I micro e nanorobot tra futuro e campi di applicazione

Il prof. Martin Pumera del Central European Institute of Technology della Brno University of Technology è stato ospite del Dfa di Unict

Giorgio Anfuso

Il prof. Martin Pumera del Central European Institute of Technology della Brno University of Technology ha tenuto al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Catania un seminario dal titolo Nano and microrobots for biofilm eradication and microplastics remediation.

Ad organizzare l’iniziativa è stato il prof. Mario Urso (leggi l'articolo sulla ricerca a Unict) che per diversi anni ha lavorato al Ceitec di Brno in Repubblica Ceca sotto la guida di Martin Pumera. Ad intervistare l’ospite lo studente Giorgio Anfuso di EPS Young Minds Catania Section.

La ricerca che sta conducendo adesso?

«Sono un elettrochimico, ma il mio interesse nella ricerca è piuttosto vasto perché, dopo 20 o 30 anni, fare sempre la stessa cosa diventa noioso – spiega il prof. Martin Pumera -. Personalmente faccio chimica da quando avevo 14 anni, quindi da 36 anni. Cerchiamo di inventare cose nuove. È importante contribuire allo stato dell'arte e al progresso della scienza, quindi abbiamo sviluppato e ampliato vari temi. Ad esempio, lavoravo sui nanotubi di carbonio, ma non più, non perché siano cattivi materiali, ma perché sento di non poter più aggiungere valore. Lo stesso vale per il grafene: ho dato quello che potevo. Quindi usiamo ciò che abbiamo imparato e lo applichiamo a materiali diversi, cercando di essere all’avanguardia o di sviluppare nuove direzioni».

«Mi piace scegliere temi con prospettive che pochi stanno esplorando, coinvolgere il mio team e spingerci in avanti – aggiunge -. A volte arriviamo lontano e altre volte ci scontriamo con un muro, ma fa parte del gioco. Ma non ho risposto alla tua domanda! Ci occupiamo principalmente di materiali: questo è un dipartimento di fisica, quindi lavoriamo ancora su materiali 2D, ma diversi dal grafene. Lavoriamo molto sul 3D printing, che può sembrare una tecnologia scontata, visto che è possibile acquistare stampanti 3D domestiche. Tuttavia, ci sono molti problemi nell’usare il 3D printing per applicazioni scientifiche, e noi risolviamo questi problemi per poter progredire. Ci occupiamo anche di nanorobotica, un’applicazione interessante della nanotecnologia, e di catalisi e ingegneria a singolo atomo. In termini di applicazioni, lavoriamo su tre aree principali: biomedicina, risanamento ambientale e energia».

Il prof. Martin Pumera

Il prof. Martin Pumera nel corso del seminario al Dfa di Unict

Quali sviluppi futuri potrebbero avere i micro e nanorobot in termini di metodi e campi di applicazione?

«Se mi chiedessero cosa farò tra due anni, risponderei che: Se sapessi cosa farò tra due anni, lo farei ora, così sarei già avanti di due anni – risponde sorridendo il prof. Martin Pumera -. Gli sviluppi futuri sono difficili da prevedere, ma posso dirti le direzioni che considero promettenti. C'è ancora molto spazio per comprendere la comunicazione tra i robot, per esempio. Stiamo cercando di farli comportare come organismi artificiali dal punto di vista funzionale, anche se non si moltiplicano. In campo biomedico, i robot con memoria, che cambiano colore per segnalare il passaggio in ambienti acidi, hanno molte applicazioni. Anche se il futuro è incerto, vedo grandi possibilità nelle applicazioni biomediche».

Una curiosità riguardo alla programmazione di questi nano-robot: nella nostra vita quotidiana abbiamo diversi robot programmati da sviluppatori. Come li programmate?

«Beh, la domanda è cos'è un vero robot? Sai da dove viene la parola robot? Viene dalla lingua ceca – precisa il prof. Martin Pumera -. La parola "robot" deriva da "robota," che significa lavoro forzato, ed è stata coniata dallo scrittore Karel Čapek nel 1920 nel suo dramma Rossum’s Universal Robots. I nostri robot non hanno sentimenti, ma possono essere programmati come degli androidi. Se prendi un orsetto gommoso e lo metti in acqua, si espande; questo è un tipo di programmazione chimica. Possiamo fare cose simili con i nostri robot. Li programmiamo chimicamente e fisicamente affinché reagiscano a determinati ambienti».

È ormai confermato che ci sono particelle di plastica nel nostro sangue. Quali strumenti o alternative potrebbe offrire la ricerca per ridurre l’inquinamento da microplastiche?

«Non mi occupo direttamente di microplastiche, ma i nostri robot possono selettivamente intrappolare le microplastiche e in parte digerirle. È un’idea interessante, ad esempio per applicazioni nelle vie riproduttive, dove le microplastiche si accumulano e possono causare danni», spiega il docente.

Il prof. Martin Pumera nel corso del seminario al Dfa di Unict

Un momento del seminario al Dfa di Unict

Quali sono le maggiori sfide nel passaggio dai prototipi in laboratorio alle applicazioni pratiche su larga scala?

«Il principale ostacolo è il costo – ci tiene a sottolineare il prof. Martin Pumera -. Parlando di risanamento ambientale, molte tecnologie esistenti per la pulizia delle acque sono troppo costose per essere applicate su larga scala. Tuttavia, possiamo usare i robot per rimuovere biofilm che bloccano i pori nei sistemi di purificazione dell’acqua. Mi aspetto che la nostra tecnologia trovi applicazioni di nicchia, piuttosto che rivoluzionare l’intero settore».

Come vedi l'integrazione dell’IA nello sviluppo e nell’autonomia dei nanorobot?

«Abbiamo già visto alcuni progetti interessanti in questo campo, come la capacità di utilizzare il machine learning per controllare il movimento dei robot – continua il prof. Martin Pumera -. Anche se ci sono stati gruppi che hanno preceduto il nostro lavoro, possiamo ancora contribuire significativamente, specialmente nel coordinamento e nel comportamento di gruppo dei robot. L'integrazione dell'IA è un'area in cui vedo molto potenziale».

Che consiglio potebbe dare agli studenti che sperano di entrare nel campo delle nanotecnologie?

«Non farlo... Scherzo!», risponde col sorriso il prof. Martin Pumera. «Il mio consiglio è di scegliere con attenzione – aggiunge -. Durante il dottorato, non si tratta solo di seguire lezioni, ma di imparare come condurre la ricerca, scrivere pubblicazioni e lavorare in gruppo. È importante essere in un ambiente in cui ci si sente supportati e stimolati. Se sei in un gruppo che fa scienza di alto livello, ti sarà più facile trovare opportunità professionali in futuro».

Il prof. Martin Pumera nel corso del seminario al Dfa di Unict

Il prof. Martin Pumera nel corso del seminario al Dfa di Unict

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