Il Coro lirico siciliano, una scommessa per la cultura della nostra terra

L’intervista al maestro Francesco Costa, direttore del coro e direttore artistico del Festival dei Teatri di Pietra

Irene Isajia

«Il Coro Lirico Siciliano? Per noi, così come testimonia il nome, significa impegno come siciliani, impegno per la nostra terra, per la nostra cultura». Il maestro Francesco Costa, direttore del coro, sin dall’inizio sottolinea che questa realtà lirica nasce nel 2008 come scommessa nei confronti della Sicilia.

In occasione di Adrano d’Estate 2023, la rassegna estiva che dal 29 luglio, con 15 spettacoli in programma, sta coinvolgendo un vasto pubblico attratto dalla bellezza dell’arte, il maestro si sofferma sulla storia, sui progetti e sul futuro del Coro Lirico Siciliano. 

Come è nata l’idea di fondare un coro? 

«La mission parte da un'esigenza: quella di assicurare un futuro lavorativo a coloro che investono l'intera vita nello studio del canto – spiega il maestro Francesco Costa -. In Sicilia, a parte il coro del Teatro Massimo Bellini di Catania e del Teatro Massimo di Palermo, non esistevano altre realtà professionali che potessero dare lavoro, permettendo di fare esperienza, a tante persone titolate ma che non avrebbero altro sbocco lavorativo se non quello di insegnare a scuola, abbandonando completamente la propria vocazione artistica». 

«Così è nato il Coro, più per una scommessa – aggiunge -. Io mi sono sempre definito, sin dall'inizio, il masaniello della lirica, perché adoro fare rivoluzioni e in questa terra era necessario. Certamente parliamo di una rivoluzione culturale che, mi creda, ci è costata sacrificio, costanza, abnegazione ma, con orgoglio, siamo riusciti ad ottenere questi risultati che si conquistano giorno dopo giorno. Sappiamo bene quanto la nostra terra sia difficile; il nostro è anche un settore molto complicato e abbiamo scelto di farci spazio esclusivamente proponendo la qualità. Ho creduto da sempre in questo progetto, ho creduto soprattutto nel nome che abbiamo scelto: Coro Lirico Siciliano». 

Il Coro Lirico Siciliano (foto di Maurizio Vittorino)

Il Coro Lirico Siciliano (foto di Maurizio Vittorino)

Il Festival dei Teatri di Pietra, che racconta il forte legame tra musica, cultura, radici, è giunto alla sua quinta edizione. Ci vuole raccontare questo viaggio?

«Il festival nasce proprio per riscattare, attraverso lo spettacolo dal vivo, tutta una serie di location che necessitano di essere liberate, riportate alla loro bellezza – racconta il direttore artistico -. Questo riscatto ha significato impegno per la nostra terra, per i suoi spazi, per i suoi artisti, per la qualità della proposta culturale rispettando il lavoro, il proprio e quello altrui, superando i luoghi comuni, purtroppo crude realtà. Noi abbiamo preferito investire nel rispetto che questa arte e questa professione richiedono. Dopo cinque anni, siamo riusciti, insieme, ad ottenere questi risultati con grande soddisfazione». 

«Teatri di Pietra vuole essere una connessione tra musica, cultura, ma soprattutto radici – aggiunge -. Parliamo di quelle radici che sono nascoste e di cui spesso ci dimentichiamo o non ne conosciamo l’esistenza; radici chiuse in luoghi che raccontano la nostra storia. Quest'anno faremo uno spettacolo dal vivo all’interno della Villa Romana di Terme Vigliatore nel Messinese. La gente del posto la sconosce e noi, con la volontà di farci lo spettacolo, siamo riusciti insieme con l’amministrazione a ripulire il luogo, dandogli il giusto valore, pronto perché la storia incontri l’arte». 

«Con il Festival dei Teatri di Pietra abbiamo preso a cuore siti come i teatri di Tindari e Andromeda a Santo Stefano di Quisquina, ma anche luoghi come questo ad Adrano con il Castello Normanno – continua Francesco Costa -. Molti luoghi magici della nostra cultura tacciono a causa di una politica miope che si ferma, creando una grande inerzia che impedisce il diritto di essere esercitato, il diritto alla cultura. Noi abbiamo scelto di essere controcorrente perché sia posta la giusta attenzione nei confronti dell’altro e di ciascuno attraverso ciò che sappiamo fare, restituire l’arte che è un’enorme responsabilità. Se i teatri sono vuoti, mi riferisco ai teatri d'opera di oggi, la colpa principale non è solo della televisione ma anche della mancata passione degli operatori del teatro». 

Un momento dello spettacolo ad Adrano (foto di Maurizio Vittorino)

Un momento dello spettacolo ad Adrano (foto di Maurizio Vittorino)

Il repertorio del coro spazia dal religioso al sinfonico e non solo grazie anche a innumerevoli collaborazioni di livello nazionale e internazionale con artisti di musica pop e leggera

«A noi piacciono le contaminazioni perché sono arricchenti – spiega il maestro Francesco Costa - ci permettono di sperimentare, di confrontarci con stili diversi e con vissuti lontani dal nostro. Il pubblico ha bisogno di nuove proposte per comprendere il linguaggio lirico. Pertanto, il connubio anche tra coro lirico e i big della musica italiana diventa un amplificatore per l’approccio alla musica in maniera multipla. In questi giorni, ad Adrano, ad esempio, ci siamo esibiti con Silvia Mezzanotte e Mario Venuti, incastonando nel triduo i brani d’opera che sono le radici del bel canto».

«Un esempio di successo è lo spettacolo di Tributo a Battiato con l’orchestra dal vivo – aggiunge il direttore del coro -. A primo impatto emerge il grande appeal che ha sul pubblico che riconosce i brani, li canta, li apprezza; in realtà, alle spalle, c’è un grande lavoro, uno studio musicologico, di armonie, di melodie. Il pubblico che si è avvicinato con curiosità allo spettacolo di Battiato, poi lo abbiamo ritrovato per Carmen, per Tosca. Queste contaminazioni, quindi, sono una scommessa che ci aiuta ad aprire gli orizzonti non solo del nostro io, della professione, ma anche della cultura tutta che possa arrivare al cuore di chi sa ascoltare». 

Il maestro Francesco Costa (foto di Riccardo Militello)

Il maestro Francesco Costa (foto di Riccardo Militello)