Il Pirata e la tragedia dell’amore impossibile

Nel cartellone del Bellini International Context, il melodramma del 1827 che diventa specchio eterno del Romanticismo

Rossella Liliana Laudani (foto di Giacomo Orlando)

Catania ha celebrato ancora una volta il suo figlio più illustre, Vincenzo Bellini, con un appuntamento che ha unito memoria storica, tradizione e attualità. L’occasione è stata offerta dalla quinta edizione del Bellini International Context, rassegna culturale organizzata dalla Regione Siciliana in collaborazione con diverse istituzioni ‒ tra cui i teatri di Catania, Palermo e Messina e i conservatori ‒ che ogni anno trasformano la Sicilia in un palcoscenico diffuso dedicato al compositore.

Il teatro catanese, intitolato proprio al compositore e custode della sua memoria, si è trasformato in una cornice ideale per questa riscoperta, ospitando nei giorni scorsi la rappresentazione dell’opera Il Pirata in occasione del 190° anniversario della morte; si tratta, infatti, della prima opera che rivelò Vincenzo Bellini al grande pubblico internazionale nel 1827, proiettandolo tra i protagonisti della scena musicale europea.

In foto Celso Albelo (Gualtiero), Irina Lungu (Imogene) e Franco Vassallo (Ernesto)

In foto Celso Albelo (Gualtiero), Irina Lungu (Imogene) e Franco Vassallo (Ernesto)

L’opera è stata presentata in un nuovo allestimento con la direzione musicale di Marco Alibrando e la regia di Renato Bonajuto, affiancati dal cast composta da Irina Lungu (Imogene), Celso Albelo (Gualtiero) e Franco Vassallo (Ernesto). Attorno a loro, orchestra, coro e tecnici del teatro hanno contribuito a restituire l’intensità di un dramma che fonde passione, vendetta e follia, anticipando quella tensione romantica che avrebbe segnato tutto l’Ottocento operistico.

Il Pirata è un melodramma in due atti composto nel 1827 su libretto di Felice Romani, tratto dal mélodrame di Isidore J. S. Taylor Bertram, ou le Pirate, andato in scena a Parigi nel novembre 1826, a sua volta ispirato alla tragedia in cinque atti Bertram, or The Castle of Saint-Aldobrand di Charles Maturin, del 1816. Ambientato nel Castello dei Caldora della Sicilia medievale del XIII secolo, si sviluppa attorno a un triangolo amoroso e tragico.

Gualtiero, interpretato da Celso Albelo, ha dato voce a un personaggio complesso, diviso tra eroismo e fragilità. La parte, scritta per un tenore dalla vocalità agile e penetrante, tipica dell’Ottocento, ha incontrato difficoltà di omogeneità e naturalezza, talvolta segnati da evidenti sforzi vocali. Un ex conte, costretto all’esilio e diventato capo di pirati, ritorna per ritrovare Imogene, la donna amata, ora sposa del suo acerrimo nemico Ernesto, duca di Caldora.

In foto Irina Lungu nel ruolo di Imogene

In foto Irina Lungu nel ruolo di Imogene

Nelle vesti di quest’ultimo, troviamo il baritono Franco Vassallo, che ha incarnato con autorevolezza il rivale, figura tormentata e non priva di umanità, messa in luce con la sua presenza scenica autentica, drammatica, carica di contraddizione e pieno antagonismo, seppur particolarmente affaticato e non sempre in linea nel sostegno della scrittura vocale richiesta.

Il conflitto tra amore e dovere, vendetta e onore, conduce a un esito devastante: Ernesto viene ucciso in duello, Gualtiero viene condannato e Imogene, sopraffatta dal dolore, cade in preda alla follia riscontrabili nell’aria e cavatina Lo sognai ferito, esangue del I atto e Col sorriso d’innocenza, al III atto.

Quest’ultima, interpretata dal soprano Irina Lungu, è il vero fulcro drammatico dell’opera. La sua scena finale, una delle prime e più celebri “scene di follia” della storia dell’opera, citata anche come modello drammaturgico per ruoli romantici successivi, è stata interpretata valorizzando la presenza scenica e il carattere del personaggio, pur con alcune sfide vocali.

I ruoli secondari, tra cui Itulbo, interpretato da Ivan Tanishi, Goffredo ‒ dal basso Mariano Buccino ‒ e Adele, nel soprano Silvia Caliò, hanno contribuito a dare corpo al dramma, fungendo da specchio e contrappunto alla vicenda dei protagonisti. È un dramma di passioni estreme, in cui Bellini mette in risalto il lirismo elegiaco delle arie e la forza teatrale dei duetti e concertati. Emerge la maturità di Bellini: abbandona gli stilemi rossiniani per melodie più lunghe, drammatiche ed emotive, una tappa fondamentale nella sua evoluzione come compositore dell’opera romantica italiana.

Un momento del concerto

Un momento del concerto

Il nuovo allestimento ha puntato su atmosfere cupe e suggestive in grado di sostenere con intensità le linee melodiche tipiche di Bellini, con scene di Arcangelo Mazza e l’utilizzo di immagini liberamente elaborate dalle scene di Alessandro Sanquirico per la prima assoluta del 1827 al Teatro alla Scala.

I costumi di Mariana Fracasso hanno evocato la Sicilia medievale senza cedere in un racconto superficiale; le luci curate da Antonio Alario hanno rafforzato i contrasti emotivi, mentre la direzione del coro di Luigi Petrozziello ha dato risalto ai momenti collettivi.

L’orchestra e il coro del Teatro Massimo Bellini hanno messo in risalto un melodramma romantico che segna la nascita di un linguaggio lirico nuovo, sospeso tra le eredità rossiniane e il pathos drammatico che anticipa Verdi.

Il Pirata si è rivelato non solo un omaggio al grande compositore nella sua città natale, ma anche un’occasione di riscoperta di un capolavoro belcantistico che nelle sue note porta l’urgenza emotiva del Romanticismo. La produzione ha contribuito a realizzare un ponte tra memoria storica e attualità, immerso in una cornice culturale robusta e partecipata.

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