La giustizia minorile

Al Dipartimento di Giurisprudenza è intervenuto il presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Roberto Di Bella, sulla problematica che investe diverse aree della città

Pierluigi Bianca

Dispersione scolastica, disagio, violenza, criminalità, aree degradate della città. Sono solo alcune parole chiave della Giustizia minorile, un argomento che investe in pieno la città di Catania così come tante altre in Italia.

Un tema che è stato al centro, nei giorni scorsi, nell’aula magna di Villa Cerami al Dipartimento di Giurisprudenza, dell’intervento di Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, nel corso dell’incontro dal titolo Giustizia Minorile.

Una problematica alquanto estesa e dilagante nella città dell’Elefante e che è molto importante e doveroso da ricordare, investe pienamente le giovani generazioni.

Dopo i saluti del prof. Salvatore Zappalà, direttore del dipartimento di Giurisprudenza, è intervenuto il dott. Roberto Di Bella che ha introdotto il tema evidenziando il disagio che vivono ogni giorno i ragazzi e i bambini delle famiglie che vivono in contesti malavitosi e degradati.

«Tantissimi sono i pericoli e i rischi che corrono questi giovani – ha evidenziato il presidente del Tribunale per minorenni Roberto Di Bella dopo i brevi interventi dei docenti Giuseppe Speciale, presidente del corso di laurea in Giurisprudenza, e Angelo Zappulla di Legislazione minorile -. Sin dall’infanzia subiscono l’influenza dei genitori, gli viene imposto il cosiddetto codice mafioso, la violenza come unico strumento per risolvere i problemi e le controversie delle loro vite».

Senza andare troppo lontano, basti pensare ai quartieri di Librino, San Giorgio, San Cristoforo o di San Giovanni Galermo, luoghi dove la criminalità la fa da padrona, con piazze di spaccio di droga in cui i minorenni rivestono un ruolo, tristemente, da “protagonisti”. 

Dispersione scolastica, disagio, violenza, criminalità, aree degradate della città. Sono solo alcune parole chiave della “Giustizia minorile”, una problematica che investe in pieno la città di Catania così come tante altre in Italia. Un tema che è stato al centro, nei giorni scorsi, nell’aula magna di Villa Cerami al Dipartimento di Giurisprudenza, dell’intervento di Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, nel corso dell’incontro dal titolo “Giustizia Minorile”. Una problematica alquanto estesa e dilagante nella città dell’Elefante e che è molto importante e doveroso da ricordare, investe pienamente le giovani generazioni. Dopo i saluti del prof. Salvatore Zappalà, direttore del dipartimento di Giurisprudenza, è intervenuto il dott. Roberto Di Bella che ha introdotto il tema evidenziando il disagio che vivono ogni giorno i ragazzi e i bambini delle famiglie che vivono in contesti malavitosi e degradati. “Tantissimi sono i pericoli e i rischi che corrono questi giovani – ha evidenziato il presidente del Tribunale per minorenni dopo i brevi interventi dei docenti Giuseppe Speciale, presidente del corso di laurea in Giurisprudenza,  e di Angelo Zappulla di Legislazione minorile -. Sin dall’infanzia subiscono l’influenza dei genitori, gli viene imposto il cosiddetto codice mafioso, la violenza come unico strumento per risolvere i problemi e le controversie delle loro vite”. Senza andare troppo lontano, basti pensare ai quartieri di Librino, San Giorgio, San Cristoforo o di San Giovanni Galermo, luoghi dove la criminalità la fa da padrona, con piazze di spaccio di droga in cui i minorenni rivestono un ruolo, tristemente, da “protagonisti”.    In foto da sinistra Giuseppe Speciale, Roberto Di Bella, Salvatore Zappalà e Angelo Zappulla  “Tenendo conto delle statistiche, in questi luoghi più di un ragazzo su quattro non frequenta la scuola, generazioni di famiglie sono ben lontane dal mondo dell’istruzione e i giovani di età compresa tra i 14 e i 16 anni, purtroppo, sono già coinvolti in casi di omicidi”, ha aggiunto il dott. Roberto Di Bella.  Durante la conferenza, è stato esposto il progetto “Liberi di scegliere”, a cui ha dato vita proprio il Presidente Di Bella, con il supporto dell’Associazione Libera. Grazie a questo progetto si sta lavorando sui ragazzi di scuole e università del territorio per cambiare le cose con molteplici obiettivi come ad esempio un intervento più concreto, dal punto di vista dell’ordinamento civile e penale. E, inoltre, dal 2012, quando non è possibile valorizzare risorse positive in sede locale, i ragazzi coinvolti in contesti di criminalità vengono allontanati dai territori che li vincolano in ‘giri mafiosi’, cercando così di assicurare una migliore educazione, ma anche di correggere quello che potrebbe essere il presagio di queste giovani vite e un destino tristemente segnato in prospettiva delinquenziale. Il progetto prevede anche di ampliare gli orizzonti di questi ragazzi dal punto di vista sociale e culturale e di fargli scoprire che esiste altro al di fuori delle nicchie in cui vivono. La giustizia è intervenuta anche con le madri di questi ragazzi, donne provate dalla situazione della loro famiglia, che non riescono a farsi una vita poiché conosciute come “mogli dei boss”. A volte giovai donne che hanno chiesto aiuto alla giustizia per cambiare, spesso anche diventando collaboratrici di giustizia pur di garantire una vita migliore ai loro figli.

In foto da sinistra Giuseppe Speciale, Roberto Di Bella, Salvatore Zappalà e Angelo Zappulla

«Tenendo conto delle statistiche, in questi luoghi più di un ragazzo su quattro non frequenta la scuola, generazioni di famiglie sono ben lontane dal mondo dell’istruzione e i giovani di età compresa tra i 14 e i 16 anni, purtroppo, sono già coinvolti in casi di omicidi», ha aggiunto il dott. Roberto Di Bella.

Durante la conferenza, è stato esposto il progetto Liberi di scegliere, a cui ha dato vita proprio il Presidente Di Bella, con il supporto dell’Associazione Libera. Grazie a questo progetto si sta lavorando sui ragazzi di scuole e università del territorio per cambiare le cose con molteplici obiettivi come ad esempio un intervento più concreto, dal punto di vista dell’ordinamento civile e penale.

E, inoltre, dal 2012, quando non è possibile valorizzare risorse positive in sede locale, i ragazzi coinvolti in contesti di criminalità vengono allontanati dai territori che li vincolano in giri mafiosi, cercando così di assicurare una migliore educazione, ma anche di correggere quello che potrebbe essere il presagio di queste giovani vite e un destino tristemente segnato in prospettiva delinquenziale. 

Il progetto prevede anche di ampliare gli orizzonti di questi ragazzi dal punto di vista sociale e culturale e di fargli scoprire che esiste altro al di fuori delle nicchie in cui vivono.

La giustizia è intervenuta anche con le madri di questi ragazzi, donne provate dalla situazione della loro famiglia, che non riescono a farsi una vita poiché conosciute come “mogli dei boss”. A volte giovai donne che hanno chiesto aiuto alla giustizia per cambiare, spesso anche diventando collaboratrici di giustizia pur di garantire una vita migliore ai loro figli.

Il pubblico presente nell'aula magna di Villa Cerami

Il pubblico presente nell'aula magna di Villa Cerami

Foto copertina: Librino (renzopianog124.com)