Al Dipartimento di Giurisprudenza è intervenuto Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Napoli
Nell’epoca della società digitale anche la criminalità organizzata trova uno spazio dedicato ad essa. Nel corso dell’incontro – nei giorni scorsi nell’aula magna di Villa Cerami al Dipartimento di Giurisprudenza – sono state esposte le criticità contemporanee legate a questo topic grazie anche alla presenza del Procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, laureato proprio a Catania.
Ad aprire i lavori del convegno – dal titolo Il crimine organizzato all’epoca della società digitale - il direttore di Dipartimento di Giurisprudenza, Salvatore Zappalà, e il presidente del corso di laurea in Giurisprudenza, Giuseppe speciale, insieme con il presidente dell’Associazione nazionale antimafia "Alfredo Agosta" Carmelo La Rosa e il componente del Consiglio Superiore della Magistratura Felice Giuffrè.
Accanto all’intervento del Procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, la giornata ha visto la partecipazione dei docenti dell’ateneo catanese Carlo Colloca (Sociologia del territorio) e Ida Nicotra (Diritto Costituzionale).
Da anni in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata, il procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, tra le voci più autorevoli e incisive nel panorama giudiziario italiano, ha guidato inchieste di rilevanza nazionale e si è distinto per l’impegno costante nella diffusione della cultura della legalità, anche attraverso un’intensa attività divulgativa e accademica.
“È un’emozione fortissima, non è facile parlare dentro queste mura, a cui sono molto legato e grato in quanto mi hanno formato dal punto di vista personale”, ha detto Nicola Gratteri.
Il procuratore, sin da subito, ha messo in chiaro un aspetto fondamentale della sua comunicazione: un linguaggio semplice, diretto, senza giri di parole. Una scelta che non nasce dal caso, ma da un obiettivo preciso: farsi capire da tutti, anche da chi non ha una formazione giuridica. In particolare, dai ragazzi.
“Parlo semplice perché voglio arrivare a chi non è del mestiere”, ha evidenziato aggiungendo anche che “il suo sistema linguistico è basato sulla non complessità, ma nel parlare ai non addetti ai lavori, quindi ai ragazzi”.
E proprio in questa direzione si inseriscono le sue parole, pronunciate con fermezza, ma senza retorica.
“Le mafie esistono perché noi vogliamo che esistono” – ha aggiunto - il loro comportamento è da accomunare a quello delle aziende; da sempre hanno voluto e hanno cercato attenzione e riconoscenza da parte della comunità”. Una posizione chiara che smonta la retorica tradizionale secondo cui le mafie opererebbero nell’ombra.

Un momento dell'incontro
“La comunicazione mafiosa si evolve con la tecnologia”, ha spiegato evidenziando come il passaggio delle giovani generazioni (categoria sociale con meno risorse economiche) da social tradizionali come Facebook a quelli moderni come TikTok, “porta le mafie ad emigrare a loro volta, proponendosi come punto di riferimento nei confronti della gioventù”.
Nel suo intervento ha analizzato anche il tema del Dark Web, descrivendolo con un’immagine tanto semplice quanto efficace.
“Se internet è un lago, il dark web è un oceano”, ha detto. Una proporzione estrema, volutamente esagerata, ma utile a rendere chiara la differenza sostanziale tra i due mondi.
Per il procuratore “il dark web oggi è da considerarsi un ‘supermercato della criminalità’, tutto questo accessibile grazie agli strumenti che utilizziamo ogni giorno”. E ha aggiunto anche che “il software contenuto nei nostri telefoni è più potente di quello utilizzato per l’allunaggio”. Una riflessione che invita a pensare con maggiore consapevolezza alla potenza di uno strumento quotidiano che noi tutti deteniamo.
Tuttavia, l’Italia si distingue per le sue capacità investigative. “I nostri investigatori sono stati tra i migliori al mondo nel monitorare e contrastare il crimine informatico legato alla mafia”, ha affermato con fierezza, ma, tuttavia, non manca una nota critica.
Gratteri ha evidenziato come in altri Paesi, la Francia ad esempio, siano oggi più all’avanguardia, anche per via degli “strumenti tecnologici militari a disposizione per il contrasto alla criminalità digitale”.
A questo ha aggiunto un altro elemento, che secondo Gratteri, rende la situazione ancora più umiliante. “Ricevo enormi quantità di dati da Rotterdam”, ha detto, riferendosi alla collaborazione con le autorità olandesi, che forniscono materiale fondamentale per le indagini. Una dipendenza che evidenzia un ritardo strutturale nell’autonomia investigativa italiana, prima considerata, da questi Paesi, come punto di riferimento investigativo.
