La Palestina al cinema

Maurizio Palermo di Assopace Palestina è intervenuto al ciclo di seminari “Conoscere il mondo islamico” promosso dal Disum

Cristina Anastasio

La produzione letteraria e artistica del mondo arabo è stata al centro del terzo modulo – dal titolo Letterature, arti performative e cinema – del ciclo Conoscere il mondo islamico promosso dal Dipartimento di Scienze umanistiche.

Ad aprire questo modulo del ciclo – quest’anno dedicato al Mondo islamico: guerre, diritti e manifestazioni artistiche – è stato Maurizio Palermo di Assopace Palestina con una relazione sul tema “La Palestina al cinema”.

Il relatore ha cominciato la sua presentazione mostrando una video intervista a Daniela Weiss che l’ha definita “uno dei personaggi più autorevoli del movimento dei coloni israeliani che punta all’annessione della Cisgiordania a Israele”.

In seguito ha passato in rassegna alcuni film e cortometraggi palestinesi. “Per i palestinesi – ha spiegato - il cinema rappresenta uno dei mezzi per esprimere l’oppressione da parte dello Stato Israeliano”.

E in prima battuta si è soffermato sui “film che hanno una finalità esplicita di denuncia dell’occupazione Israeliana”. Un esempio è il film 3000 notti, prodotto nel 2015 con la regia di Mai Masri che racconta la storia di una giovane insegnante palestinese che viene incarcerata ingiustamente e condannata a otto anni di reclusione per aver dato un passaggio a un giovane palestinese sospettato di essere coinvolto nell’organizzazione di un attentato”, ha spiegato.

Un altro film che denuncia esplicitamente l’occupazione è “Jenin, Jenin, un documentario girato nel 2002 dopo i 12 giorni di occupazione del campo profughi di Jenin da parte dell’esercito israeliano. Il film è stato prodotto con la regia di Mohammad Bakri, regista palestinese molto conosciuto”, ha aggiunto Maurizio Palermo.

jenin, jenin

Per il tema trattato “il produttore esecutivo del film Lyad Samoudi è stato ucciso dall’esercito israeliano poco dopo la fine delle riprese”.

“Le forze di difesa israeliane comunicarono che Samoudi era un militante armato della Brigata dei Martiri di al-Aqsa – ha aggiunto -. La proiezione del documentario è stata  proibita da Israele e il regista è stato denunciato per diffamazione da un ufficiale che compariva per pochi secondi all’interno della pellicola, ed è stato condannato con un risarcimento nei confronti dello stato israeliano”.

“Per aver diretto questo documentario il regista Mohammad Bakri è stato considerato un traditore dello Stato di Israele e simpatizzante del terrorismo”, ha spiegato il relatore.

“Sono stati prodotti anche film non apertamente ostili all’occupazione come Wajib – invito a un matrimonio del 2017 – ha aggiunto -. Wajib vuol dire "obbligo", "dovere", riferendosi alla tradizione palestinese per la quale gli inviti a un matrimonio di una ragazza devono essere consegnati di persona dal padre e i fratelli”.

“Nel film, in occasione del matrimonio di sua figlia, Abu Shadi, insegnante a Nazareth, coinvolge suo figlio Shadi, architetto a Roma, nella consegna degli inviti al matrimonio della sorella – ha precisato -. Il soggetto sembra non essere l’occupazione israeliana, ma il tema dell’oppressione che ricorre nel contrasto tra le diverse opinioni tra padre e figlio. Mentre il padre è rassegnato all’oppressione palestinese, il figlio è animato da sentimenti di ribellione. Gli attori che interpretano il padre Shadi e il figlio Abu Shadi sono Mohammed Bakri e suo figlio Saleh Bakri”.

wajib

Il relatore Maurizio Palermo si è soffermato, nel corso dell’incontro, anche sui cortometraggi.

