La geopolitica internazionale tra guerre “calde” e “fredde”

Paolo Magri, direttore dell'Istituto per gli studi di politica internazionale, nell’ambito di Taobuk 2023, ha dialogato con la prorettrice Francesca Longo di Unict sugli equilibri del “mondo nuovo”

Alfio Russo

Un mondo nuovo che stenta a trovare un punto di equilibrio tra pezzi di storia del passato che ritornano sempre più attuali creando incertezze, tensioni, crisi economiche e soprattutto politiche. Un contesto in cui l’Europa, alle prese con un conflitto armato “figlio” anche di vecchie ruggini tra Stati Uniti e Russia, prova a svolgere un ruolo di cerniera verso i paesi del bacino del Mediterraneo e soprattutto col “nuovo Sud Globale” in continua crescita demografica e politica.

Temi attuali che - anche a causa del conflitto russo-ucraino, semplice punta dell’iceberg di un quadro politico-economico ben più complesso - hanno scosso particolarmente gli europei alle prese adesso con risvolti inimmaginabili fino a qualche anno fa (l’inflazione su tutti).

A discuterne, lunedì scorso, al Palazzo dei Duchi di Santo Stefano di Taormina, nel corso dell'incontro Verso un 'mondo nuovo'? L’Europa, il Mediterraneo e il Sud Globale, sono stati Paolo Magri, direttore dell'Istituto per gli studi di politica internazionale, e la prorettrice Francesca Longo dell’Università di Catania, nell'ambito della tredicesima edizione di Taobuk - Taormina Book Festival, incentrata sul tema "Le libertà".

«La guerra sta incidendo su molti aspetti, dalla politica internazionale alla nostra vita – ha detto in apertura la prof.ssa Francesca Longo, ordinaria di Scienza politica -. C’è chi parla di ritorno al passato, di rivoluzione e di sfida a quel sistema attuale globale lanciata dalla Russia e da altri paesi, in particolar modo del Sud del mondo, a quell’impianto di regole stabilite nel post caduta del Muro di Berlino che già stava scricchiolando».

Taobuk, un momento dell'intervento della prof.ssa Francesca Longo

Taobuk, un momento dell'intervento della prof.ssa Francesca Longo

Le guerre “calde” e “fredde”

Sulla questione Paolo Magri è andato dritto al nocciolo della questione rilevando come nel corso degli ultimi cinquanta anni «si è pensato che il mondo potesse cambiare con la diffusione prima della tv e poi di internet, poi con la caduta del Muro di Berlino o con l’attentato alle Torri gemelle fino ad arrivare alla pandemia e adesso alle diverse guerre in atto».

«Dopo quella al Covid, ne stiamo vivendo adesso due: una guerra calda, il conflitto armato russo-ucraino, ed una “fredda”, quella economica con la Cina – ha spiegato -. Tre anni di guerre e abbiamo etichettato il tutto sempre con lo stesso termine: entrare in un “mondo nuovo”. Forse stavolta stiamo esagerando un po’ perché stanno venendo meno diversi tabù come la neutralità di alcuni paesi europei come la Svezia e la Finlandia o il riarmo della Germania».

«Se pensiamo bene la Nato è nata per contrastare l’allora Unione sovietica, che non c’è più da tempo, eppure tutti adesso vogliono far parte dell’Alleanza atlantica; Erdogan, definito da molti un “dittatore”, è diventato mediatore del conflitto russo-ucraino; la Polonia, che stava per essere esclusa dall’Ue per le politiche antidemocratiche, diventa “eroina” accogliendo due milioni di rifugiati ucraini – ha aggiunto -. Ma dobbiamo anche parlare di sicurezza energetica, ovvero come trovare a qualsiasi costo energia nuova per sostituire quella fornita dalla Russia; del declino dei regimi con un solo uomo al comando, basti pensare alla Russia o alla Cina, con quest’ultima che ha creato la Via della Seta con infrastrutture lungo 25, ma adesso ci accorgiamo che anche i regimi possono sbagliare. In questo contesto dobbiamo inserire il modello tedesco che continua a commerciare con Russia e Cina sperando in una “democraticizzazione” di questi paesi, ma non è successo questo». 

«Siamo di fronte a un mondo nuovo che emerge, ma che ha tratti di ritorno al passato e tratti di un futuro – ha precisato Paolo Magri -. Ritorno al passato perché assomigliamo al ‘900 con le guerre di trincea, con i cannoni e i missili, con le città distrutte e la gente che muore in strada, le dighe fatte saltate in aria. E ancora la crisi energetica che abbiamo vissuto nel 1973, la famosa austerità, una parola che abbiamo risentito in questi mesi, riducendo i consumi del gas russo e sperimentando una forma diversa: non tanto la scarsità, ma l’innalzamento dei prezzi. E ancora l’inflazione: siamo cresciuti con l’incubo dell’inflazione. Alcuni paesi sono falliti per colpa dell’inflazione». 