I partecipanti all'incontro nell'aula magna di Villa Cerami
L’università deve raccogliere la sfida lanciata dalla società
La professoressa Ida Nicotra ha sottolineato “il dovere dell’università di rinnovarsi”. A tal proposito ha evidenziato che “occorre un aggiornamento dei corsi di laurea in giurisprudenza e scienze politiche, con l’inserimento di competenze digitali, intelligenza artificiale e strumenti investigativi”.
“Il giurista del futuro – ha aggiunto – deve saper affrontare una criminalità tecnologicamente avanzata. L’università, soprattutto al Sud, deve scommettere sulla formazione di professionisti capaci di prevenire il crimine, valorizzando approcci multidisciplinari che uniscono diritto, tecnologia e scienze sociali”.
Le mafie si evolvono come specie viventi: è darwinismo criminale
In questo contesto è intervenuto anche il sociologo Carlo Colloca che ha aperto il suo intervento parlando della straordinaria capacità adattiva delle mafie.
“Le mafie si evolvono come specie viventi: è darwinismo criminale”, ha aggiunto. Richiamando L’inganno della mafia di Gratteri e Nicaso, ha sottolineato come fiction e musica possano mitizzare i boss, trasformandoli in “lavoratori di successo” per i giovani. Ha parlato, inoltre, di “welfare criminale”. “Dove lo Stato è assente, le mafie offrono lavoro, protezione e sussidi in cambio di fedeltà, come emerso in un’inchiesta della Procura di Palmi”, ha aggiunto.
“Le mafie presidiano il territorio fisico e digitale, usando criptovalute, piattaforme alternative, finanza online e hacker”, ha aggiunto il sociologo che ha anche denunciato “la nascita di una comunità educante mafiosa che agisce su TikTok e tramite la musica neomelodica”. Basti pensare a qualche esempio eclatante, balzato alla cronaca nei giorni scorsi, in cui si celebra il crimine, si normalizza carcere e droga, e si promuove un “lifestyle mafioso” in contesti segnati da povertà educativa.
“Le scuole – dice – devono diventare infrastrutture di prossimità, punti di riferimento contro dispersione scolastica e NEET”. In chiusura ha parlato di “legalità organizzata”, una rete civile da contrapporre all’illegalità. E ha proposto “di non chiamare più “eroi” i combattenti della mafia, ma “giusti”, perché chiunque può scegliere ogni giorno di stare dalla parte della legalità”.

In foto da sinistra Giuseppe Speciale, Salvatore Zappalà, Carmelo La Rosa, Nicola Gratteri, Ida Nicotra, Felice Giuffrè e Giuseppe Agosta
La digitalizzazione della giustizia
In un contesto in cui la tecnologia digitale è al centro sia delle strategie criminali sia delle attività investigative, il tema della digitalizzazione della giustizia diventa inevitabilmente cruciale.
Su questo tema è stato chiesto al procuratore Gratteri la sua posizione – contraria - all’utilizzo di App2, la piattaforma pensata per digitalizzare la giustizia e facilitare il lavoro dei giudici nell’ambito penale. Il procuratore non ha dubbi sul definire App2 “uno strumento nato male e un progetto sbagliato, con responsabilità che ricadono sia sul governo precedente sia su quello attuale”. “Accanto all’ingegnere informatico non c’è nemmeno un laureato in giurisprudenza”, ha sostenuto con fermezza, sottolineando come questa carenza rappresenti il vero problema.
“Ho più volte sollecitato le istituzioni, avevo fatto richiesta, anzi pregato, di non far entrare subito in vigore App2. Chiedevo di poterlo sperimentare prima, di seguire i nostri suggerimenti, ma non mi hanno ascoltato. Ma se non ascolti chi è del mestiere, rischi di rallentare, invece, di velocizzare il sistema penale”, ha detto.
Nel corso dell’incontro l’ing. Carmelo La Rosa ha evidenziato che la presenza del procuratore Gratteri “è un forte messaggio di responsabilità e speranza” e ha ricordato con commozione il maresciallo maggiore dei Carabinieri Alfredo Agosta, assassinato dalla mafia a Catania il 18 marzo 1982, sottolineando l’importanza dell’associazione che oggi porta con orgoglio il suo nome.
In chiusura è stata consegnata una targa al procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, figura simbolo dell’impegno nella lotta alla criminalità organizzata.