Al Dipartimento di Scienze politiche e sociali è intervenuto Luigi Di Gregorio
Luigi Di Gregorio, accademico dell’Università della Tuscia e rinomato esperto in consulenza politica, è intervenuto al Palazzo Pedagaggi, sede del Dipartimento di Scienze politiche e sociali, in occasione dell’incontro dal titolo La consulenza politica, come professione.
Il docente si è confrontato con le studentesse e gli studenti del corso di laurea magistrale in Sociologia delle reti, dell'informazione e dell'innovazione, alla presenza della prof.ssa Rossana Sampugnaro, sul mondo della consulenza politica, esaminando in particolare il ruolo di questa professione nelle campagne elettorali, con un focus sulla dimensione internazionale, riportando parecchi aneddoti inerenti alla propria esperienza lavorativa.
L’incontro ha rappresentato un'occasione per approfondire le competenze richieste per intraprendere una carriera nel settore della consulenza politica, con uno sguardo alle dinamiche attuali e alle sfide future.

Un momento dell'incontro
Il mercato della Comunicazione politica in crescita: un settore in evoluzione
“In Italia, la comunicazione politica sta vivendo una fase di forte sviluppo, superando persino quella aziendale – ha spiegato Luigi Di Gregorio -. Agenzie e consulenti registrano una crescente domanda da parte di politici, partiti e associazioni, spinta anche dall'interesse della pubblica amministrazione. Formare i giovani in questo settore diventa cruciale per prepararli a un mercato del lavoro dinamico”.
La carriera di Luigi Di Gregorio, da consulente ministeriale a esperto in istituzioni europee, dimostra le sfide di questo campo: crisi quotidiane, soluzioni rapide e una comunicazione istituzionale che, soprattutto a livello regionale, richiede narrazioni efficaci per colmare il divario con i cittadini.
Un altro nodo è il rapporto tra politica e scienza. “Mentre negli Usa l'analisi dati è centrale da decenni, in Italia resiste ancora una certa diffidenza in merito – ha spiegato -. Con un elettorato sempre più volatile, però, i dati potrebbero diventare indispensabili. Il lavoro del consulente politico è reso complesso da compensi incerti e dinamiche instabili”.
Come sottolinea Di Gregorio, “la comunicazione politica punta alla chiarezza del messaggio, a differenza di quella commerciale, più orientata all’estetica”. Un contrasto con il modello Usa riguarda, infine, gli uffici stampa: “in Italia sono gestiti internamente, mentre oltreoceano si affidano a specialisti esterni, con evidenti differenze nell'efficacia narrativa”, ha spiegato. “Questa differenza incide sulla qualità e sull'efficacia della narrazione pubblica, suggerendo la necessità di un'evoluzione nel settore anche a livello nazionale”, ha aggiunto.
La Comunicazione politica tra strategia e improvvisazione: un'analisi profonda del ruolo dei consulenti nelle campagne elettorali
“La comunicazione politica in Italia è in crescita, ma spesso manca di una vera e propria visione strategica – ha detto il docente -. Mentre negli Usa, come già detto, l’analisi dati è centrale da decenni, in Italia i partiti tradizionali hanno invece a lungo contato sulla fedeltà ideologica degli elettori. Le campagne elettorali italiane, infatti, soffrono di disorganizzazione: manca integrazione tra strumenti di comunicazione, i sondaggi sono mal gestiti e la figura del campaign manager è ancora poco definita”.
“Spesso la comunicazione si riduce a una semplice vendita di messaggi, senza una strategia complessiva ben definita che identifichi con chiarezza il pubblico a cui si rivolge”, ha spiegato.
“Tuttavia, alcuni casi di successo dimostrano che i social media, in particolare TikTok, possono creare un legame autentico con i cittadini; politici poco carismatici hanno saputo sfruttare video emozionali per apparire più accessibili anche agli occhi dei cittadini più scettici – ha aggiunto -. La sfida che deve affrontare la politica italiana secondo Di Gregorio? Professionalizzare i team di comunicazione e migliorare la qualità dei contenuti”.

