Ingegneria gestionale e IA a supporto della giustizia

Grazie al progetto Just Smart un pacchetto di 21 strumenti innovativi per snellire il lavoro negli uffici giudiziari

Mariano Campo

Algoritmi in grado di stabilire il carico di lavoro delle singole sezioni degli uffici giudiziari e monitorare l’operato dei singoli magistrati.

“Cruscotti” e dashboard che, in un attimo, grazie alla combinazione di opportuni indicatori statistici, restituiscono lo stato dell’arte della produttività di un giudice, di una sezione, o permettono di valutare la performance di un intero tribunale.

Simulatori decisionali a supporto delle scelte dei presidenti di Tribunale o di Corte d’Appello, in grado di prevedere l’esito delle soluzioni organizzative da adottare. Sistemi che favoriscono in maniera automatizzata la calendarizzazione automatiche delle udienze o il monitoraggio delle nomine degli avvocati in caso di procedure fallimentari.

L’eterno ‘cantiere Giustizia’, alle prese con l’applicazione della cosiddetta riforma Cartabia e l’entrata a regime del nuovo Ufficio del Processo, può contare da oggi su un ‘pacchetto’ di 21 strumenti innovativi messi a punto dal mondo accademico, che fanno leva sull’ingegneria gestionale e l’intelligenza artificiale per riuscire a snellire e modernizzare i modelli operativi degli eventi giudiziari.

Tutto ciò grazie al progetto JustSmart - di cui l’Università di Palermo è capofila di un partenariato composto anche dagli atenei di Catania, Messina, Cagliari e Sassari – che ha scelto come terreno di sperimentazione i tribunali e le Corti d’Appello dei distretti giudiziari di Cagliari, Caltanissetta, Catania, Messina e Palermo.

La ricerca è stata condotta, nell’arco di due anni a partire dal settembre 2021, negli uffici giudiziari di Sardegna e Sicilia, cinque corti d'appello e ventotto tribunali, circa 300 assegnisti e borsisti di ricerca tra giuristi, ingegneri, aziendalisti, informatici, sociologi e antropologi. 

In particolare, l’Università di Catania (coordinatori e referenti i professori Sergio Fichera, ordinario di Tecnologie e sistemi di lavorazione nel Dicar, e Vania Patanè, ordinario di Diritto processuale penale nel dipartimento di Giurisprudenza) ha messo in campo circa 30 docenti di 7 dipartimenti e quasi 50 tra assegnisti e borsisti selezionati per collaborare ad attività di ricerca per lo sviluppo del progetto finanziato dal Programma Operativo Nazionale “Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020”.

Un investimento complessivo di oltre 56 milioni di euro che ha coinvolto 57 atenei italiani, suddivisi in sei macro-progetti (tra cui JustSmart), per avviare un’attività in stretto raccordo tra le università e gli uffici giudiziari dei territori e con il Ministero della Giustizia volta a migliorare le prestazioni del settore giustizia nelle isole maggiori in coerenza con gli obiettivi del Pnrr. Un’occasione importante per il Sud, chiamato a fornire una risposta credibile su scala nazionale e europea.

Smaltimento degli arretrati e una gestione più efficiente delle attività ordinarie, grazie all’applicazione dell’informatica, dell’ingegneria gestionale e anche dell’intelligenza artificiale ai modelli operativi degli uffici giudiziari: sono stati quindi gli imperativi categorici dell’azione progettuale, così come è stato ripetuto anche nel corso dell’incontro di presentazione dei risultati dell’attività di ricerca dell’Università di Catania che si è tenuto giovedì 21 settembre nell’aula delle adunanze del Tribunale di Catania.