Taobuk, un momento dell'intervento di Paolo Magri

Taobuk, un momento dell'intervento di Paolo Magri

E sui tratti del futuro il direttore dell’Ispi si è soffermato sui diversi aspetti dell’economia. «Negli ultimi 30-40 anni ci siamo illusi che la cosa più importante nel mondo fosse l’interesse economico - ha detto -. Bill Clinton ha improntato una campagna elettorale contro George Bush sul motto di It’s the economy, stupid!, ovvero parlava alla gente dei loro soldi in tasca, dei problemi più tangibili per un cittadino. Questo concetto lo abbiamo applicato negli ultimi 30 anni nei rapporti tra Stati che, sia chiaro, sono in “pace” finchè ci sono interessi economici reciproci: tu mi vendi e mi compri qualcosa».

«In sintesi fino a quando c’è un interscambio, un’interdipendenza, così come recita il motto di Clinton, non ci sarà mai un conflitto perché fino a quando passano le merci non ci saranno eserciti – ha precisato Paolo Magri -. Per cui anche con la Russia, con il suo regime, abbiamo mantenuto rapporti economici. Ma con il conflitto russo-ucraino abbiamo scoperto un nuovo concetto, ovvero It’s politics/geopolitcis, stupid!»

«In poche parole se entri in conflitto con un altro paese ti fai del male economicamente. E lo abbiamo scoperto adesso: dove passano gli eserciti non passano le merci come il gas, il petrolio, il grano e ci siamo fatti tutti del male: la Russia che non vende o deve vendere a prezzi più bassi, mentre noi che non compriamo più o compriamo a prezzi più alti» ha aggiunto.

«Il problema è che se succede con la Russia, può succedere anche con la Cina, altro paese con cui commerciamo molto, ovvero la guerra fredda – ha detto Paolo Magri -. Sta emergendo un’età di insicurezza ben diversa dall’età dell’incertezza». 

«Siamo insicuri - ha continuato -: abbiamo sperimentato l'insicurezza fisica, l’ovvio, che si può morire di Covid o per via della guerra e delle sue bombe nucleari; vi è l’insicurezza energetica perché se non c’è abbastanza energia si può spegnere tutto anche quella economica; vi è l’insicurezza alimentare che noi non viviamo, ma nei paesi africani sì, anche per le famiglie benestanti che a causa dell’aumento dei prezzi degli alimenti sono costretti a migrare; vi è l’insicurezza tecnologica: oggi mancano i microchip e quindi le tempistiche delle consegne di attrezzature tecnologiche si sono dilatate a 6 o 8 mesi a causa di quella tensione con la Cina. Noi non vendiamo più i conduttori avanzati alla Cina e loro rispondono allungando i tempi di consegna. In questo contesto vi è anche la questione Taiwan, leader mondiale nella produzione di semiconduttori, che per noi occidentali è indipendente, mentre per la Cina no». 

Il direttore di Ispi, Paolo Magri

Il direttore di Ispi, Paolo Magri

La Cina e le sue ricchezze

Proprio sulla Cina il direttore dell'Istituto per gli studi di politica internazionale, Paolo Magri, si è soffermato evidenziando il ruolo che ricopre nella transizione energetica.

«In questi ultimi decenni in Occidente abbiamo puntato sulle energie pulite e in questo contesto vanno inserite anche le auto del futuro che dovranno essere a ridotto inquinamento – ha spiegato -. Ma dobbiamo considerare che il 54% delle auto elettriche sono praticamente “prodotte” in Cina che detiene i minerali (vedi slide). Questo significa che o troviamo un accordo con la Cina o non facciamo la transizione energetica». 

«L’Occidente non è in grado, se non investendo denaro, di recuperare quello svantaggio tecnologico attuale esistente con la Cina – ha precisato -. Le terre rare sono costituite da materie chimiche presenti in natura, ma difficili da estrarre e la cui estrazione richiede costi e inquinamento. Prima il dominio sulle terre rare era degli Stati Uniti, ma negli ultimi 20 anni hanno perso il proprio dominio per scelta politica, per una maggiore sensibilità verso le tematiche ambientali. Non hanno più puntato sulle estrazioni, mentre la Cina sì e adesso detiene il controllo delle terre rare». 

Il risultato? «Solo per citare alcuni dati: il 41% di estrazione del cobalto e il 73% della relativa raffinazione è in mano alla Cina – ha detto Paolo Magri -. Se arriviamo ad una guerra fredda ed economica con la Cina, cioè se non dovessimo comprare più da loro, ritengo che ci faremo del male lo stesso. In sintesi siamo “siamesi” con la Cina per i troppi interessi economici. Su questo punto aggiungo che già ci sono paesi che commerciano principalmente con la Cina: il Brasile è il primo della lista, eppure sono figli di italiani, spagnoli e portoghesi. Poi ci sono l’Indonesia e l’Australia».

Paolo Magri illustra la guerra fredda Cina-Usa

Paolo Magri illustra la guerra fredda Cina-Usa

E il “mondo nuovo” oggi? 

«È un fenomeno già avviato e cito non a caso il film “Benvenuti al Sud”» ha detto in prima battuta Paolo Magri, rispondendo alla domanda posta dalla prof.ssa Francesca Longo.