Un momento dell'incontro
Politica, comunicazione e realtà: il divario tra promesse e fatti
Il caso di Virginia Raggi, ex sindaca di Roma, è stato usato da Di Gregorio durante l’incontro come esempio per mettere in luce le criticità strutturali nella gestione del delicato equilibrio tra comunicazione e azione politica.
“La sua amministrazione è stata spesso oggetto di contestazioni, soprattutto per l'opacità percepita nelle dinamiche decisionali e per un rapporto costantemente teso con gli organi d’informazione, elementi che hanno finito per compromettere significativamente la sua immagine pubblica – ha racconta l’ospite -. Un ulteriore nodo problematico è stato il divario tra la narrazione politica e la realtà quotidiana vissuta dai cittadini: basti pensare alla retorica sull’ampliamento dei servizi sanitari nel Lazio, che si è scontrata più volte con l’esperienza concreta di attese interminabili e inefficienze sistemiche”.
“Tale dissonanza ha alimentato dubbi sull’efficacia e sulla reale incidenza delle politiche pubbliche – ha aggiunto -. Nel dibattito contemporaneo, si ripropone con urgenza la questione della figura ideale del politico: è preferibile un tecnico dotato di competenza settoriale o un comunicatore carismatico capace di orientare il consenso? Il fenomeno Donald Trump ha evidenziato come una retorica semplificata, emotiva e fortemente polarizzante possa imporsi nello spazio mediatico, ridefinendo le regole del confronto democratico”.
In ultima analisi, la riconquista della fiducia collettiva sembra passare dalla capacità della politica di coniugare trasparenza operativa, preparazione concreta e una comunicazione che, pur essendo accessibile, non rinunci alla complessità della realtà.
L'arte della comunicazione politica: un consulente tra destra e sinistra
La conferenza si è chiusa con una riflessione che va oltre il semplice dato tecnico, toccando i nodi etici e identitari del mestiere del consulente politico. Nel suo intervento finale, Luigi Di Gregorio, infatti, ha sottolineato quanto “i confini tra gli schieramenti siano oggi sempre più labili”. “Un consulente, pur operando prevalentemente con forze di centrodestra, può mantenere una postura agnostica, centrata sull’analisi e sull’efficacia della comunicazione, piuttosto che sull’adesione ideologica”, ha aggiunto.
Un passaggio particolarmente significativo è stato il richiamo a una sua intervista rilasciata a la Repubblica, nella quale aveva analizzato, con taglio tecnico e non ideologico, il ruolo sempre più crescente di TikTok nella costruzione del consenso politico. È un esempio emblematico dell’impostazione metodologica di Di Gregorio: privilegiare il rigore analitico rispetto all’identificazione politica, evitando facili e, alle volte, inutili etichette.
Coerente con questa impostazione è anche la scelta di tenersi lontano dai talk-show più conflittuali, preferendo spazi comunicativi meno urlati, dove il dibattito non venga sacrificato in favore dello spettacolo. Di Gregorio ha poi messo in guardia rispetto a un fenomeno sempre più diffuso: la specializzazione priva di etica, che porta alcuni consulenti a lavorare contemporaneamente per forze politiche tra loro opposte, col rischio di distruggere la credibilità del mestiere del consulente politico e alimentare un cinismo crescente nella percezione dell’opinione pubblica.
Pur riconoscendo la propria collocazione culturale e professionale all’interno dell’area di centrodestra, ha ribadito la necessità di porre dei limiti, per non ridursi a meri strumenti di manipolazione. La sua conclusione ha lasciato una traccia netta: in un’epoca in cui la politica rischia di trasformarsi in pura performance, “la comunicazione non può prescindere da un equilibrio tra strategia, neutralità e integrità morale ed etica”, ha detto il docente. È da questa consapevolezza che, secondo Di Gregorio, dovrebbe ripartire ogni “seria riflessione sul rapporto tra politica e società”.