Il ricordo di Nicolò Mineo

Ad un anno dalla scomparsa si è tenuto un convegno internazionale di studi al Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania

Martina Seminara

Il 6 febbraio del 2023 scompare Nicolò Mineo. Già preside dell’allora Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania (dal 1999 al 2005), direttore del Dipartimento di Filologia Moderna, presidente del Consiglio scientifico della Fondazione Verga e italianista di fama internazionale, Mineo ha insegnato per quarant’anni all’Università di Catania, formando generazioni di studenti e studiosi.

«Ad un anno dalla sua scomparsa il Dipartimento di Scienze Umanistiche e la Fondazione Verga hanno voluto onorarne la memoria, dedicando alla sua figura di storico e critico della Letteratura Italiana un convegno di studi», riferisce Andrea Manganaro, docente italianista dell’Università di Catania.

Da parte degli organizzatori - tra i quali Marina Paino, Gabriella Alfieri, Sergio Cristaldi e Andrea Manganaro - un invito a numerosi studiosi, chiamati alla riflessione sugli studi di Mineo, specificatamente su epoche e autori oggetto privilegiato della ricerca di questi, quali Dante, Foscolo, l’Illuminismo: temi intorno ai quali i contributi del professore Mineo preservano ancora oggi un fondamentale valore.

Il pomeriggio del 29 febbraio – al Coro di Notte del Monastero dei Benedettini di Catania - è stato inaugurato dai saluti delle docenti Marina Paino, direttrice del Disum e Gabriella Alfieri, presidente della Fondazione Verga e portavoce dell’iniziativa di pubblicare entro l’anno un volume di scritti verghiani ad opera di Mineo.

In foto da sinistra Marina Paino, Sergio Cristaldi, e Gabriella Alfieri

In foto da sinistra Marina Paino, Sergio Cristaldi, e Gabriella Alfieri

Sono seguite le parole del prof. Giuseppe Savoca, dettate dal ricordo di un amico. Se ne è rammentata, infatti, «l’umanità cordiale vicina al basso e all’alto, spesa nell’attività intellettuale e politica».

E ancora i saluti di Antonio Pioletti, co-fondatore con Gaetano Compagnino e Nicolò Mineo, della rivista Le Forme e la Storia, co-diretta fino alla fine con Mineo. Alla sua memoria è dedicato l’ultimo numero, il secondo del 2023: Il dolore nella letteratura.

Le successive relazioni intitolate a Mineo e Dante, interessate al primo polo d’attrazione delle ricerche dello studioso, sin dalla monografia Profetismo e Apocalittica in Dante (1968), sono state presiedute da Sergio Cristaldi e affidate a studiosi dell’università italiana e straniera tra i quali il prof. Rino Caputo dell’Università di Roma Tor Vergata, a Thomas Klinkert dell’Università di Zurigo, e a Bruno Pinchard di Parigi, studioso del Centro Nazionale di Ricerca francese e presidente della Società dantesca di Francia.

I lavori del giorno successivo sono stati dedicati a Mineo e la modernità, in particolare al Settecento illuminista. La prima sessione, introdotta da Rosario Castelli, docente dell’Università di Catania, ha ospitato le relazioni di Pasquale Guaragnella (Università di Bari), e di Gian Mario Anselmi (Università di Bologna). Sul contributo di Mineo agli studi foscoliani è, infine, intervenuta Beatrice Alfonzetti (Università La Sapienza di Roma).

Un momento dei lavori al Coro di Notte del Monastero dei Benedettini

Un momento dei lavori al Coro di Notte del Monastero dei Benedettini 

Giuseppe Traina, anch’egli docente dell’ateneo catenese, ha introdotto l’ultima sessione del convegno, animata da relazioni riguardanti questioni di storiografia ottocentesca.

