Al via il nuovo ciclo di seminari su “Poteri, spazi, conflitti” promossi dal Center for the History of Power
Dopo Copernico e Galileo, la Terra smette di essere il centro dell’universo; dopo Colombo e Magellano, il mondo perde i suoi confini certi. L’uomo si ritrova così ad essere parte di una realtà potenzialmente infinita. Di questa ‘scoperta dell’infinito’ e, in particolare, di come mutò la percezione del potere quando nella cultura europea, tra Rinascimento e Illuminismo, si ampliò l’orizzonte del sapere e si dilatarono i confini geografici, ha parlato giovedì 16 ottobre il prof. Manfredi Merluzzi, storico dell’Università di Roma Tre, invitato ad aprire il ciclo di seminari dal titolo “Poteri, spazi, conflitti” nel Coro di Notte del Monastero dei Benedettini.
L’iniziativa seminariale è promossa dal Center for the History of Power (CHISPO – Fondazione Giarrizzo / Università di Catania), diretto dalla prof.ssa Lina Scalisi, ordinaria di Storia moderna nel dipartimento di Scienze umanistiche e prorettrice dell’Ateneo, e coordinata dal dott. Giacomo Santoro. Ospiti dei prossimi incontri saranno gli storici Manuel Rivero Rodrìguez (Universidad Autónoma de Madrid), 12 dicembre 2025; Pasquale Palmieri (Università di Napoli Federico II), 14 gennaio 2026; Vincenzo Lagioia (Università di Bologna), 3 febbraio 2026; Nicoletta Marini D’Armenia (Università di Napoli L’Orientale), 12 marzo 2026; Alice Raviola (Università di Milano), 15 aprile 2026; Giancarlo Casale (European University Institute), 11 maggio 2026.

In foto da sinistra Giacomo Santoro, Manfredi Merluzzi e Lina Scalisi
“Poteri, spazi, conflitti”
«Il nostro proposito è quello di approfondire un arco cronologico che va dalla fine del Medioevo fino al Settecento e oltre – ha annunciato la professoressa Scalisi –. Da ottobre a giugno, studiosi di riconosciuta autorevolezza, insieme a giovani ricercatori, offriranno nuove chiavi di lettura della modernità, fondamentale per comprendere il mondo contemporaneo. È la prova che la storia è una disciplina in continuo rinnovamento e che la ricerca umanistica rappresenta uno strumento essenziale di conoscenza, cittadinanza e costruzione consapevole del futuro».
Quell’epoca, quasi quattro secoli a partire dalla conquista del Nuovo Mondo e dalla caduta di Costantinopoli, corrisponde a una fase cruciale della storia europea, segnata da grandi transizioni: la nascita degli Stati moderni, l’espansione coloniale, le rivoluzioni scientifiche e la progressiva ridefinizione delle strutture di autorità. Attraverso la lettura di fonti d’archivio, la discussione di ricerche in corso e l’intreccio tra storia politica, storia sociale e storia culturale, gli incontri offriranno una prospettiva dinamica sulle relazioni tra potere, società e territorio, mettendo in luce i meccanismi di legittimazione e i conflitti che ne derivano.
«I nostri studenti devono comprendere il mondo – ha concluso la prof.ssa Scalisi - e noi gli offriamo l’opportunità di poter ascoltare gli studiosi che più autorevolmente si stanno muovendo in questa direzione, producendo ricerche utili ad interpretare i processi storici e le varie eredità nel mondo contemporaneo, a comprendere i cambiamenti e a individuare le nostre stesse radici, che non sono deboli, ma hanno soltanto bisogno di essere rigenerate».
“La ricerca di nuovi significati ed equilibri”
Cosa accade al potere, è stato l’interrogativo di partenza, quando viene a cambiare profondamente il modo in cui l’uomo concepisce il mondo e sé stesso? Tale quesito investe la dimensione politica e simbolica delle élite, la tensione tra autorità e libertà, tra ordine e apertura, e invita a interpretare la modernità non solo come un processo di progresso istituzionale, ma come un vero e proprio laboratorio di conflitti, trasformazioni e contraddizioni. «Quel processo – ha osservato il prof. Merluzzi – ricorda, in parte, ciò che oggi avviene con la fisica quantistica, capace di rimettere in discussione le teorie di Einstein formulate appena un secolo fa. Anche nell’età moderna si produsse un’enorme apertura epistemologica e l’intera società fu chiamata a ridefinire le proprie coordinate scientifiche, religiose, etiche, politiche e morali».
