La Chasse au loup

Il dialogo tra la pianista Delia Buglisi e il giornalista-musicista Damiano Nicotra

Damiano Nicotra

È un pomeriggio qualunque. Appena uscito dal Conservatorio, imbocco via Etnea e cammino immerso nei miei pensieri, quando sento una voce femminile qualche metro più avanti: «Dami!». 

È la voce di Delia Buglisi, pianista, nonché mia cara amica. Non la vedo da giorni: l’ultima volta è stata in occasione della rappresentazione di La Chasse au loup, dramma lirico in un atto di Alfred Goffin, su libretto di Luis Huyvans. 

È stata la prima esecuzione in epoca moderna dell’opera, eseguita nella riduzione per pianoforte, violino e voci sotto la direzione del maestro Sirio Scacchetti

Quella sera, sul palco del Centro Universitario Teatrale, si sono esibiti Léa Sarfati (soprano), Alejandro Gabor (baritono) e Stefano Strano (tenore), accompagnati al violino da Gabriele Reale. Al pianoforte, c’era proprio proprio Delia Buglisi

E accanto a lei c’ero io, che le giravo le pagine. La rivedo ora, dopo quella serata storica, seduta a bere un caffè tra i tavolini di un bar. Mi invita a sedere con lei.

Delia: «Grazie ancora per avermi girato le pagine».

Damiano: [Sorrido a occhi bassi] «È stato un piacere. Sono stato bravo?»

Delia: Perfetto. [Improvvisamente si apre in un sorriso divertito] «Forse c’è stato un momento in cui l’hai girata troppo presto, nella prima scena». 

Damiano: «Ah, sì… Scusami!»

Delia: [Con estrema nonchalance] «Ma figurati! Non è stato facile decifrare quel manoscritto».

Damiano: «Ecco, appunto. Però che esperienza, lavorare su un manoscritto autografo».

Delia: «Non credo ci siano edizioni a stampa. Questa partitura è stata dimenticata da tutti dopo le prime rappresentazioni, più di 100 anni fa».

Damiano: «Eh, già. Goffin non è neanche su Wikipedia. Ho saputo che la partitura è stata ritrovata in Belgio». [Dopo l’incontro con Delia, mi sono documentato: il manoscritto è stato riscoperto da Giorgio Longo, docente di Letterature comparate all’Università di Lilla, che ha rinvenuto la partitura nella Biblioteca di Spa, in Belgio.]

Delia: «Beh, è stato un evento importante». 

Damiano: «Io direi che è stato un evento storico. Avete fatto la storia!»

Delia: «Avete? Anche tu l’hai fatta con noi!» [sorridiamo entrambi

Damiano: «Sì. Ed è stato difficile?»

Delia: «Abbastanza». 

Gabriele Reale e Delia Buglisi

Gabriele Reale e Delia Buglisi

Damiano: «Qual è stata la parte più difficoltosa?»

Delia: [Un’abbondante cioccia dei suoi lunghissimi capelli ricci le ricade davanti all’occhio destro; la sposta con il dorso della mano] «Il pianista ha sempre il ruolo di leader…»

Damiano: [La interrompo] «Intendi nella musica da camera?»

Delia: «Sì, ma soprattutto quando si tratta di riduzioni orchestrali, come in questo caso. La parte del pianoforte è il sostegno armonico e quindi, come dicevo, ha il ruolo di leader, di conduttore. Per la Chasse è stato difficile ricoprire questo ruolo, non potendo neanche far riferimento a delle incisioni. Era tutto così nuovo, non era facile avere un’idea dell’insieme».

Damiano: «Non è mai stata incisa?»

Delia: «No, almeno su Internet non c’è niente di niente».

Damiano: «Certo, hai ragione». 

Delia: «Però questo è stato anche un lato vantaggioso, perché ho avuto tante libertà interpretative, le mie idee musicali erano mie e di nessun altro». 

Damiano: «E poi è arrivato il cavaliere sul cavallo bianco».

Delia: [Scoppia a ridere] «Sì, è arrivato Sirio a salvarci. D’altro canto, la presenza del direttore mi ha un po’ destabilizzato, non sono abituata a ricevere ‘comandi’. Per noi pianisti è inusuale avere a che fare con i direttori d’orchestra, tranne nel caso dei concerti per pianoforte e orchestra».

Gli artisti di La Chasse au loup

Gli artisti di La Chasse au loup

Damiano: «E da un punto di vista tecnico quali sono state le sfide più grandi?»

Delia: [Sospira, ci pensa un po’] «Chiaramente, le riduzioni per pianoforte delle partiture orchestrali pongono sempre problemi di natura timbrica. Il suono del pianoforte non può mai equivalere a quello di un’orchestra. Poi la scrittura è veramente strana, sia dal punto di vista ritmico, sia dal punto di vista armónico». 

Damiano: «È pur sempre una composizione del 1915. Erano gli anni di Puccini, ma anche di Stravinsky». 

Delia: «Esatto. E da un punto di vista drammaturgico è scritta davvero bene, il librettista è stato molto minuzioso. Per fortuna parlo francese, perché è proprio dalle didascalie che capivo il mood necessario in ogni sezione, dato che, come dicevamo, non c’è alcuna incisione».

Damiano: «A proposito di drammaturgia, Sirio mi ha detto che i recitativi hanno ritmo serrato e armonie moderniste. Tu che mi dici, invece, delle sezioni cantabili?»

Delia: «Scritte davvero bene, con temi intuitivi e orecchiabili. Lì c’è del verismo, la prima scena mi ricorda molto Pagliacci. Davvero una bella opera».

Damiano: «Magari, chissà, questa iniziativa lancerà l’opera. Magari, finalmente, Goffin potrebbe avere fortuna». 

Delia: «Perché no? Magari nella versione originale per orchestra. Sono molto curiosa di ascoltarla».

Damiano: «Quali sono stati gli aspetti più piacevoli di questa esperienza?»

Delia: «Innanzitutto, lavorare con tre cantanti di alto livello come Léa, Alejandro e il nostro Stefano. E poi, avendo avuto poco tempo, abbiamo dovuto provare per dieci ore al giorno. Questo ci ha detto una grande opportunità di entrare in contatto a livello umano, che è importantissimo quando si suona insieme. Alla fine di questa esperienza Gabriele mi ha detto: «ci conosciamo da una settimana ma mi sembra di conoscerti da una vita!»

Damiano: «Quando si suona ci si mette davvero a nudo, si esprime la propria interiorità».

Delia: «Esatto. E poi confrontarsi significa anche trovare dei compromessi, un po’ come in una relazione. E non puoi farlo da un punto di vista musicale, se prima non lo fai da un punto di vista umano». [Dà uno sguardo al suo cellulare e corruga la fronte]. «Devo andare a studiare. Sto preparando un Improvviso di Schubert, mi dai un parere?»

Damiano: «Certo! Andiamo…»