Al Centro Universitario Teatrale il secondo appuntamento del ciclo di proiezioni e incontri dedicato alle storie dell’Italia meridionale
L’Etna è un vulcano-divo, ma forse anche una diva-montagna nell’immaginario popolare pronto/a ad essere immortalato/a nel suo spettacolo naturale, non più sfondo ma personaggio protagonista per fiction, documentari e filmati amatoriali. Così la professoressa Simona Busni, docente di cinema dell’Università di Catania ha aperto il secondo ciclo di incontri di Immaginarsi al sud, dedicato alle produzioni filmiche riscoperte dal Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale Archivi del Sud.
Il secondo incontro dedicato all’Etna e al suo rapporto con cinema, letteratura e scienza nella loro intersezione. è stato il Kick off, letteralmente ‘calcio di inizio’, di un altro Prin: la ricerca ha un nome fortemente evocativo, l’acronimo CAOS che sta per Catastrophes of Southern Italycon il sottotitoloPhotogènie and remediation of natural disasters. Si tratta di un’indagine condotta dall’università di Catania e quella della Calabria sull’immaginario catastrofico del paesaggio meridionale e della sua rimediazione che abbraccia media, cinema, letteratura, filosofia e scienza.
L’incipit di CAOS è La montagne infidèle, documentario del regista francese Jean Epstein girato durante l’eruzione del 1923 a Linguaglossa che rappresenta «una riflessione sul cinema, la sua essenza e ontologia», ovvero il suo rapporto con la realtà.
In foto da destra Stefano Branca, Daniela Musumeci, Simona Busni, Giovanna Santaera, Corinne Pontillo e Maria Rizzarelli
All’incontro sono intervenuti il dottor Stefano Branca, direttore della sede catanese dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Daniele Musumeci, assegnista del Prin Communicating and Representing the Earth: Structures and Phenomena in the Italian. Context (17th - 19th century) con il prof. Luigi Ingaliso, membro di unità della ricerca di CAOS insieme alle docenti Maria Rizzarelli e Corinne Pontillo per l’area letteraria e Giovanna Santaera per il cinema, assegniste di ricerca.
Il dottor Stefano Branca ne Le rappresentazioni delle eruzioni dell’Etna dal disegno alla filmografia, ha descritto l’influenza culturale dei fenomeni eruttivi e il percorso storico della rappresentazione iconografica dell’Etna a partire da quella del 1634, alla grande eruzione del 1669 nella quale assistiamo a un’esplosione di rappresentazioni pittoriche dell’Etna, fino al Diciannovesimo secolo, quando la rappresentazione diventa tecnico scientifica, attraverso carte sempre più ricche e dettagliate.
Al 1865 risalgono, invece, le prime foto di un’eruzione vulcanica e nel 1910 il primo filmato: un cinegiornale. Pregevole il lavoro fotografico del vulcanologo catanese Gaetano Ponte, che ha documentato cinquant’anni di attività etnea.
Un’istantanea della presentazione di Stefano Branca
DanieleMusumeci, che insieme con Stefano Branca ha curato il volume dal titolo Etna 1971. Tra storia e vulcanologia, si è soffermato sull’importanza della fondazione della sede a Catania dell’istituto vulcanologico che ha contribuito a dare una visione interdisciplinare e quantitativa della vulcanologia. Il volume è arricchito da un archivio di fotografie di Salvatore Tomarchio dell’eruzione del ’71, quando il rapporto della gente con la natura era differente, più diretto e prossimo come mostrato in molti scatti con il popolo davanti al fronte lavico come se fosse uno ‘spettacolo’. Le fotografie fanno emergere l’aspetto antropologico del tema in relazione anche al sacro grazie ai tanti riti per scongiurare le distruzioni.
L’intervento della professoressa Maria Rizzarelli per la letteratura ha individuato nella forza delle parole il confine tra la dimensione referenziale dell’Etna e la sua dimensione mitopoietica, cioè la sua capacità di creare racconti finzionali pur rimanendo legati in maniera indiretta a un contesto. A partire dal Novecento l’Etna interagisce con una costellazione transmediale, tra produzione grafica, fotografica, cinematografica, in costante rapporto con le fonti letterarie all’interno di un immaginario che si lega al tema della catastrofe.
Un momento della presentazione di Daniele Musumeci
La dottoressa Corinne Pontillo, presentando l’obiettivo della sua ricerca, Il mito dell’Etna nell’età contemporanea. Parole, immagini e narrazioni, ha focalizzato il suo intervento su un triplice percorso: il primo sull’Etna all’interno della letteratura di viaggio che mette a fuoco una raccolta di testi legati da somiglianze linguistiche; il secondo, toccando un testo emblematico quale Catasto magico di Maria Corti, tra narrazione e scrittura saggistica, ripercorre tutto l’immaginario relativo all’Etna, connesso anche al mito di sant’Agata; il terzo si muove sull’intermedialità, raccontando il passaggio tra letteratura e cinema: in Teorema di Pasolini, per esempio, la scena conclusiva è stata girata proprio sull’Etna.
Tre declinazioni da considerare nella loro intersezione, rispetto cioè a quell’ibridazione dei linguaggi a cui bisogna far corrispondere un orizzonte comune tra letteratura e cultura visuale.
In prospettiva futura CAOS si interrogherà sui significati della parola catastrofe, così interviene la dottoressa Giovanna Santaera. L’attività delle ricercatrici porterà alla creazione di un archivio digitale sulle eruzioni e sui terremoti attraverso le forme interattive del web, nell’ottica della comprensione del nostro rapporto con il territorio e l’ambiente e come questo cambierà nel futuro.
In conclusione, un video reading affidato alla voce di Giorgia Coco, dottoranda del Dipartimento di Scienze umanistiche dell'Università di Catania: un assaggio di materiali dal 1928 al 1950 con un excursus da Pasolini ai cinegiornali dell’Istituto Luce. Il montaggio è stato curato dalla dottoressa Santaera.
Un fotogramma del video reading interpretato da Giorgia Coco
L’Etna è un personaggio «che troneggia sul paesaggio come fosse un attore capriccioso», ha concluso Simona Busni. Esiste quindi una metafora tra cinema e vulcano, già chiaro a Jean Epstein proprio a partire dalla sua esperienza in Sicilia: come lo sguardo cinematografico agisce sulla realtà dello schermo dando nuova vita alle cose, allo stesso modo la lava trasforma la materia, riportando tutto allo ‘stato elementare’.