«Il Sud del mondo sta sgomitando e vuole pesare molto di più sul piano politico e non solo, basti pensare all’aspetto demografico. Oggi il Sud del mondo pesa per 9/10 abitanti, il restante è il Nord del mondo, ovvero l’Europa, gli Stati Uniti, il Giappone e il Canada – ha spiegato -. Anche economicamente la quota del Pil nominale dei paesi del G7 sta diminuendo sempre più, negli ultimi 20 anni è passata dal 70% a poco più del 50%, mentre la quota dei Paesi Brics (Cina, India, Russia, Brasile e Sudafrica) è cresciuta di quasi il 30%. Cresce maggiormente la Cina, ma crescono tutti e se aggiungiamo paesi come la Nigeria, il Senegal e il Vietnam arriviamo ad una situazione di pareggio. La novità è che i Paesi del Sud del mondo cominciano legittimamente a chiedere un maggiore peso politico e non accettano più che siano gli States & Friends a decidere tutto: i prestiti e i tassi di interesse tramite la Bce, il fondo monetario, l’Onu col diritto di veto».

E per chiarire meglio la situazione Paolo Magri ha ripescato alcune “fotografie” che hanno disegnato la storia. «Cento anni fa la politica mondiale si decideva a Parigi, nel 1919, e al tavolo vi erano un francese, un inglese, un italiano e un americano – racconta -. Avevano vinto la guerra ed erano lì a punire chi l’aveva persa: volevano indebolire l’impero russo e distruggere l’impero ottomano, la Turchia e la Russia. Da quel momento prima l’Europa e poi gli Stati Uniti hanno governato il mondo». 

Un quadro decisamente modificato negli ultimi anni. «Nelle fotografie di oggi abbiamo Erdogan, “dittatore” e successore dell’impero Ottomano, che media tra Russia e Ucraina sul grano; il ministro cinese che media la pace tra l’Arabia Saudita e l’Iran, territori in cui gli Stati Uniti e Europa per decenni hanno cercato di governare – ha aggiunto -. Adesso per la guerra in Europa, nell’ultima “istantanea”, a mediare vi sono sette presidenti dei paesi africani. Siamo nel nuovo mondo! Prima eravamo noi a mediare in Africa dopo aver creato le guerre nei loro territori da ex potenze coloniali, adesso mediano loro per la guerra in Europa. Ai Paesi del Sud non interessa il conflitto russo-ucraino, un confronto armato tra Occidente e Russia, che vuole ritornare ad essere potenza mondiale, perché di tutte le guerre in Africa non è mai interessato a nessuno. Altro aspetto: si è fatto a gara per accogliere i rifugiati ucraini, ma non per i migranti del Sud del mondo».

Taobuk, un momento dell'intervento di Paolo Magri

Taobuk, un momento dell'intervento di Paolo Magri

Un “mondo nuovo” che stenta a decollare

«Il “mondo nuovo” ancora non è stato capito da molti – ha precisato la prof.ssa Francesca Longo -. Così come non è stata compresa del tutto la presenza fortissima e importante nei processi di pace di nuovi attori governativi e non come la chiesa o gli eserciti privati. Durante il Covid abbiamo vissuto l’insicurezza gestendola col coprifuoco e chiudendoci in casa, ma oggi non è più così. Nel nuovo mondo chiudere le porte non risolve il problema, occorre al contrario mettersi insieme per trovare la soluzione. Tutte le guerre che abbiamo vissuto negli anni, ultima Ucraina-Russia, sono state interpretate con concetti molto vecchi e quindi sono ritornati la “guerra fredda” e le grandi potenze come la Cina contro gli Stati Uniti e viceversa».

«Si sono sottovalutate alcune problematiche e siamo ritornati a risolverli con la guerra che nelle relazioni internazionali, purtroppo, è un’istituzione, è l’unico modo con cui fino al 1945 abbiamo risolto i conflitti – ha aggiunto la docente dell’ateneo catanese -. Adesso abbiamo nuove formule e dobbiamo scrivere insieme con i nuovi paesi, i Global south, le future regole per disegnare il “mondo nuovo” che deve essere visto non più come una dimensione geografica, ma come dimensione sociale. Il Sud del mondo lo hanno l’Europa e gli Stati Uniti, è una realtà. Le sfide future, che ci sembrano tradizionali, sono ben diverse e richiedono un nuovo sistema di regole che vanno scritte insieme. Il sistema internazionale va governato attraverso regole nuove che possano regolamentare le diverse situazione trovando anche le soluzioni perchè altrimenti ritorniamo alla risoluzione dei conflitti interstatali tramite la guerra e, con le atomiche a disposizione, non ce lo possiamo permettere».

In chiusura Paolo Magri - insieme con la docente Francesca Longo e con Antonella Ferrara, ideatrice e presidente di Taobuk – ha premiato le studentesse Stefania Sapienza e Elena Toscano della classe III A linguistico del Liceo scientifico “Archimede” di Acireale che si sono aggiudicate il premio “Adotta un autore” per la migliore recensione del libro di Rosella Pastorino “Mi limitavo ad amare te”

un momento della premiazione

Un momento della consegna del premio