«La cultura è fondamentale nell’ambito di sviluppi socio educativi»

A dirlo è Cristina Gazzola della Fondazione dei Musei Civici di Venezia intervenuta alla terza edizione della conferenza Chain 2024

Lara Grasso

Cristina Gazzola della Fondazione dei Musei Civici di Venezia è intervenuta nei giorni scorsi alla terza edizione della conferenza Chain 2024 che si è tenuta al Monastero dei Benedettini.

Lei si occupa del coordinamento e della progettazione di attività di accoglienza prendendo in oggetto il patrimonio come strumento di intervento di mediazione socio-educativa e linguistica-culturale nelle comunità. Quanto è importante la cultura in ambito socio-educativo, qual è il ruolo della cultura e cosa si può fare per incentivarla e valorizzarla ancora di più?

«La cultura è assolutamente fondamentale nell’ambito di sviluppi socio educativi. Ho un gruppo di ragazzi che non hanno mai visitato un museo, che hanno delle fragilità dei vissuti personali difficili, quindi attraverso il patrimonio riusciamo un po’, tra virgolette, a sbloccare queste loro situazioni emotive, a trovare maggiore autostima e speranza verso un futuro migliore», spiega Cristina Gazzola.

«Chiaramente c'è sempre una progettazione alle spalle, bisogna conoscere bene le persone con cui andremo a fare questo percorso ed io insisto sempre a dire la co-progettazione anche con gli altri partner di questo progetto è fondamentale. Abbiamo visto che adesso i ragazzi vanno al museo, vanno a fare le foto, ci portano gli amici, ci portano la famiglia; è diventato veramente un luogo di frequentazione, un luogo per fare scoperte mentre prima questo non lo era, prima neanche sapevano esistesse uno spazio del genere», aggiunge.

«Le differenze vanno sempre valorizzate, creano bellezza in generale. Ma anche per noi a livello istituzionale abbiamo cambiato proprio visione nel modo di lavorare. E per lavoro intendo l'aspetto proprio di progettazione e di mediazione dei contenuti. Si va, così, a dare importanza a tutti i punti di vista che ci possono essere, non più ed esclusivamente il punto di vista del museo, ma il punto di vista dei visitatori, che è vario, cioè lo spettro, cioè il range, è veramente ampissimo», precisa l’ospite.

Cristina Gazzola

In foto Cristina Gazzola insieme con la docente Maria Rosa De Luca (foto di Grazia Nicotra)

E quindi sulla base di quanto ha detto finora, qual è, a suo avviso, il modo migliore per far approcciare i ragazzi alla cultura?

«In questo caso co-progettare direttamente con i ragazzi “peer to peer”, sentendo le loro esigenze, i loro bisogni, chi meglio di loro può dire cosa piacerebbe a loro fare al museo? Questo laboratorio vede nella rete di progetto proprio gli studenti, perché sono loro che scelgono il museo, sono loro che scelgono i temi degli argomenti di preferenza che vogliono trattare. Non è una cosa che viene imposta, ma è un lavoro di squadra, dove loro sono assolutamente protagonisti e attivi in questa rete di progetto, non fruitori e credo sia fondamentale. Si lavora “con” e non “per”. Questa frase qui secondo me la dice tutta», ha spiegato la rappresentante della Fondazione dei Musei Civici di Venezia.

I laboratori servono anche per far relazionare tra loro i ragazzi di diverse culture, renderli consapevoli che ne esistano di altre oltre alla loro e di imparare, appunto, le culture dei diversi paesi dai quali provengono. Quindi qual è in un certo senso il laboratorio che li ha fatti avvicinare tra loro, che li ha fatti scoprire?

«In questa esperienza specifica ti faccio la premessa che gli studenti che partecipano a questo laboratorio non si conoscono tra di loro, quindi già il primo impatto è difficile perché si trovano in un doposcuola con persone che non conoscono – ha detto Cristina Gazzola -. Quando iniziamo a raccontarci attraverso le opere d'arte, attraverso queste attività di rompighiaccio, ci si rende conto di non essere più soli, di non essere gli unici, “diversi”. E quindi si iniziano un po’ ad abbassare queste barriere personali che abbiamo verso l'esterno, perché ci sentiamo in difetto, più fragili».

«Le attività di esbraiking (rompi ghiaccio) sono assolutamente fondamentali e poi il fatto di accogliere i ragazzi non al museo, ma incontrarci fuori da esso, cioè che sia io ad andare da loro, come il museo che esce dal museo per andare in città, per andare dove si incontrano i ragazzi è già un passaggio importantissimo perché siamo messi alla pari; mentre nel secondo incontro, sono loro a venire, a trovare me, a conoscermi, a scegliere il progetto da intraprendere. Per fare questa seconda attività, quindi, scelgono loro il museo», ha aggiunto.

«Questo li rende, ancora una volta, protagonisti attivi di questa esperienza – ha detto in chiusura -. Secondo me tutte le esperienze, tutti i laboratori, a parte questi due incontri di pre-progettazione, di conoscenza, fondamentali per abbassare un po’ di barriere personali, sono fondamentali, ma poi il grosso delle scoperte, delle sinergie, si crea di fronte all'opera d'arte negli incontri diretti nei musei».