«Nel Medioevo la legittimazione del potere derivava infatti principalmente dal sacro, sorretta da un complesso sistema di riferimenti teologici e morali che ordinavano il mondo – ha spiegato lo storico –. Con l’età moderna, però, questi equilibri si trasformano profondamente, generando anche secoli di violenze e guerre di religione. Tuttavia, non si tratta solo di momenti di crisi o di disordine: erano, piuttosto, espressione di una ricerca – potremmo dire fisiologica – di nuovi significati e nuovi equilibri. Era il tentativo di ricostruire un senso del mondo e del proprio rapporto con esso, alla luce del nuovo modo di intendere l’universo».
L’era del “Nuovo Mondo”
Proprio dall’America Latina, dedicando una dovuta attenzione a quelle trasformazioni territoriali e culturali che, tra Europa e mondo extraeuropeo, hanno ridefinito i rapporti di potere nella modernità, ha preso il via la ‘lectio’ del prof. Merluzzi, che ha riportato alla luce la figura e l’opera di alcuni personaggi rilevanti.
Tra questi, il viceré del Peru don Francisco Álvarez de Toledo (1515–1582), uno dei più importanti e influenti amministratori coloniali della Spagna nel Nuovo Mondo, durante il regno di Filippo II, e il gesuita Padre Bernabé Cobo (1582–1657) missionario e naturalista spagnolo.
Il primo, pur essendo un amministratore e non uno scrittore di professione, lasciò alcune opere e documenti storici di enorme importanza per capire il Perù coloniale del Cinquecento, promuovendo e facendo redigere testi ufficiali, cronache e relazioni, inclusa la Historia indica (1572) scritta da Pedro Sarmiento de Gamboa, per confutare la legittimità del potere incaico e giustificare la conquista spagnola, che oggi sono considerati a pieno titolo fonti storiche primarie.
Cobo invece viaggiò a lungo tra le Ande, la costa e la foresta amazzonica, dove svolse attività di evangelizzazione ma anche di studio scientifico e naturalistico. Si dedicò a osservazioni etnografiche, geografiche e naturalistiche: descrisse piante, animali, popoli indigeni, costumi, religioni e monumenti. Fu uno dei primi europei a descrivere dettagliatamente la coca, il mais, il cacao, la quinina e altre piante medicinali americane. La sua Historia del Nuevo Mundo, in 43 libri, scritta tra il 1620 e il 1653 (pubblicata postuma, in parte, nel XIX secolo), racconta la storia naturale, geografica, politica e religiosa delle Americhe. Ad oggi rimane una delle fonti più ricche sulla conoscenza scientifica e culturale del Sud America del Seicento.
«La scoperta del Nuovo Mondo ha incluso all'interno dell'orizzonte mentale degli europei nuove popolazioni: - ha osservato il prof. Merluzzi - essa ha rappresentato, appunto, un salto verso qualcosa di indeterminato, di non noto, una sfida intellettuale che poi si è trasformata anche in una sfida politica e geopolitica, è sfociata nel colonialismo, e ha permesso di accogliere nuovi gusti, nuove estetiche e nuovi prodotti come cacao, zucchero, patata, mais, pomodoro».
Insomma, il mondo si trasforma e ci mette molti secoli per farlo, anche se oggi può apparirci che quelle trasformazioni fossero immediate. «Noi storici – ha concluso il docente - sappiamo che occorre un arco di tempo adeguato affinché tutti questi cambiamenti vengano assimilati nella quotidianità, ecco perché possiamo dire che l'età moderna ha profondamente influenzato quella in cui ci troviamo adesso. In ogni settore, anche nel diritto, l’uomo da quel momento in poi è stato portato a confrontarsi con un mondo esterno e, in qualche modo, a trarne le conseguenze, più o meno dure, più o meno favorevoli».