La melodia delle parole

Al Monastero dei Benedettini del Dipartimento di Scienze umanistiche una giornata di studi su Cesare Pavese 

Carmen Musumeci

Una giornata di studi per ripercorrere la vita e le opere di Cesare Pavese. Scritti che, a distanza di decenni, risultano attuali ancora oggi. Le parole che si leggono nelle sue poesie e nei suoi romanzi, infatti, risuonano come un’eco, ricordandoci che i testi importanti e significativi sono “immuni” allo scorrere del tempo.

E non a caso il prof. Antonio Sichera ha aperto i lavori evidenziando l’importanza di «ritornare al mondo di Cesare Pavese per sentire la sua voce». Una giornata di studi – dal titolo Pavese. L’opera poetica – curata dai docenti Antonio Sichera e Antonio Di Silvestro che ha richiamato numerosi studenti e appassionati dello scrittore torinese nell’auditorium del Monastero dei Benedettini dell’Università di Catania.

Dopo i saluti della prof.ssa Marina Paino, direttrice del Dipartimento di Scienze umanistiche, si è tenuta la prima sessione dei lavori della mattinata, Pavese in musica e parole, che ha visto la partecipazione di Franco Vaccaneo, presidente emerito della Fondazione Cesare Pavese, di Mariano Deidda, autore dell’album musicale Deidda canta Pavese, e di Dasha Obidina, chitarrista classica.

Deidda ha tenuto una lezione-concerto e ha raccontato che la sua decisione di mettere in musica le poesie scaturisce dalla volontà di creare un ponte tra il mondo di ieri e quello di domani. «È molto difficile – spiega Deidda – scrivere dei versi o dei testi per le canzoni, che abbiano grande valore, senza prima guardare alla letteratura. Gli scrittori ci hanno consegnato un grande bagaglio a cui attingere».

Cesare Pavese (foto La Presse)

Cesare Pavese (foto La Presse)

E su alcuni aspetti interessanti della poetica dello scrittore torinese sono intervenuti anche i docenti Antonio Sichera e Giuseppe Palazzolo del Disum dell’Università di Catania.

Attraverso la letteratura è possibile mantenere un legame con autori il cui pensiero ha lasciato un segno. In che modo le parole di Cesare Pavese continuano a risuonare ancora oggi?

«Credo che Pavese abbia voluto comunicare la ricerca di un senso della vita. Come i grandi scrittori, Pavese si pone domande che scavano in profondità e di conseguenza le sue opere ci incontrano, perché non si fermano in superficie ma creano una grande tensione verso la ricerca del senso, della verità di sé stessi», spiega Sichera.

Come mai Pavese, pur essendo stato anche un grande poeta, spesso viene ricordato principalmente come romanziere?

«Perché la sua fama è legata a un romanzo, Paesi tuoi, che divenne un caso letterario e lanciò l’immagine di Pavese come scrittore in prosa mettendo un po’ in ombra la sua vocazione poetica, che era in realtà la sua prima vocazione. Senza passare dalla poesia, però, non si capisce Pavese», aggiunge Sichera.

Nello studio delle poesie dell’autore sono emersi anche degli aspetti che potranno avere ulteriori sviluppi in ricerche future?

«Certamente. Esplorare tutto il continente della poesia di Pavese ci ha fatto scoprire veramente un oceano di testi e una sperimentazione continua, un contatto dell’autore con tutta la grande tradizione letteraria italiana, internazionale, americana, e ha messo in luce anche la sua attività di traduttore della poesia tedesca. Questo grande orizzonte in cui Pavese si è mosso fin da giovanissimo, come anche il suo rapporto con la letteratura greca e latina, certamente saranno da indagare, da scoprire ancora», evidenzia Sichera.

Un momento dell'incontro

Un momento dell'incontro

Nelle scuole si parla poco di Pavese. Cosa potrebbe invogliare i giovani allo studio dei suoi testi?

«Effettivamente Pavese non è tra gli autori del canone scolastico, però rappresenta un punto di passaggio significativo, soprattutto per quanti si trovano sulla soglia tra l’adolescenza e l’età adulta. Uno dei grandi temi dell’opera dello scrittore, infatti, è quello della maturità, del diventare adulti portando dentro di sé anche l’universo mitico del ragazzo. E questo, se mediato da bravi insegnanti, è sicuramente un aspetto di grande fascino dell’universo pavesiano», sottolinea Palazzolo.

In che modo la lettura delle poesie di Walt Whitman ha influito sulle sue opere?

«Sicuramente Whitman, fin dalla tesi di laurea, ha rappresentato per Pavese un modello di svecchiamento della poesia, se si pensa al verso lungo, e una porta verso ritmi nuovi e attraverso la quale uscire da una concezione della poesia stretta tra la riproposizione di moduli classicheggianti (e allo stesso tempo logorati dall’uso) e una poesia chiusa, ermetica. Quindi Whitman ha rappresentato un punto di riferimento per l’autore», spiega Palazzolo.

Il primo intervento di oggi è Pavese in musica e parole. Quale rapporto è possibile instaurare tra musica e poesia?

«Proprio il ritmo, la musica sono le condizioni che stanno alla base del linguaggio poetico. Ricollegandomi alla domanda iniziale, forse la scuola dovrebbe riprendere l’uso di una lettura dei testi condotta in un modo che non risulti distratta. La lettura della poesia deve essere in primo luogo quella dell’insegnante che deve farne sentire il ritmo», evidenzia Palazzolo.

«E questo può diventare anche un importante veicolo di trasmissione della poesia alle nuove generazioni: mostrare come si avverta, verso le strutture metriche, la stessa tensione che si può ravvisare in un brano musicale o anche in un testo recente, non perché siano simili dal punto di vista della sonorità, sono naturalmente degli universi molto distanti, ma perché si nota lo stesso sforzo di mettere in frizione la parola con il ritmo, con la musica», spiega in chiusura Palazzolo.

La capacità di farci sentire partecipi di qualcosa; è anche questa la grande forza della poesia, della musica, dell’arte.

Un momento dell'incontro

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