Da sinistra Sergio Fichera, Filippo Pennisi, Francesco Priolo e Vania Patanè

Da sinistra Sergio Fichera, Filippo Pennisi, Francesco Priolo e Vania Patanè

«È un progetto che è nato dopo numerosi incontri preliminari bilaterali – ha ricordato il Presidente della Corte d’appello Filippo Pennisi – e che abbiamo voluto improntare sin dall’inizio alla celerità e alla concretezza. Due istituzioni così tradizionalmente identitarie, come l’accademia e la magistratura, sono riuscite questa volta a conoscersi meglio e a lavorare fianco a fianco per produrre risultati: sono convinto che le occasioni d’incontro vadano incentivate e che questo sia un percorso da continuare». 

Il referente della Corte d’appello per il progetto, il magistrato Mariano Sciacca, ha ricordato che è stata colta un’occasione importante: «C’erano fondi che rischiavano di rimanere inutilizzati, l’opportunità di collaborare ci ha permesso di comprendere meglio le criticità del sistema giudiziario, sotto il profilo giuridico e organizzativo, e di colmare un gap. Adesso dobbiamo portare a sistema questi risultati, validare i progetti elaborati dall’Università e scegliere su quali puntare».

Grazie a una collaborazione virtuosa tra università, magistratura e avvocatura, si è proceduto infatti con la catalogazione dei provvedimenti utili ad assicurare l'uniformità, la qualità e il monitoraggio della giurisprudenza locale, sono state impiegate tecniche di progettazione dei provvedimenti e di reingegnerizzazione dei processi, sono state definite le linee guida, la struttura e i contenuti necessari dei principali provvedimenti decisori e ordinatori.

Il rettore Francesco Priolo ha voluto esprimere apprezzamento per il lavoro condotto dai giovani ricercatori che, «pur avendo spesso background disciplinari diversi, sono riusciti a parlare la stessa lingua, impegnandosi a progettare strumenti di supporto per innovare e rendere più efficiente la macchina giudiziaria. E’ un patrimonio prezioso che dobbiamo impegnarci a non disperdere». 

«Proprio per questo ci teniamo a ringraziare tutti gli uffici giudiziari del Distretto per l’accoglienza che hanno riservato ai nostri borsisti e ricercatori – ha aggiunto la prof.ssa Vania Patanè -. Noi speriamo con convinzione che gli output di questo progetto possano essere adottati negli uffici, una riforma impegnativa come la ‘Cartabia’ può avere successo solo se accompagnata da modifiche di tipo organizzativo e dall’impiego virtuoso delle nuove tecnologie, che consentano di alleggerire gli uffici, modernizzare il metodo di lavoro dei magistrati permettendo loro di concentrarsi sui profili più delicati del proprio ruolo. L’Università di Catania si è dovuta attrezzare per non sprecare questa occasione e raccogliere la sfida di restituire al Paese una giustizia più efficiente e moderna: questa eredità servirà anche a definire, nel prossimo futuro, profili di giuristi in grado di muoversi in una realtà cambiata».

«Lavorare all’interno dei tribunali – ha osservato infine il prof. Sergio Fichera – ragionando e confrontandoci insieme, nel momento stesso in cui veniva condotta la ricognizione, ci ha permesso di comprendere molti dei problemi che all’esterno non sono intellegibili, a beneficio certamente del lavoro dei giudici ma anche di una migliore definizione dei contenuti formativi dei futuri laureati in giurisprudenza». 

A risorse “non crescenti”, l’unica soluzione per raggiungere i target dello smaltimento degli arretrati, dell’aumento della produttività dei giudici e del rispetto delle date di consegna – secondo il docente – è quella di applicare strumenti che consentano di ottimizzare il lavoro, organizzandone al meglio i tempi e le procedure.

«È indispensabile condividere una sensibilità alla gestione e alle misure di prestazione – ha concluso -, con l’obiettivo di delegare opportunamente agli uffici del Processo e pianificare i ruoli, in modo da diminuire i singoli carichi di lavoro. Ma per questo, occorre riuscire a comprendere scientificamente come ‘pesare’ i ruoli e programmare le singole attività, in maniera predittiva e condivisa».