I briozoi, piccoli organismi che dai Poli ai Tropici informano gli scienziati sui cambiamenti climatici

A La Spezia si è tenuta la conferenza internazionale che ha visto la presenza dei ricercatori dell’Università di Catania

Alfio Russo
Un momento della diciannovesima edizione del Larwood Symposium
Un momento della diciannovesima edizione del Larwood Symposium
Un momento della diciannovesima edizione del Larwood Symposium
Un momento della diciannovesima edizione del Larwood Symposium
Un momento della diciannovesima edizione del Larwood Symposium
Un momento della diciannovesima edizione del Larwood Symposium
Un momento della diciannovesima edizione del Larwood Symposium

L’Enea e l’Università di Catania hanno organizzato nei giorni scorsi la diciannovesima edizione del Larwood Symposium, una delle maggiori conferenze internazionali per la ricerca sui briozoi, organismi acquatici calcificanti, simili ai coralli, molto importanti per il loro ruolo di indicatori ambientali e di potenziali sentinelle del cambiamento climatico.

Ospitato quest'anno dal Centro Ricerche Ambiente Marino di Santa Teresa di Lerici a La Spezia, l’incontro - che si svolge annualmente dal 1998 ed è intitolato al briozoologo Gilbert Larwood – è stato l’occasione per ricercatori provenienti da diversi Paesi di Europa e Asia per un confronto su progressi e novità più rilevanti nella ricerca su questi importanti organismi coloniali.

I briozoi sono organismi presenti dai Poli ai Tropici da oltre 450 milioni di anni, in grado di adattarsi alle condizioni dell’ambiente in cui vivono e sono di estrema importanza per le strategie di adattamento e mitigazione al cambiamento climatico.

Un momento della visita all'installazione dedicata al Mare nascosto

Un momento della visita all'installazione dedicata al Mare nascosto

Attraverso la biomineralizzazione, ovvero il processo che porta alla formazione dei loro scheletri, queste specie sono in grado di ‘registrare’ le informazioni dell’ambiente in cui sono cresciuti (es. temperatura, pH) e sono pertanto ottimi bioindicatori ed organismi modello per gli studi sul cambiamento climatico.

«L’evento di Santa Teresa ha rappresentato una opportunità per approfondire le nuove ricerche effettuate sulle comunità attuali, su quelle fossili e nei più svariati settori disciplinari, da quelli più tradizionali come gli studi di tassonomia o di paleoecologia, a quelli più avanzati, come le indagini genetiche e la ricostruzione dell’evoluzione e della filogenesi del gruppo», ha spiegato la prof.ssa Antonietta Rosso dell’Università di Catania.

Un gruppo di ricercatori presenti ai lavori del convegno

Un gruppo di ricercatori presenti ai lavori del convegno

«Sono state affrontate, inoltre, le tematiche relative alla capacità di questi organismi, oggi come nel passato, di colonizzare nuovi ambienti e di diffondersi in nuovi habitat ma anche di riprendersi dopo eventi di estinzione di massa verificatisi nel passato geologico - ha aggiunto la docente dell’ateneo catanese -. Si è parlato anche della necessità e delle modalità di conservazione e gestione del patrimonio museale relativo a questi organismi e della loro importanza per comprendere il funzionamento degli ecosistemi attuali».

I lavori si sono conclusi con una escursione sul campo al Parco dello Stirone e Piacenziano e al Museo di Castell’Arquato dove sono conservate importanti collezioni di fossili di vertebrati e invertebrati marini che forniscono testimonianza delle grandi variazioni climatiche e ambientali che si sono verificate negli ultimi milioni di anni quando il territorio che oggi rappresenta l’Emilia era parte di un ampio golfo in continuità con l’Adriatico.

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