Tra gli intervenuti Silvia Tatti dell’Università La Sapienza di Roma, presidente dell’Associazione degli Italianisti; Gino Ruozzi dell’Università Alma Mater di Bologna, su Siciliani e altri, «scrittori definiti da Mineo non tanto “siciliani”, quanto rappresentanti della letteratura italiana in Sicilia», sottolinea ancora Andrea Manganaro.

«Fondamentale lezione impartita e offerta in eredità da Nicolò Mineo - prosegue il docente - rimane quella di assoluta serietà dei nostri studi, di rigore con cui addentrarsi nello studio letterario come in un’indagine sull’umanità, sulla collettività entro cui ciascun individuo è coinvolto», rammentando che «l’Altro e gli altri non sono rintracciabili nell’enfasi narcisistica e vanagloriosa per cui oggi talvolta, persino nel caso dello studioso, si viene premiati. Vale la pena ricordarlo sempre agli studenti: la rigorosità e la coerenza nella scelta di questi studi, forti del valore che essi continuano a preservare».

Proprio in qualità di allievi, nel corso del convegno sono intervenuti Carmelo Tramontana e Sebastiano Italia, italianisti e attualmente docenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche.

«Lo conobbi nel 1992, quand’ero una matricola» racconta il prof. Tramontana. «Noi studenti lo avvertivamo presenza costante e inesauribile. Tra impegni istituzionali, lezioni, ascolto e guida attenta dei giovani formatisi al suo magistero, brillava per noi come esempio di dedizione e serietà», prosegue il docente, che rievoca la compagnia della figura intellettuale del proprio maestro in una moltitudine di occasioni esterne alle aule universitarie, occasioni come quella della Lectura Dantis Siciliana, cicli di letture dantesche fondati e organizzati da Nicolò Mineo e Sergio Cristaldi per un trentennio.

In foto da sinistra Giuseppe Savoca, Sergio Cristaldi e Antonio Pioletti

In foto da sinistra Giuseppe Savoca, Sergio Cristaldi e Antonio Pioletti

«Ne ammiravamo la responsabilità istituzionale fortemente sentita, inestricabilmente congiunta alla passione politica, sia vissuta in prima persona a Catania e soprattutto a Giarre, sia quella intellettualmente vissuta, espressa su quotidiani come La Sicilia – ha aggiunto -. Per noi fu una lezione importante, testimonianza e simbolo di come uno studioso di letteratura debba continuare a fecondare la società civile, il dibattito politico e culturale».

«È questa - spiega il docente - la distanza tra l’intellettuale, teso alla scommessa sul miglioramento sociale, tramite il sapere acquisito, e l’erudito, specialista oltranzisticamente dedito solo a quanto riguardi il proprio lavoro».

In accordo alla fede espressa in apertura dei lavori dal prof. Savoca, in merito al dialogo resistente all’esperienza terrena, Carmelo Tramontana si è soffermato anche su una riflessione di Sciascia a proposito dei siciliani, che invecchiando si scoprono simili ai propri padri; su come «anch’io mi accorgo di quanto l’approccio adottato nello studio di un testo o di un autore sia debitore dell’insegnamento di Mineo, della rigorosità aperta alla curiosità, agli interrogativi personali, quanto la sua concezione della letteratura come passione per l’umanità nella dimensione collettiva, sia anche la mia».

È stato questo il ricordo di un uomo e di uno studioso interprete di un’idea di cultura come correlazione necessaria di un fenomeno, storico o letterario, alla complessità del reale; una cultura che leghi il passato al presente, il quale, diversamente, non risulta che dissociato dal tempo e muto; la memoria di chi, interrogando la poesia di Dante, vi ha scorto in un tempo di sfacelo, guerra e sgomento, com’è anche quello attuale, «il sogno di un’armonia terrena» (2005), di «pacifica e amorosa convivenza umana», «la gioia del conoscere, la sicurezza di una giustizia infallibile» e «la certezza di una rispondenza tra umano e sovrumano».