival diffusi, che prevedono una main venue che ospita gli eventi più affollati, spesso corrispondente ad importanti attrattori turistici ed edifici iconici (Valle dei templi di Agrigento, Castello dei Ventimiglia a Castelbuono, il Castello Maniace di Siracusa, il Castello di Milazzo, Palazzo Biscari), e molte altre località secondarie dall’elevato valore simbolico e culturale, come centri storici, mercati tradizionali, aziende tipiche, vigneti, boschi, aree marine, dove organizzare iniziative collaterali ed eventi off, che spesso contribuiscono all’attivazione territoriale di edifici dismessi, aree abbandonate e luoghi storici scarsamente valorizzati e per lo più sconosciuti al pubblico dei festival. 

A ciò si aggiunge anche l’offerta di esperienze da vivere al di fuori dei luoghi di programmazione del festival, attraverso l’organizzazione di passeggiate, escursioni, itinerari che accompagnano alla scoperta delle risorse paesaggistiche dei luoghi circostanti allo spazio dei festival, promuovendo esperienze di turismo enogastronomico, lento, green ed eco-sostenibile, in cui i festival fungono da porta d’accesso alla vita quotidiana, alle culture e alle tradizioni dei luoghi. 

I punti ‘critici’ del modello isolano

La ricerca ha fatto emergere comunque anche i punti di riflessione critici, connessi tanto agli ampi margini di miglioramento dei Boutique Festival siciliani, non soltanto in termini di servizi offerti ma anche di capacità collaborative e cooperative, quanto alla mancanza di modello regionale di governance del fenomeno dei festival culturali e musicali, trasparente e meritocratico, in linea con i più innovativi modelli nazionali e internazionali, in grado di riconoscere il contributo che anche micro-eventi artistici e culturali, come i boutique festival, possono offrire alla più ampia agenda della sostenibilità. 

Va rilevato, in ogni caso, che da poco è stato formalizzato il network Siciliafestivals, rete imprenditoriale regionale cui partecipano alcuni boutique festival della Sicilia, costituitasi in associazione no profit.

Ricciweekender

 Ricci Weekender

Il panorama catanese

Nella realtà catanese esistono già delle realtà consolidate come Ricci Weekender, e nuove come Opera festival di Milo, che promuovono un diverso modo di intendere la relazione tra festival culturali e sviluppo turistico. «A mio avviso però Catania, può e deve dare molto di più – osserva il prof. Di Bella - Da sempre città dalla spiccata vocazione musicale, nota qualche decennio fa la Seattle italiana, potrebbe tornare a giocare un ruolo d’avanguardia e proporsi come polo d’eccellenza della sperimentazione di idee, pratiche e politiche connesse al fenomeno dei festival musicali, anche valorizzando spazi e creando eventi in grado attrarre l’interesse nazionale e internazionale di artisti, esperti, policy-makers, media, studiosi e turisti creativi».

Per il docente del Dei, servirebbe a tal fine un grande progetto, insieme culturale e sociale, che si avvalga della collaborazione tra il settore pubblico e quello privato, in cui anche l’università potrebbe svolgere un ruolo chiave, che provi a mettere a sistema e valorizzare l’immensa dotazione di conoscenza tecnica e scientifica, di capacità imprenditoriali, di competenze professionali e manageriali e di talento creativo dei giovani siciliani e catanesi, con l’obiettivo di rilanciare l’immagine della città come capitale della musica, riattivare spazi abbandonati e poco valorizzati, ampliare l’offerta turistica, rinnovare il patrimonio culturale materiale e immateriale, attrarre nuove nicchie turistiche in forte crescita, come quelle del turismo dei festival e del turismo musicale. 

Un contesto ideale per le esperienze di studenti e neolaureati

E anche per gli studenti universitari interessati al fenomeno dei BF, lo studio di questo ‘movimento’ consentirebbe di entrare in contatto con modelli di business e prodotti turistici innovativi, attraverso cui leggere e comprendere le tendenze più recenti che stanno investendo l’intero mercato turistico globale, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta. 

«In più – osserva il prof. Di Bella -, i BF rappresentano reti imprenditoriali particolarmente dinamiche e creative, il cui successo dipende dalla valorizzazione di un ampio spettro di figure professionali e di competenze tecniche specifiche delle più importanti industrie creative, come musica e arti performative, comunicazione e pubblicità, artigianato, design, moda, servizi informatici e strumenti digitali: quindi contesti ideali per giovani in cerca di esperienze di stage, tirocinio e lavoro in ambienti formativi, vibranti e stimolanti». 

Arturo Di Bella

Il docente Arturo Di Bella