“Un mezzo molto usato dai registi palestinesi per esprimersi è il cortometraggio – ha spiegato -. Già da diversi anni molti registi palestinesi partecipano a festival internazionali del cinema. Tra gli eventi più sentiti sul mondo arabo spicca Al Ard film festival, una rassegna cinematografica internazionale che si svolge a Cagliari ogni anno dal 2002, con lo scopo di divulgare la cultura e l’arte palestinese ed araba e di promuovere i diritti fondamentali, tra cui il diritto all’autodeterminazione  della Palestina”.

“Al Ard vuol dire ‘la Terra’, indicando che in Palestina il problema della terra è fondamentale”, ha aggiunto. A seguire il relatore ha illustrato il Nazra Palestine short film festival che “suscita sempre più interesse in Italia e all’estero” e che ogni anno seleziona, tramite una giuria internazionale, una ventina di finalisti tra tutti i corti presentati.

“Il festival mira alla diffusione di una narrazione della Palestina diversa da quella coloniale israeliana. Nazra in arabo vuol dire "sguardo", una fotografia sulla condizione palestinese e sulla violenza esercitata su un’intera popolazione costretta a subire apartheid e violazione dei diritti fondamentali – ha spiegato -. Ogni anno sono invitati i registi a presentare cortometraggi prodotti non più di cinque anni prima, che trattano temi correlati all’occupazione palestinese”.

al ard

“I cortometraggi finalisti vengono presentati al festival Biennale Cinema di Venezia ogni anno, in seguito il festival comincia a essere itinerante: le città italiane che aderiscono al Nazra short film festival ospitano la proiezione dei cortometraggi finalisti”, ha aggiunto.

“Quest’anno al Nazra hanno aderito più di 50 città, e dopo il termine per dare l’adesione sono arrivate altre richieste di partecipazione – ha spiegato -. Per consentire alle altre città di partecipare, è partito il Nazra off che durerà fino al 31 dicembre”.

Nei giorni scorsi, al Teatro Coppola, sono stati proiettati diversi cortometraggi finalisti al Nazra.

Maurizio Palermo, inoltre, ha presentato altri due cortometraggi: Mar mama del 2023, diretto da Majdj El Omari, e The present del 2020 con Saleh Bakri come attore protagonista.

In chiusura Mirella Cassarino, docente di Lingua e letteratura araba al Disum, in merito ai cortometraggi, ha evidenziato come “ciò che emerge da questi due film è il tema dell’infanzia”. “Siamo di fronte alla narrazione della vita di bambine, testimoni e protagoniste di forme di sopruso e di violenza che vengono perpetrate ai altri palestinesi quotidianamente – ha aggiunto -. Così come la memoria si conserva nei testi letterari, anche la funzione del cinema contribuisce a comunicare attraverso docufilm e  cortometraggi”.

In foto Mirella Cassarino e Maurizio Palermo

In foto Mirella Cassarino e Maurizio Palermo

Conoscere il mondo islamico

“Conoscere il mondo islamico” è titolo dei seminari didattici interdipartimentali promossi dal Dipartimento di Scienze umanistiche e che quest’anno è giunto alla decima edizione.

Quest’anno il ciclo è dedicato al tema Mondo islamico: guerre, diritti e manifestazioni artistiche. Per celebrare questa ricorrenza le docenti organizzatrici, Laura Bottini (Storia dei Paesi islamici), Mirella Cassarino (Lingua e letteratura araba), Alba Rosa Suriano (Lingua e letteratura araba) e Cristina La Rosa (Lingua e letteratura araba, coordinatrice) hanno pensato di riproporre tre delle tematiche che, nei laboratori precedentemente svolti, hanno riscosso un particolare successo fra il pubblico degli studenti e la società civile.

Si tratta delle riflessioni sulle guerre in area vicino e medio-orientale, sulle donne e sui processi di emancipazione femminile e su peculiari aspetti della produzione letteraria e artistica.

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