I gioielli di Pompei analizzati dall'Università di Catania

I docenti Germana Barone e Paolo Mazzoleni hanno svolto analisi gemmologiche non distruttive su alcuni oggetti di valore più importanti rinvenuti negli scavi archeologici 

Alfio Russo
La prof.ssa Germana Barone mentre effettua alcune indagini
Loredana Prosperi e Germana Barone alla presentazione della mostra Ornamenta
Ricercatori mentre effettuano delle analisi
Il prof. Paolo Mazzoneni mentre effettua alcune analisi

Splendide gemme incise, tra cui numerose corniole e un pregiatissimo corindone, e collane con smeraldi di notevole dimensione e pregio. Ma anche orecchini e diademi con perle e bracciali in oro e gemme tra cui uno raffigurante due serpenti con occhi in pasta vitrea, unico nel suo contesto.

Sono solo alcuni gioielli romani rinvenuti negli Scavi archeologici di Pompei, riemersi tra le rovine della cittadina campana distrutta dall'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., che spiccano tra tutti quelli analizzati dai docenti Germana Barone e Paolo Mazzoleni del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania.

Analisi gemmologiche non distruttive su alcuni ‘pezzi pregiati’ rinvenuti a Pompei che i docenti catanesi hanno analizzato nell’ambito di un progetto, nato dall’accordo tra il Centro Orafo il Tarì, di cui è presidente Vincenzo Giannotti, e il Parco Archeologico di Pompei, che vede la partecipazione oltre che dell’Ateneo catanese anche dell’Istituto Gemmologia Italiano (quest’ultimo diretto da Loredana Prosperi). 

Alcuni risultati preliminari delle analisi scientifiche e gemmologiche sono stati presentati all’inaugurazione della mostra Ornamenta, i gioielli della Campania da Pompei alla contemporaneità che si è tenuta nei giorni scorsi al Centro Orafo. La mostra, allestita a cura del Parco archeologico di Pompei, è stato il frutto di un prestigioso progetto che ha visto coinvolto il centro orafo, che comprende 400 aziende del settore dell’oreficeria, ed il Parco, consentendo al visitatore un magico viaggio nel tempo e nello spazio.

I ricercatori dell’ateneo catanese hanno svolto indagini di Spettroscopia Raman e fluorescenza a raggi X con strumentazioni portatili direttamente nei locali del Parco archeologico di Pompei integrando e fornendo nuovi dati alle analisi gemmologiche svolte dalla dott.ssa Loredana Prosperi, direttrice dell’Istituto Gemmologia Italiano insieme con le dott.sse Valentina Gagliardi e Ludovica Faldi.

pompei

Una immagine del Parco archeologico di Pompei

«Le analisi hanno consentito di caratterizzare le gemme comprendendone la provenienza al fine di capire la circolazione dei materiali di pregio nell’antichità - ha spiegato la prof.ssa Germana Barone -. Lo sviluppo di ricerche sulle gemme incastonate in gioielli e oggetti di pregio risalenti a diverse epoche, come quelle svolte nei musei Paolo Orsi di Siracusa e in quello regionale di Messina e, inoltre, nei musei diocesani di Catania e Caltagirone dimostrano l’importanza e la fruttuosità delle collaborazioni tra i gemmologi e i ricercatori di Unict». 

«Collaborazioni che non si limitano al solo ambito museale, ma che trovano sempre più interesse e importanti applicazioni anche nelle attività commerciali, le quali necessitano, ad oggi, nuove competenze indispensabili per approfondire il riconoscimento delle gemme, ma anche e soprattutto agevolare la distinzione tra materiali naturali, sintetici, compositi e trattati» continua la docente dell’ateneo catanese.

Un lavoro frutto di diverse importanti collaborazioni tra alcune delle più importanti soprintendenze, musei e parchi archeologici italiani e l’Università di Catania.