La proteina TSPO, un biomarcatore non invasivo per i pazienti affetti da SLA

Lo studio condotto dal gruppo di ricerca della docente Angela Messina approfondisce i meccanismi molecolari alla base della disfunzione mitocondriale e della neurodegenerazione

Alfio Russo

Un nuovo “tassello” nella lotta alla Sclerosi Laterale Amiotrofica, una malattia al momento incurabile che solo in Italia colpisce oltre 6mila pazienti di cui 500 in Sicilia.

A fornirlo è un gruppo di ricerca dell’Università di Catania che ha pubblicato lo studio scientifico sulla prestigiosa rivista Cell Death & Disease del gruppo Springer-Nature con l’articolo “ERK1/2-dependent TSPO overactivation associates with the loss of mitophagy and mitochondrial respiration in ALS

Una ricerca incentrata sul “ruolo” che giocano i mitocondri nelle cellule affette da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), la malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni e determina una progressiva perdita della mobilità.

I mitocondri, infatti, sono le centrali energetiche delle cellule, ma il loro funzionamento è fortemente compromesso dalla malattia. Utilizzando un modello murino di SLA, il gruppo di ricerca catanese ha individuato un nuovo marker di malattia, una proteina mitocondriale chiamata TSPO, che impedisce ai mitocondri irreversibilmente danneggiati di essere “riciclati” come invece accade nelle cellule sane. Un meccanismo simile era stato precedentemente osservato anche per il Morbo di Parkinson. 

Una ricerca che è il frutto della collaborazione tra la docente di Biologia molecolare Angela Messina e Andrea Magrì (ricercatore di Biologia molecolare) del dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali con i ricercatori Francesca Guarino (associato di Biologia molecolare) e Cristiana Lucia Rita Lipari (PhD student) del dipartimento di Scienze biomediche e biotecnologiche e Antonella Caccamo (ricercatrice di Fisiologia) del Dipartimento di Scienze del farmaco dell’Università di Catania. A collaborare allo studio -  supportato dal progetto PEPSLA, finanziato tramite il bando Proof of Concept del Ministero dell’Università e della Ricerca – anche Stefania Zimbone dell’Istituto di Cristallografia del CNR di Catania.

«I risultati ottenuti con questa ricerca – spiega la docente Angela Messina - permetteranno di comprendere più a fondo i meccanismi molecolari alla base della disfunzione mitocondriale e della neurodegenerazione». 

Da sinistra Francesca Guarino, Angela Messina, Andrea Magrì e Stefania Zimbone

Da sinistra Francesca Guarino, Angela Messina, Andrea Magrì e Cristiana Lipari

La funzione dei mitocondri 

«I mitocondri sono organelli cellulari essenziali per il sostentamento energetico e sono particolarmente importanti nei neuroni, in quanto essi richiedono grandi quantità di energia per funzionare – spiega il ricercatore Andrea Magrì -. La disfunzione mitocondriale è cosa nota da diversi anni, nonché comune a tutte le malattie neurodegenerative, la ritroviamo anche nel Morbo di Alzheimer e Parkinson. Tuttavia le cause sono ancora poco chiare. Nella SLA è stato già dimostrato come alcune proteine aberranti, ovvero proteine mutanti non correttamente organizzate, possano depositarsi sulla superficie del mitocondri impedendo i normali scambi di sostanze tra interno ed esterno dell’organello, oppure interferendo con il funzionamento di vari enzimi mitocondriali». 

Il nuovo biomarcatore 

«Come ampiamente atteso, i nostri modelli murini di SLA presentavano una riduzione del funzionamento dei mitocondri senza che la loro massa (parametro approssimabile al numero dei mitocondri) diminuisse: eppure, la cellula dovrebbe essere capace di rimuovere mitocondri irreversibilmente danneggiati per eliminarli e impiegare le componenti “sane” per la produzione di nuovi mitocondri (un processo noto come mitofagia) – spiega il primo autore della ricerca -. Partendo da queste considerazioni, abbiamo analizzato l’attivazione della mitofagia nei motoneuroni affetti da SLA, osservandone una compromissione. Da lì abbiamo ipotizzato il coinvolgimento di TSPO, una proteina già nota ma solo recentemente associata a meccanismi simili in modelli di Morbo di Parkinson. In particolare, abbiamo osservato un aumento di circa tre volte nella concentrazione di TSPO rispetto alle cellule sane, e tale aumento associava alla diminuzione proporzionale di proteine direttamente coinvolte nell’attivazione della mitofagia. Pertanto, i nostri risultati suggeriscono per TSPO un ruolo come marker generale di disfunzione mitocondriale nella SLA e, più in generale, nelle malattie neurodegenerative». 

La proteina mitocondriale chiamata TSPO

«E' già nota per il suo coinvolgimento in moltissime funzioni essenziali per i mitocondri. Per esempio – continua il ricercatore - partecipa nell’import di vari ioni e del colesterolo, nella sintesi di alcuni ormoni. Tuttavia, il suo ruolo nella mitofagia è ancora poco chiaro: allo stato attuale, non possiamo affermare che TSPO contribuisca nell’eliminazione dei mitocondri. Non conosciamo l’esatto ruolo di TSPO in questo processo e, infatti, ulteriori studi saranno necessari in futuro. Ciò che possiamo sicuramente affermare è che nei motoneuroni affetti da SLA, la sintesi di TSPO aumenta e ciò potrebbe fungere da “segnale” e inibire la mitofagia».

Il gruppo di ricerca che già da tempo sta “combattendo” la SLA

«Il nostro gruppo è molto attivo in questo campo e si occupa di disfunzione mitocondriale nella SLA sin dal 2014 – racconta Andrea Madrì -. Nel 2021 abbiamo pubblicato uno studio sulla rivista Biomedicines in cui dimostriamo l’efficacia di un peptide chiamato NHK1 nel migliorare l’attività dei mitocondri in cellule modello di SLA. Si tratta di una molecola farmacologicamente attiva da noi brevettata, che stiamo attualmente testando anche nell’animale modello SLA, e che prevediamo di testare nel prossimo futuro anche in altri modelli di malattia».     

La geografia della malattia

«I casi genetici rappresentano circa il 5-10% del totale, poiché per la maggiore la malattia è a insorgenza sporadica – spiega il ricercatore -. Come per le altre malattie neurodegenerative, anche per la SLA sono stati ipotizzati dei fattori ambientali benché il loro ruolo non appaia ancora del tutto definito. Tra questi troviamo traumi, fumo, esposizioni a pesticidi e l’attività sportiva, soprattutto a livello agonistico. Com’è noto, i calciatori in particolare sembrerebbero ammalarsi due volte in più rispetto alla norma; addirittura, il rischio triplica se si analizzano le statistiche dei calciatori di serie A come evidenziato da uno studio epidemiologico dell’istituto Mario Negri». 

«Per quanto riguarda la distribuzione dei casi – conclude Andrea Magrì - attualmente le regioni più colpite sono anche le più numerose come Lombardia (quasi mille casi), Campania e Lazio (circa 600 cas), Sicilia e Veneto (circa 500)».